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Sto correndo. Il mio respiro si fa sempre più pesante. Vorrei fermarmi ma non riesco.
Sento le voci dei miei pensieri. Vorrei farli tacere. Ho mal di testa. Qualcosa mi fa accapponare la pelle. Devono essere i passi che sento venire verso di me. Faccio finta di niente. Poi dei colpi, forse spari. E poi tutto buio.
Vengo spinta nuovamente nelle tenebre.

Sono sveglia, ma vedo buio. Mi accorgo di avere gli occhi chiusi, ma non riesco ad aprirli è troppo faticoso. Riesco a sentire delle voci attutite, ma non riesco a distinguere nemmeno una parola dai molteplici suoni. All'improvviso sento un corpo estraneo toccarmi, si accende l'allarme dentro di me. Vorrei aprire gli occhi e muovermi, ma risulta tutto troppo difficile. Provo a parlare ma le mie labbra non si sollevano. Poi sento pungermi. Fa male ed il dolore si intensifica sempre più. Dall'angolo della mia mente sbuca nuovamente la signora dell'oscurità che mi attira di nuovo a se. Ritorno nel buio.

Bianco. Apro lentamente gli occhi ma vengo immediatamente accecata dal bianco. Apro nuovamente gli occhi e incomincio a vedere tutto un po sfocato, così incomincio a sbattere un po' le ciglia per poter abituarmi alla luce che per tempo mi era mancata. Incomincio lentamente a distinguere i particolari. Sono in una stanza prevalentemente bianca. Davanti a me c'è una parete sulla quale poggiano diversi quadri non troppo appariscenti, alla mia destra c'è una finestra scorrevole che è l'ingresso al terrazzo. Poi più in la un tavolo con sopra un vaso di fiori che alla vista sembrano finti. Continuo ad osservare le pareti perfettamente bianche. Solo in questo momento mi rendo conto di quanto odi il bianco. Sto per immergermi in uno dei miei pensieri filosofici, quando all'improvviso vengo distratta dal rumore di qualcuno che sta aprendo la finestra. Mi volto aspettando di vedere mio fratello. Ma poi mi chiedo come abbia fatto a scoprire che mi trovi qui. La figura è girata di spalle e quando si volta verso di me, mi accorgo che infatti non è lui. Immagini mi scorrono davanti agli occhi riguardanti quella notte. Poi capisco. Lui è la persona misteriosa con indosso il cappuccio. Quella sera non riuscì a distinguere nessun dettaglio dal buio e dal fatto che il cappuccio li coprisse gran parte del viso.

Tentai di aprire bocca per parlare, ma lui mi precedette.
"Hey ti sei svegliata finalmente?" Disse con tono piatto.
"Quanto tempo sono stata incosciente?" Chiesi allarmata. Perché sapevo che in tutto questo tempo mio fratello deve essere impazzito. Immagino lui che torna a casa e non mi trova. Non vede il mio arrivo e non sa dove possa essermi cacciata.
" tre giorni" rispose il misterioso ragazzo.
Sbiancai alla risposta. Mio fratello dopo questa mi pianterà un microchip per potermi saper al sicuro sempre. Poi la mia agitazione aumento, quando pensai che avevo perso anche due giorni di scuola. Mi preoccupava perdere giorni di scuola, come tutti avevo paura. Perdere giorni significa perdere lezioni che a volte è complicato recuperare. Così ti rimangono quei vuoti che poi si faranno sentire alla PROVA.
La Prova, non voglio pensarci che uno stupido test potrà decidere la mia vita. Se non passo il test preferirei morire.
"Come va la gamba?" Vengo riportata a terra dalla voce misteriosa.
"B.. Bene, penso" incomincio a dire cercando di guardare la gamba. Non mi ero resa conto di avere una ferita alla gamba. La alzai. Ma venni paralizzata all'istante dal dolore. Un gemito mi uscì dalla bocca.
"Non la sforzare troppo, ricorda che sei stata appena operata"
Operata? Perché? ... Cosa era successo quella sera? Non ricordavo quasi niente.
"Cosa è successo quella notte?" Chiesi
"Niente di nuovo. Dei criminali stavano rincorrendo la loro vittima, e tu ti sei trovata ad intralciare il loro cammino così ti hanno sparato." Rispose con tono piatto.
"Non ricordo niente di tutto questo" constatai, quasi sussurrando.
"Ti consiglierei la prossima volta di scegliere meglio il luogo per la tua passeggiata" disse l'uomo misterioso, più come rimprovero che come consiglio.
"Chi sei?" Mi usci dalla bocca senza accorgermene, ma in fondo volevo scoprire la sua identità.
"Non hai bisogno di sapere chi sono, come io non ho bisogno di saper niente di te " rispose senza abbandonare quel tono piano.
"Perché?" Risposi subito d'istinto.
"Perché noi non viviamo nello stesso mondo."
Disse e se ne andò. Chiuse la porta e mi lascio con tante domande sospese per l'aria.
Stavo pensando a tutto quello che è successo, quando il dottore entro per vedere il mio stato.

Occhi freddiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora