Nota: Mi scuso in anticipo per il capitolo un po' crudo, ma lo avevo in mente da un po'.
Qualche giorno dopo Tom venne ricoverato per portare a termine i cicli di chemio e tenere d'occhio la crescita dell'osteosarcoma con più assiduità: a breve avrebbero dovuto operarlo alla gamba e l'oncologa e l'osteopata dovevano ideare un piano d'azione, a seconda di quello che avrebbero rivelato la PET e la TAC.
Bill andava a trovarlo ogni giorno, a volte portava anche Gustav e Georg e trascorrevano le ore pomeridiane a parlare di film o videogiochi, talvolta di qualche aneddoto divertente legato a questi ultimi due, che ne combinavano davvero di tutti i colori. Ma per la maggior parte delle volte, Bill andava da solo, specie quando Tom doveva affrontare la chemio: si sedeva pazientemente accanto a lui e gli parlava, a bassa voce, per non infastidirlo. Gli altri pazienti avevano imparato a conoscere anche Bill, ormai ed era quasi impossibile non notare quale fresco sentimento legasse i due.
Tom a volte gli chiedeva di andar via, non voleva farsi vedere in quelle condizioni, ma Bill non se ne andava mai: quando Tom vomitava gli teneva la fronte e gli accarezzava la schiena per tranquillizzarlo; i genitori del ragazzo erano meno preoccupati da quando Bill era entrato nella vita di loro figlio, Tom non aveva un attimo per stare da solo a deprimersi. Era sempre stato fortissimo nella lotta contro il cancro, ma stavolta aveva un motivo in più per non mollare.
Finito di vomitare, Bill gli puliva le labbra con un fazzolettino e lo baciava, nonostante l'altro protestasse animatamente, Bill lo baciava e sorrideva alle sue proteste.
Tom si vedeva brutto allo specchio, la chemio gli faceva perdere peso, gli toglieva l'appetito, lo spossava terribilmente e si addormentava ovunque, per questo il più delle volte cercava di mandare via Bill: aveva paura che vedendolo in quelle condizioni, l'altro avrebbe perso quel desiderio che aveva di stare con lui.
E' vero, il cancro rendeva Tom più vulnerabile, ma solo più bello agli occhi di Bill, che era innamorato di quel ragazzo dalle spalle larghe. Tutta la bruttezza che Tom vedeva allo specchio, per Bill non esisteva, neanche in minima parte e anche se si addormentava nel letto d'ospedale, mentre l'altro gli parlava, lui gli baciava la fronte e gli dava la buonanotte; tornava a casa e gli faceva trovare sempre un papiro su whatsapp, un bel buongiorno che l'altro avrebbe letto il mattino dopo e avrebbe sorriso, iniziando la giornata nel migliore dei modi.
In quelle settimane accanto a lui, Bill si era reso conto della gravità di una situazione come quella di Tom: non aveva mai vissuto così da vicino la storia di qualcuno ricoverato in ospedale. La chemioterapia, per quanto terapia fosse, era devastante e ne vedeva gli effetti sul corpo dell'altro, giorno dopo giorno: quando tornava a casa, varcata la soglia dell'ingresso, scoppiava a piangere e si rintanava in camera propria. Sfogava tutta la tensione e lo stress accumulato nella solitudine della propria stanza, lontano dagli occhi del suo ragazzo. Non avrebbe mai potuto farlo davanti a Tom, non lo aveva mai visto piangere per il cancro, non lo aveva mai visto gettare la spugna o deprimersi per quelle cure, ma era innegabile come la chemio lo cambiasse: le ciglia e le sopracciglia erano sparite, il suo aspetto angelico e pallido lo colpiva ogni volta che entrava in quella stanza e tutto quel dolore, tutta quella sofferenza, rendevano Tom straordinariamente bello ai suoi occhi. La sua forza traspariva dagli occhi color nocciola che non avevano mai perso la loro spavalderia e Bill sperava che la conservasse ancora a lungo, perché era conscio che fosse quella a dargli quella spinta in più. Bill, in quelle settimane accanto a lui, aveva capito che a Tom non piaceva perdere e solo la sua ambizione lo avrebbe portato a sconfiggere quella bestia, lui pregava per questo: affinché Tom non la perdesse mai.
Il nuovo film di Iron Man, finalmente, uscì al cinema e Tom riuscì ad ottenere un permesso davvero speciale per andare a vederlo insieme a Bill, Gustav e Georg: lati positivi del cancro. Conosceva tutto il personale dell'ospedale e gli era bastato far coalizzare tutti gli infermieri contro l'oncologa: era solo per una sera.
Non era mai uscito con degli amici, quella era la sua prima vera uscita e il fatto di essere sotto chemioterapia lo aveva buttato giù un po': camminava a fatica per la gamba dolorante e si era dovuto imbottire di farmaci antiemetici e antidolorifici, senza contare la stanchezza che gli faceva sentire le membra pesantissime.
Non c'era bisogno che lo dicesse: Bill sapeva ogni cosa, anche perché era impossibile non leggergli in viso quanto soffrisse per quelle dannatissime cure. Gli teneva la mano e camminava piano per non farlo stancare: fatti i biglietti, Bill aveva preso posto accanto a Tom, alla sua sinistra c'erano Georg e Gustav.
La madre di Tom si era offerta di accompagnarli e sarebbe andata a riprenderli a fine serata, nonostante il cinema fosse vicino e raggiungibile anche a piedi, ma per ovvie ragioni quell'opzione era stata scartata.
Quando le luci si riaccesero per l'intervallo, Tom si alzò in piedi a fatica.
"Tomi? Tutto a posto?" chiese Bill a bassa voce.
"Devo andare un attimo in bagno" lo tranquillizzò l'altro.
"Vuoi che ti accompagni?"
"Bill! Ce la faccio!" protestò Tom, sbuffando un po': s'imbarazzava facilmente quando Bill se ne usciva in quel modo.
Bill gli sorrise dolcemente, lo trovava adorabile quando si atteggiava a uomo duro "Ti aspetto qui" concluse, mandandogli un bacio.
Quando si fu allontanato, Georg si voltò verso Bill, l'espressione un po' preoccupata.
"Come sta? Si sa niente?" chiese; anche Gustav si era sporto verso i loro posti per ascoltare.
"Ancora niente, la chemio lo sta devastando" mormorò Bill, passandosi le mani sul viso.
"Ma è fortissimo, non l'ho visto buttarsi giù neanche mezza volta" notò Gustav.
"Lui si fa mille problemi per ciò che riguarda voi e me, ma il cancro? Mai, non si è mai demoralizzato, non l'ho mai sentito dire: Bill, non ce la faccio più. E la mia paura più grande è sentirglielo dire" raccontò il moro, cercando di ricacciare indietro le lacrime.
"Hai il tuo Iron Man personale, Bill, vedrai che non mollerà e poi ci siamo anche noi, tu sostieni lui e noi sosteniamo te!" lo tranquillizzò Georg.
"Il rosso poi gli sta anche bene! Gli dona!" sdrammatizzò Gustav.
"Ti ricordo che è il mio ragazzo" rise Bill, allungandosi per dargli uno schiaffetto sul ginocchio.
Gustav alzò le mani in segno di resa e le luci si spensero: il film stava ricominciando ma...Tom dov'era?
"Non è ancora tornato" notò Georg, guardando il posto vuoto accanto a Bill.
"Mi ha detto di non andare, non voglio fargli pressione, non voglio stargli sempre addosso, in fondo non è un invalido" disse Bill, la voce strozzata per la preoccupazione: si sentiva da lontano un chilometro che stava solo cercando di autoconvincersi. Stava tremando per l'agitazione.
Aspettarono ancora qualche minuto: nessuno dei tre riuscì a godersi il film in quegli istanti che sembravano interminabili.
"Devo andare da lui" disse Bill, attraversato dai brividi. Aveva una bruttissima sensazione addosso.
"Vai, se serve aiuto, ho il telefono in mano e in vibrazione" lo tranquillizzò Georg.
Mentre chiedeva scusa alla gente per uscire dalla sua fila, il cuore gli era arrivato in gola: perché non era tornato? Perché non lo aveva chiamato? E perché cazzo lui non era andato con Tom?
"Tom?" chiamò, entrando nel bagno degli uomini, la voce incrinata per l'ansia.
Tom era lì, seduto a terra vicino ad uno dei cubicoli, il viso rosso e inondato dalle lacrime.
"TOM! CHE SUCCEDE?" gridò, vedendolo così.
"VATTENE, BILL, PER L'AMOR DEL CIELO, VATTENE!" urlò l'altro.
La gamba gli era ceduta per una fitta di dolore e non era riuscito ad arrivare in tempo al cubicolo, ora sedeva, riverso a terra, in una pozza della propria urina.
Bill, all'iniziò, non capì, ma poi si avvicinò e vide il liquido a terra, i pantaloni della tuta bagnati.
"Tomi, va tutto bene, ora...ora ce ne andiamo, va bene?" s'inginocchiò a terra per aiutarlo ad alzarsi ma l'altro lo spinse via, singhiozzando "VATTENE! NON TI VOGLIO QUI, VATTENE! LASCIAMI SOLO!"
L'umiliazione e la vergogna che provava in quel momento, erano incommensurabili.
Si sentiva schiacciare dall'imbarazzo, e Bill, Bill lo stava vedendo in quelle condizioni pietose: come avrebbe fatto a guardarlo in faccia per il resto dei suoi giorni? Bill lo sapeva bene, sapeva come l'altro si sentisse, ma non lo avrebbe mai lasciato lì da solo, in quelle condizioni.
"Ti aiuto ad alzarti" mormorò, le guance rigate dalle lacrime. Provò a tirarlo su ma la gamba di Tom cedeva: non riusciva a stare in piedi e piangeva, piangeva per il dolore e la vergogna.
"BILL! NON MI TOCCARE!" urlò, sentendosi malissimo.
Il moro non ce la faceva a portarlo in braccio, o lo avrebbe portato fuori da solo.
"Non ti preoccupare, ora...ora chiamo qualcuno, ora chiamo qualcuno" disse, prendendo il telefono: gli tremavano le mani.
"BILL, TE NE DEVI ANDARE, DEVI ANDARE VIA!" continuava a gridare l'altro.
"NON TI LASCIO DA SOLO! NON TI LASCIO DA SOLO! Lo vuoi capire o no? Non ti lascio, amore mio, non ti lascio, mai" e si chinò per baciarlo sulle labbra.
Provò a telefonare a Sarah, ma c'era la segreteria telefonica: non voleva imbarazzare Tom ancora di più, non avrebbe mai potuto chiamare sua madre. Non c'era soluzione, non riusciva a pensare ad una cazzo di soluzione.
"DANNAZIONE!" urlò, passandosi le mani tra i capelli.
In quel momento, Gustav e Georg entrarono nel bagno: non ci volle molto perché capissero la soluzione e, da bravi amici quali erano, non fecero nessuna domanda, erano bastate le lacrime degli altri due a parlare.
"Ci pensi tu?" chiese Georg all'amico.
Gustav gli fece il segno dell'okay con una mano e "Affermativo, comandante!"
Tom non riusciva né a guardarli in faccia, né a dire una parola: si lasciò sollevare da Georg e Bill, che lo misero in spalla a Gustav che se lo caricò senza troppi problemi.
"Ora ce ne andiamo, dritti dritti a casa, sta' tranquillo, Tom" disse il ragazzo dalla corporatura massiccia.
Bill gli accarezzò un polpaccio, stringendolo appena per fargli sentire la sua presenza: non lo avrebbe lasciato solo per nessun motivo al mondo.
Si fecero la strada al buio e al freddo, tutti e quattro in silenzio, fino a casa di Tom: i suoi dovevano essere usciti perché la macchina non c'era.
Entrarono con le chiavi di Tom e Gustav lo portò di sopra, fino in bagno.
"Da qui in poi ci penso io" mormorò Bill.
"Grazie di tutto" disse, prima che gli altri due potessero andare via.
"Ti pare? Non ci provare neanche a ringraziare" disse Gustav, poco prima di andare via insieme a Georg.
Bill aiutò Tom a spogliarsi e lo fece sedere dentro la doccia: si tirò su le maniche, aspettò che uscisse l'acqua calda e lo lavò con cura, passando la parte morbida della spugna sulla sua pelle fredda, cercando di scaldarlo e ripulirlo al meglio. L'altro teneva gli occhi bassi: addosso non aveva che la sua bandana rossa, legata dietro la nuca a conferirgli quell'aria da duro che ora sembrava essersi un po' smarrita. Bill non lo aveva mai visto così vulnerabile.
"Tom, vuoi guardarmi?" ruppe il silenzio.
Tom voltò la testa di lato, chiudendo gli occhi, lasciando scivolare una lacrima lungo la guancia.
"Amore mio" lo chiamò, la voce ora era ferma, la preoccupazione era svanita.
Le labbra di Tom si incurvarono in una smorfia nel vano tentativo di trattenere il pianto.
"Sfogati, Tomi, puoi piangere, ti è permesso" mormorò, carezzandogli il petto nudo: Bill si era bagnato tutta la maglia, per aiutarlo a lavarsi; gli schizzi d'acqua erano arrivati fino fuori.
A quelle parole, l'altro scoppiò in lacrime.
"Non è niente, Tom. Lo so che stai piangendo per quello che è successo stasera e non per il cancro, perché tu non piangi mai per il cancro, tu piangi quando sei a disagio, quando il senso di colpa o la vergogna diventano troppo forti, piangi perché non riesci a trovare una soluzione per far funzionare tutto.. Puoi piangere, puoi sfogarti, ma non devi sentirti male per quello che è successo stasera, perché se stai piangendo per questo, ti dico che non ce n'è bisogno. Sono io, non devi vergognarti di me. E non devi vergognarti neanche di Gustav e Georg, loro sono tuoi amici, ora. So che non hai mai sentito questa parola in relazione a te stesso, in tutti questi anni...ma ora hai degli amici e non c'è motivo di vergognarsi, te lo assicuro" lo tranquillizzò con un sorriso.
Furono quelle le parole che fecero alzare gli occhi a Tom: finalmente riuscì a guardarlo in viso.
Bill chiuse l'acqua e prese un accappatoio, aprendolo davanti alla doccia "Vieni".
L'altro si alzò a fatica, appoggiandosi dove poteva ed infilò l'indumento, legandoselo in vita: i vestiti sporchi erano già dentro la lavatrice. Bill lo fece appoggiare a sé e andarono in camera da letto "Eccoci qua" lo aiutò a sedersi sul letto e gli prese un cambio dall'armadio.
Tom si vestì col suo aiuto e Bill riportò l'accappatoio in bagno, tornando poi da lui in men che non si dica.
"Credo di amarti" mormorò il primo, seduto sul letto, andando ad incrociare lo sguardo del moro.
"C-come?" chiese Bill, sentendo il cuore fare le capriole nel petto.
"Ho detto che ti amo" ripeté Tom, giocando con l'orlo della trapunta.
"Dillo ancora" disse il moro, sedendoglisi accanto.
"Ti amo".
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Non sto andando via (Twincest, completa)
FanfictionLa vita di Tom è come quella dei film, o almeno lo rimarrà fino allo scoccare del suo dodicesimo anno di vita. In che modo la malattia stravolgerà la fiaba di cui, fino a quel momento, è stato il protagonista? Quando subentrerà la figura di Bill a c...