My bastard master

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~Se volete sapere come siamo arrivati a questo punto, rileggete l'ultimo paragrafo del capitolo 6~

Scappo di sotto con le guance in fiamme. Vado a cercare il telefono fisso (che di solito non mi è permesso usare) e compongo il numero con le mani che tremano leggermente. Mi rispondono quasi subito; la ragazza dall'altra parte mi sembra essere molto cordiale. Riesco a farmi dare un'appuntamento alle otto del mattino seguente per un veloce colloquio e una probabile prova nel pomeriggi0, tanto per vedere come me la cavo con i clienti.

Vado a comunicare tutto a Suzuki, ringraziandolo nuovamente per l'opportunità datami.

-Padrone....padrone si svegli...devo andare, ho bisogno dei miei vestiti.- lo scuoto il mattino dopo, ancora in pigiama.

-Uhm...cosa? V-vestiti?- borbotta confuso rigirandosi dall'altro lato.

-Dovrebbero essere sulla sedia...forse...non mi ricordo...lasciami dormire, ho sonno...- mugola con la faccia schiacciata nel cuscino. Sbuffo senza farmi sentire, frugando fra i suoi vestiti lanciati sulla sedia. In fondo a strati e strati di camicie e pantaloni trovo finalmente il mio completo blu, la collanina con la "T" in una tasca e uno slip in latex. Rimango confuso alla vista di quest'ultimo, ma lascio perdere. Ormai dovrei conoscere Suzuki, sarà uno dei suoi tanti feticismi. E, fino a prova contraria, non li vedrà nessuno, non metteranno in dubbio la possibilità di un nuovo posto di lavoro. Se gli fa piacere e non mi mette in imbarazzo, perchè rifiutarmi? Mi vesto in tutta fretta, lo saluto con un bacio (non ricambiato, dato che è ricaduto in un sonno profondo) ed esco, incamminandomi verso la stazione più vicina. È una sensazione stranissima, quasi irreale, la solitudine, dopo essermi abituato ad avere perennemente Suzuki che mi seguiva ovunque. Non è affatto male a dire il vero, anche se non mi dispiacciono l e sue continue attenzioni nei miei confronti.

Mi siedo vicino alle porte, aspettando pazientemente che il treno mi porti a destinazione. Mi rigiro fra le mani il cellulare, che mi è stato praticamente confiscato da quando ho iniziato a lavorare. "Io ti sarò sempre vicino, quindi a cosa dovrebbe servirti un cellulare se non hai il permesso di chiamare nessuno, me eslcuso?" aveva detto con il suo solito fare ovvio prendendomelo dalle mani e riponendolo in un cassetto della sua scrivania. Ma oggi aveva deciso di fare un'altra eccezione, lasciandomelo portare nella borsa "nel caso avessi bisogno di lui", come mi aveva ripetuto più e più volte ieri sera. Per un secondo ho la tentazione di scrivere un veloce messaggio a Yuu, tanto per fargli sapere come va. Non l'ho più visto, nè sentito. Ma desisto con una scossa del capo: conoscendo Suzuki sarebbe capace di controllare ogni minimo messaggio scritto o chiamata fatta, con tutti i contatti che ha in giro non dovrebbe essere troppo difficile. Meglio evitare.

Finalmente arrivo al ristorante e, dopo un profondo respiro, mi decido ad entrare.

-Buongiorno signore! Guardi, per ora siamo chiusi ma ripassi fra un'oretta circa e la serviremo con molto piacere.- mi accoglie una delle cameriere, intenta a spazzare fra i tavoli.

-Non sono qui come cliente, ho un colloquio...anche se penso di essere qualche minuto in anticipo.- dico imbarazzato facendo qualche passo verso di lei.

-Oh, sei Takanori? Scusami, non pensavo fossi tu! Allora sei il benvenuto, vieni, ti accompagno dal capo.- sorride lasciando la scopa appoggiata alla sedia più vicina. Mi porta in un ufficio sul retro, accanto alle cucine, dove un signore tra la quarantina e la cinquantina mi attende seduto alla scrivania con fare serio. Si alza in piedi per stringermi la mano ammorbidendo l'espressione per mettermi a mio agio. Dopo un veloce colloquio e qualche domanda più personale, mi lascia nelle mani della cameriera Kaori che mi aveva accolto.

-Allora, questo è il tuo kimono, qua ci sono i calzini e gli zori. I capelli sarebbe meglio se li legassi dato che sono molto lunghi, posso darti due delle mie bacchette decorate da mettere nello chignon. Puoi cambiarti di là, è uno stanzino dove ci sono i nostri armadietti. Se dovessero prenderti ne avrai uno anche tu.- sorride porgendomi gli abiti. Mi reco nel posto indicato dalla ragazza e mi spoglio, rivestendomi subito. Le maniche del kimono, rosso, di seta, con gli orli decorati di fiori bianchi, mi sono leggermente lunghe ma non dovrebbero essere un problema. Lo tengo molto largo sulle spalle, per esaltare al meglio le clavicole sporgenti e stringo al massimo l'obi, per rendere ancora piu suontuose le balze sul retro. Arrotolo i capelli in una crocchia, fermandoli con le bacchette prestatami da Kaori, dalle quali pendono delle piccole file di perline.

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