Capitolo 4/5.

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PARTE 1

-Sbrigati!!-
-Un attimo!!-
Chiusi immediatamente la porta dietro di me, appena sentii le urla di mia madre rimbombare in tutto il salotto.
Se n'era accorta.
Si era accorta del microonde rotto solo dopo, proprio nel momento in cui i nostri piedi avevano messo piede fuori, pronti per salire in macchina e riscaldarsi.
-Che culo.- Tirai un sospiro di sollievo, una volta entrato dentro la vettura ed aver acceso il motore.
-Già, questa è fortuna.- Ripeté la ragazza al mio fianco, con parole più consone ad un linguaggio adeguato e... fanculo: rispecchiava perfettamente il mio stato d'animo.
-Merda, mi voleva far fuori, ho avuto culo.-
Schiacciai l'acceleratore, catapultandomi in strada. -Cazzo, non immagino pensare cosa mi dovrà aspettare a casa, dopo scuola...-
-Potresti, per una volta, avere un linguaggio più pulito?- Si girò verso di me, stufa del mio parlare male. -Non è possibile che tu non riesca-
-Se inizi a farmi la predica, ti faccio scendere.- Le impedii di continuare a parlare; erano parole buttate al vento.
Davvero.
-Okay, è meglio che me ne stia zitta; non voglio arrabbiarmi, oggi.-
L'aveva capito, finalmente.

Quella era una di quelle giornate dove avrei voluto restare chiuso in casa. Tra le mie coperte. Quella notte avevo dormito poco e niente. Mi ero giusto addormentato quelle tre ore prima che la sveglia suonasse e mi facesse sprofondare giù dal letto. Avevo mal di testa, ero stanco.
E giusto perché al peggio non c'era mai fine, faceva anche un freddo maledetto, nonostante ci fosse il sole ad illuminare la giornata.
Ero di mal umore e aver sicuramente una ragazza in macchina non giocava per niente al mio stato.

-'Devo stare zitta'.- Ripetei quelle tre paroline, con tono esultante per la mia testa. -Musica per le mie orecchie.-
Già, lo era veramente.
Sarebbe stato grandioso.
-Scusa, ma gli altri?- Chiese, confusa del fatto che fossimo partiti verso la scuola senza mia sorella, Harry e Louis.
-Ops...-
Mi ero dimenticato, loro erano rimasti in casa... beh, due coglioni e una sorella rompipalle in meno, pensai, facendo un verso a metà tra un sospiro e una risatina.
-Oh, Zayn, sei proprio uno stronzo.- Sputò, posando una mano sulla sua fronte, e lanciandomi un'occhiatina di esasperazione.
-Beh, andranno a piedi.- Alzai le spalle, indifferente; non mi importava più di tanto.

Non potevo pensare a loro, in quel momento. La mia intenzione era solo quella di allontanarmi da quella casa, non avrei sopportato le urla inutili ed ingiuste di mia madre. Tanto meno, avrei sopportato il suo compagno. Non avevo ancora accettato che quell'essere si fosse insediato a casa mia; che vivesse con noi da ben due anni, che stesse con mia madre.
Non lo accettavo e non lo capivo. O meglio, non la capivo.
Non riuscivo proprio a capire come lei si fosse messa con quell'uomo.
Non era esteticamente brutto, neanche tanto antipatico, come nei film.
Ma, per me, era uno sconosciuto, non avrebbe dovuto entrare nella nostra famiglia, lei non avrebbe dovuto permettere che si mettesse tra di noi.
Avevo già un padre.
D'accordo, era rinchiuso dietro a delle sbarre... ma lo avevo già e mi bastava.
Ne avevo abbastanza di bastardi nella mia vita, l'unica cosa che apprezzavo del compagno di mia madre, Parker (lo chiamavo per cognome), era, probabilmente, quella speranza, quella voglia di farci capire quanto a lui sarebbe piaciuto instaurare una specie di rapporto amichevole.
Ma a me non importava, non lo sopportavo comunque, al di là della brava persona che fosse. Lo trattavo sempre di merda, non lo salutavo la mattina, non rispondevo alle domande: "Com'è andata a scuola?".
Il massimo che potevo rispondere era: "Basta chiedermelo, cazzo".
Si, erano le mie risposte frequenti quelle.
Io odiavo, detestavo letteralmente che osasse, in qualche modo, interessarsi alla mia vita, a quello che facessi.
A darmi consigli... quello era il colmo.
Non era mio padre, niente ci legava, era solo uno sconosciuto. La storia doveva essere unicamente tra lui e mia mamma. Non sarebbe dovuta essere: "vostro padre è in carcere, lo sostituisco io, vengo a vivere da voi, occuperò il suo letto e farò sesso con vostra madre."
No.
Io non ne volevo altri padri, diamine, perché non lo capivano?
Potevano benissimo soddisfare i loro bisogni da qualche altra parte, non a casa mia.
-Ma è tua questa macchina?- La ragazza al mio fianco mi risvegliò dai miei pensieri, dando un colpetto sul mio braccio.
Evidentemente, aveva ripetuto la domanda per la seconda volta, ma io non l'avevo sentita.
-No, è di Parker.- Risposi, continuando a guardare la strada, oltre il finestrino. Di mattina presto la strada non era decisamente vuota.
-Parker, chi??-
-Il compagno di mia madre.- Le schiarii le idee, tirando uno sbadiglio che non sapevo neanche di dover fare.
-Ah, sì, me ne aveva parlato tua sorella.-

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