Capitolo 7.

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PARTE 2

-Bum, bum.-

Diamine.

Il suo sorriso strafottente mi fece capire che non avesse per niente buone intenzioni e che, probabilmente, non avrei potuto far nulla per impedirgli di vendicarsi come voleva. Feci giusto in tempo di tapparmi gli occhi con le mani e appoggiarmi alla porta di legno dietro le mie spalle, stranamente chiusa, perché lei me la buttò addosso, nonostante le mie disperate richieste di non farlo, e lo portò a termine nel modo più crudele possibile: prese la bomboletta spray per la panna montata che sicuramente aveva riposto nel lavandino il momento prima di conciarmi in quel modo, e fece giusto in tempo a spruzzarmela sul naso che io le presi il braccio con la forza, avvicinandola pericolosamente. Di conseguenza, la bomboletta spray cadde per terra e i suoi occhi smarriti incrociarono i miei arrabbiati. O meglio, furiosi. Io non avevo esagerato così tanto quella mattina.

-Che problemi hai, me lo spieghi?!- Sibilai a un centimetro dalle sue labbra.
Non potevo credere che avesse messo in scena tutto quello spettacolo, solo perché voleva vendicarsi.
-Credo che tu sia l'ultimo ragazzo sulla faccia della terra a dover parlare. Questo è il minimo per tutto quello che hai fatto a me fino ad oggi.- Si liberò dalla mia stretta e si allontanò da me, battendosi le mani con euforia. -Ce l'ho fatta!!-
-Safaa!!!- Urlai isterico, ricordando che fosse stata proprio lei a chiamarmi e a gridarmi di raggiungere il bagno. -Siete delle cazzo di bambine!! Adesso, lo ripulite voi!!-
Lei alzò le spalle e scoppiò a ridere.
-Certo che puliremo! Ma volevo provare il gusto di vederti conciato in questo modo!!-
Come avevo fatto ad essere così stupido? Era ovvio che si sarebbe vendicata. Era ovvio che avrebbe messo in mezzo mia sorella. Lei farebbe di tutto pur di farmi andare nella merda e chiamare Safaa andava sempre a significare un punto a suo favore; la chiamava ogni volta in suo aiuto per farmi qualcosa. Erano complici. Quella stronza mi avrebbe sentito. Non aveva neanche un briciolo di fratellanza.
-Io giuro che ti rovino, Safaa!!!-
Sentii la sua risata dietro il legno della porta e la mia ira aumentò notevolmente, insieme alla mia voglia di rovinarla. Abbassai la maniglia della porta e feci per aprirla, ma questa di bloccò alla prima mossa.
Era bloccata?
Provai una seconda e una terza volta quando realizzai che la porta era stata chiusa a chiave, che io non possedevo sicuramente al momento. Mi girai verso l'unica persona presente in stanza con aria interrogativa.
-Vuoi continuare questo stupido gioco ancora per molto? Tira fuori la chiave, andiamo! Non ho tempo da perdere!- Continuai inutilmente ad abbassare e tirare indietro la maniglia ma ovviamente non si aprì neanche alla decima volta.
-Safaa, apri la porta!- Esclamò lei, dietro di me. Mi fece capire che non aveva lei la chiave, ma mia sorella.
-Aspetta! Ci sarebbe un piccolo problema!-
O forse, non ce l'aveva neanche lei.
Alzai gli occhi al cielo e guardai Jessica, sperando che fosse solo uno scherzo.
-Vuoi smetterla?-
-Non ho io la chiave, Zayn! Non avevo l'intenzione di chiuderti dentro!-
-Safaa, se non apri questa porta la sfondo! E dirò alla mamma che l'hai fatto tu!- Battei un pugno sulla porta, impaziente.
-Il problema è... che... vedi... non ho la chiave e non vi ho chiuso dentro io...-
-Oh, dai, cazzo. Safaa!- Mi strinsi i capelli.
No.
Non stava succedendo.
-Safaa, andiamo, è bastato conciarlo in questo modo. Ora apri!-
Jessica si accigliò e cercò di tirare indietro la maniglia per cercare di aprire la porta, ma fallì miseramente. Se non ce la facevo io, ce l'avrebbe fatta lei?
-Ragazzi, vedete... Louis aveva la chiave ma è andato via! O meglio, scappato via!-
Appena sentii nominare il nome di uno dei miei due migliori amici, sporsi la fronte e cercai istintivamente il cellulare nella tasca dei jeans. Mi ricordai solo dopo che l'avevo lasciato sul divano al piano di sotto.
-Merda. Hai il cellulare?-
-No, l'ho lasciato in camera di tua sorella.-
Splendido, pensai.
Perché l'aveva fatto? Per quale assurdo motivo?
-Safaa, perché è andato via? Non ti ha detto niente? Gli altri dove sono?-
Stavo veramente cercando di mantenere la calma e pensare al perché mi avesse rinchiuso dentro. Guardai la ragazza di fronte a me: ci aveva rinchiusi dentro.
-Sì, mi ha solo detto "piccolo gioco per Zayn", e poi se n'è andato insieme agli altri con la chiave!-
-Cosa?!- Trillò l'altra, incredula.
Battei la fronte sul legno e scuotei la testa più volte con esasperazione.
Credeva di potermi aggevolare con quella scommessa? Non aveva capito che potevo cavarmela benissimo pure da solo?
-Va' a cercarlo, prendilo per le orecchie e portarlo qui. Digli che se non mi libera entro mezz'ora, lo ammazzo di botte.- Le riferii.
-Vado. Nel frattempo, fate in modo di non uccidervi!-
Come al solito.
-Un'altra cosa, Safaa!- La chiamai, avvertendo i suoi improvvisi passi frenetici verso le scale. -Non ti fare abbindolare e vieni subito qui!-
Esitò qualche secondo sul dirmi che no, non lo avrebbe fatto.
Sentii giusto i suoi ultimi passi verso il piano di sotto e dopo un po' di minuti la porta di casa sbatté, facendomi capire che era uscita. Presi un lungo sospiro e mi girai verso Jessica, intenta a girarsi i pollici.
-Se ti azzardi ad aprire bocca come al tuo solito, ti infilo nel water.- La misi in guardia, iniziando a far scendere l'acqua nel lavandino.
-Sei così carino.- Emise uno sbuffo scocciato ed andò a sedersi per terra, appoggiandosi al vetro del box da doccia.
-È tutta colpa tua.-
Ed era vero.
Mi bagnai la faccia e i capelli da tutta quella pittura mischiata con farina e poi mi guardai allo specchio: -Guarda un po' cosa mi hai fatto.-
Per lo meno, la pittura si stava levando con l'acqua. -Ringrazia solo il fatto che non avessi vestiti troppo costosi, Jessica.-
-Brutto segno quando mi chiami per nome!-
-Sono arrabbiato. Se non avessi fatto questa stronzata, a quest'ora avrei già finito di studiare, invece che restare qui, ad aspettare che ci aprano, con una bambina.-
-Ho i tuoi stessi anni, non ti vantare troppo!-
-Quando sei nata?- Le chiesi, girandomi verso di lei.
-Il dodici settembre!-
-Io il dodici gennaio, quindi muta!-
Lei rise e si alzò da terra. -Abbiamo lo stesso diciotto anni!-
-Io ne ho quasi diciannove.- Le rinfrescai la memoria, chiudendo il rubinetto.
-Diciannove anni persi.-
-Non quanto i tuoi!- Ribattei.
Di tutta risposta, mi diede una spinta sul petto ed io scoppiai a ridere, quasi dimenticandomi che fosse passata già mezz'ora e di mia sorella non c'era neanche l'ombra. -Allora, aspettiamo.-
Strisciai lungo tutto il muro vicino alla porta, fino a sedermi definitivamente sul pavimento non coperto dalla pittura che mi aveva buttato addosso; lei si sedette nel posto di prima, praticamente opposto al mio. Guardavamo le piastrelle luccicanti in silenzio. Erano le quattro del pomeriggio e il sole continuava ad entrare dalla finestra.
-Già, aspettiamo.-

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