CAPITOLO III

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Quella stessa sera, Killian Jones si ripresentò di nuovo nella sua camera per portarle personalmente la cena.
E la cosa che più sorprendeva gli altri marinai è che non l'aveva mai fatto prima di allora. Con nessuna.

'Buonasera Esmeralda', disse entrando con un vassoio e chiudendosi la porta alle spalle.
Esmeralda, ancora impacciata sedeva sotto la finestra a forma di oblò a fissare il cielo, perché anche da lì non smetteva di affidargli i suoi pensieri e le sue emozioni.
Si lasciava prendere dalle cose e dimenticava ciò che aveva intorno come sempre.
Era lì da quasi due giorni eppure le era sembrata un eternità.
Quando si trovò Killian davanti, le prese quasi un colpo.
Non l'aveva sentito entrare.

'Questo è per te, dovrai pur mangiare qualcosa', le disse seriamente preoccupato.
Da quando era lì, la ragazza non aveva toccato cibo, ne tantomeno aveva proferito parola con qualcuno.
Se ne stava lì, in quella stanza a gironzolare come poteva, con le mani legate e a sedersi sotto quella piccola finestra che dava sul cielo e che davanti a sé aveva solo il mare infinito.
Killian si senti quasi in colpa nel vederla in quel modo, ma non poteva fare altrimenti.
Le si avvicinò piano e quasi l'abbracciò in un gesto che fece ribellare Esmeralda. Non voleva alcun tocco da quel pirata, nessun contatto, nessuno scambio di sguardi.
Aveva già visto che cosa era successo una volta.
Killian alzò le mani in segno di resa.
'Ho detto che non ti avrei mai fatto del male, e mantengo la mia parola. Sono pur sempre un gentiluomo', si definii. 'Volevo solo slegarti affinché tu possa mangiare con le tue stesse mani'.
Ed Esmeralda alzò lo sguardo per vederlo avvicinare e protrarsi verso di lei in un gesto che sembrava quasi un vero abbraccio.
Ma prima che le sue mani toccassero i suoi polsi per liberarla fermò il suo sguardo furbo incorniciato da un mezzo sorriso su di lei.
Era a poco meno di 15 centimetri dai suoi occhi.
Esmeralda lo fissava impaurita e allo stesso tempo affascinata da quell'uomo come non gli era mai successo prima.
E qualcosa dentro di lei iniziò a palpitare.
Se avesse avuto la pelle diafana, il pirata si sarebbe accorto subito del suo rossore.
Ma complice anche l'oscurità di quella stanza, quella sera, poteva dirsi salva,
'Bada che non mi aspetto attacchi a sorpresa. Ti sto liberando per permetterti di sfamarti senza aiuto da alcun marinaio' disse, ed Esmeralda si senti invadere dal suo profumo.
Un profumo dolce e aspro che sapeva di mare e salsedine.
Un retrogusto che non aveva mai sentito su nessun altro.
Cosa aveva quell'uomo, apparentemente cattivo, che la faceva sentire così vulnerabile e indifesa?
Era una sorta di mago, c'era qualche magia affinchè si sentisse così?
Se si fosse lasciata andare agli istinti probabilmente ora si sarebbe trovata con le labbra sulle sue.
Chiuse gli occhi per cacciare via quel pensiero e chinò la testa, doveva smetterla, e doveva smettere di fissarlo.
I suoi occhi abbassavano le sue difese.
Killian non accettò quel gesto e le tirò su il mento con un dito, dolcemente.
Esmeralda rabbrividii a quel contatto ancora più improvviso e si ritrovò, nuovamente nei suoi occhi.
In trappola.
'Non farai nulla contro di me se ti scioglierò?', domandò di nuovo con quel sorriso.
Esmeralda scosse la testa.
Jones chiuse gli occhi scuotendola a sua volta.
'Mi hai detto il tuo nome una volta, puoi rispondermi di nuovo', sentenziò.
'No', disse Esmeralda flebile.
Il pirata annui accentuando il suo sorriso con gusto.
Le fece segno di voltarsi, in modo da rendere meglio la liberazione, e con un rapido gesto, le tolse le corde che le tenevano i polsi.
Ella se li tirò avanti soffocando un 'ahi' e se li massaggiò dolorante.

Killian l'udi per caso e le vide, sul volto, una smorfia di sofferenza.
Gli tornò davanti.
'Fai vedere', chiese prolungando le sue mani per accogliere le sue.
Esmeralda non capii.
'Le tue mani, fammele vedere'.
Ed ella ubbidì senza dibattere oltre.
Killian prese le sue mani nelle sue ed ebbe un sussulto, ma lo celò.
Che gli prendeva?
Tracciò con le sue dita, i solchi che la corda aveva lasciato come impronte sulla sua fragile carne scura, in un tratto c'era una lunga ferita, che ricominciò a sanguinare, forse dovuto allo disfacimento della corda.
Esmeralda cercò di trattenere le lacrime di fronte a quel dolore.
Non è nulla. Si convinceva. Non è nulla. Devi essere forte, è solo un graffio. Passerà.
Si fece forza.
Killian però la vedeva, e conosceva bene quelle smorfie che intravedeva sul suo viso, e ancora una volta si pentii.
'Vieni qui', la invitò trascinandola per i fianchi sulla panca sotto il tavolo.
Esmeralda non aveva altra scelta che sedergli accanto.
Erano proprio vicinissimi.
Il pirata accese un lume lì sul tavolo per esaminare meglio i danni. Lì dentro era davvero buio.
Allora si tolse una bottiglietta dalla tasca dei pantaloni e ne cacciò il tappo con i denti, tenendo nella mano destra la sua.
Esmeralda lo guardava e ne rimaneva sempre più estasiata.
Quell'uomo non era umano e pur essendo un pirata, non ne aveva il carattere, il volto, e ne tantomeno le sembianze.
Non nei suoi confronti.
Poi qualcosa prese fuoco. Lì nella sua mano, che per un attimo aveva dimenticato, strabuzzò gli occhi e cacciò un urlo esasperato.
Killian cercò di calmarla.
'Non ho di meglio del rum per curare le ferite', disse davvero dispiaciuto, tirandola nuovamente verso di sé.

Un paio di colpi si udirono al di sopra delle loro teste e poi una serie di passi venire giù per le scale.
La porta della stanza si spalancò sbattendo.
'CAPITANO?' urlò un marinaio, seguito da altri, armato di spada, ispezionando la camera.
Killian si alzò, alzando gli occhi al cielo, e lasciando la sua mano. 'Quante volte ti ho detto di non irrompere con tanta veemenza?'.
'Ma capitano, abbiamo sentito un urlo. Io... noi pensavamo che...', cercò di trovare le parole quello.
'Credi che sia successo qualcosa qui? Perché io sono ancora tutto intero!', sentenziò lui. 'Va a vedere nelle altre stanze'.
'Si subito!', e si congedò.

Lei ridacchiò silenziosa a quella scena.
Lui si girò verso di lei.
'E ora mangia!', disse indicandole il piatto sul tavolo.
Esmeralda si ritrasse e fece cenno di no.
'Ah, ma guarda che non è un consiglio, è un ordine!', la ammoni lui, sedendosi di nuovo accanto a lei.
Erano così vicini, così attaccati che Esmeralda si sentìì quasi come invasa da una febbre improvvisa.
Cosa le stava facendo quel pirata?
Così bello, così dolce, e così dannatamente dannato.
La tirò a sé, e lei prese fuoco.
Ma stavolta non era il rum versato su una ferita, no. Era un fuoco nuovo. Non bruciava attanagliandole la mano, no, questo le attanagliava il petto in una morsa.

'Continui a sanguinare', pontificò il capitano accigliandosi che le era accanto, con lo sguardo sul suo polso.
Cosa? Eppure non aveva sentito il sangue scorrerle sulla pelle.
Era come intorpidita.
Lui, allora prese un pezzo di stoffa che aveva al collo e se lo cacciò. Riprese la mano di lei tra la sua e glielo avvolse, rendendoglielo meno stretto delle corde.
'Così va bene?', domandò misurando le espressioni sul viso di lei.
Lei annui, ancora intorpidita, ma sorridente ancora incantata da quei gesti, da quelle attenzioni che nemmeno il padre le aveva mai riservato, sin da quando aveva memoria.
Era qualcosa di assurdo ciò che provava.
Le sembrava quasi di essere stata liberata invece che resa prigioniera.
'Come ti ho detto sono un gentiluomo', fece, forse per giustificare i suoi gesti così inconsueti perfino per lui.
Aveva sempre sentito storie di pirati, Esmeralda, ma nessuna rispecchiava il pirata che aveva di fronte che le teneva la mano e si prendeva cura di lei.
Killian si accorse dello stato, quasi catatonico della fanciulla, e sorrise al suo sorriso.
'Dev'essere il rum!', enunciò giustificando il modo in cui la vedeva.
Lei non smetteva di sorridergli, e pensò che forse era davvero il rum che le era entrato sottopelle, nelle vene, e che ora circolava con il suo sangue a darle quei pensieri surreali.
Si, era colpa del rum.
Doveva essere ubriaca.

Peccato non accorgersi che si, era ubriaca, ma non per via del rum.

Killian, data la situazione quella sera decise di imboccarla, come si imboccano le neonate e i bambini.
E si accorgeva sempre di più che c'era qualcosa in quella ragazza a fargli fare quei gesti.
Provava qualcosa, qualcosa di nuovo, una sorta di attrazione per quella fanciulla che non aveva nulla di impuro, com'era abituato ormai.
Era qualcosa di nuovo.
Più difficile, più caldo, qualcosa che non sentiva da tanto, o meglio che non aveva mai sentito davvero.
Quella ragazza era qualcosa di raro, qualcosa di prezioso e stupendo ai suoi occhi.
Anche meglio di mille tesori ai suoi occhi.
Qualcosa da proteggere oltre la promessa per il riscatto che aveva fatto e che doveva riscuotere.
Arrivò ad essere avido per un momento, e sperò davvero che suo padre non pagasse mai quel riscatto. Sperò che non si presentasse affatto.

Killian faceva visita ogni giorno a quella ragazza che non era mai stata una vera e propria prigioniera.
Sentiva nei suoi confronti qualcosa di diverso.
Non era come quando aveva preso in ostaggio altre donne, altre mogli e altre figlie, con lei era diverso.
Sentiva un legame strano, come dei fili invisibili, uniti e non sapeva ben spiegare come potesse accadere.
Non era il legame che lo legava alle solite donnacce, con cui qualche volta si lasciava andare, era tutto diverso e non sapeva ben capirne il motivo.
Esmeralda dal canto suo, era fredda, distaccata e pur vedendo in lei un barlume di sentimento, questo non andava avanti.
Era fermo al primo giorno in cui l'aveva presa, si limitava a silenzi e sguardi e sorrisi che a volte gli concedeva. E dio se era bella!
Quando il suo sorriso coincideva con i suoi occhi sembrava che la stanza s'illuminasse, e prendesse colore.
E lui puntualmente sorrideva di rimando, convinto di aver fatto breccia, o molto più semplicemente di averla fatta sorridere.
L'aveva slegata, le aveva permesso di girovagare libera nella stanza.
Con altri non lo avrebbe mai fatto e lo sapeva da sé.
Era arrivato a confidarsi con lei, anche se non aveva alcuna risposta, anche se non gli avrebbe detto nulla.
Voleva farle capire chi era stato e da dove proveniva cosi da avere un cenno, una parola, cosi da farle capire che era davvero un nobiluomo, ma nulla.
Tutto taceva, e lui si pentiva sempre più.

Arrivò il terzo giorno.
Il giorno finale di quel tormento per lei.
Non avrebbe infangato quel pirata, quello no.
Lo vedeva quanto aveva fatto e quando voleva farsi voler bene? Era questa la definizione giusta da dare a quei gesti che durante le sere precedenti le aveva dimostrato?
Perché non sapeva definire ciò che accadeva e vedeva accadere in lui, ogni volta in sua presenza.
Era come se fosse diverso, persino dal primo giorno che l'aveva presa e si era presentato.
Si era confidato con lei!
E lei restava quasi incredula a quegli eventi ogni volta.
Cosa l'aveva portato a farlo?
Perché si confidava con lei? Perché da solo, per una vita in mare non doveva essere stato semplice. Pensò.
O forse perché sentiva ciò che sentiva lei ogni volta che per sbaglio la sfiorava o sorrideva di fronte a lei? No, impossibile.
Un pirata innamorato, Esmeralda? Davvero? Ci crederesti?
No, non era affatto possibile.
E comunque qualsiasi cosa fosse, sarebbe finita da lì a poco, o almeno così sperava.
Conosceva ancora bene il padre, eppure a muoverla in quell'idea era la speranza, quella prova che gli era stata data a suo padre da parte di uno sconosciuto, che probabilmente avrebbe dovuto anche ringraziare.
Si coprì meglio con quello scialle, quella sera faceva davvero freddo.
Il polso le faceva ancora male, e sussurrò un 'ahi' seguito da un lamento quando andò per mettersi la stola, ma la benda di Killian era ancora lì a ricordargli che infondo lì non era stata poi così male.

La porta si aprì.
Era il capitano seguito da alcuni marinai.
Allora era vero, suo padre era venuto a prenderla. Aveva superato la prova. Aveva pagato per lei, rinunciato per il suo bene all'avarizia almeno per una volta nella sua vita, pensò.
Killian era dispiaciuto, andò verso di lei in un gesto che voleva essere un abbraccio ma non rischiò.
Disse agli altri di andarsene, e con un cenno loro chiusero la porta, ed Esmeralda non capii.
Perché mandarli via se dovevano riportarla su, sul ponte, da suo padre che era lì.
Forse voleva dirle qualcosa, Killian, lui da solo.
Forse voleva semplicemente salutarla prima di restituirla al padre, perché per quanto potessero essere tre giorni, e per quanto lei fosse una prigioniera per lui, si era aperto a lei.
Le voleva bene, pensò, e quasi nacque uno di quei sorrisi luminosi.
'Esm...' gli usci. Quel diminutivo quasi come se fosse sua, se la conoscesse da una vita intera. Quel diminutivo che gli era in testa, uscii senza realmente desiderarlo.
Lei ne restò sorpresa e per l'ultima volta lo guardò negli occhi. Quegli occhi che più volte l'avevano intrappolata.
Esm che strano, nessuno l'aveva mai chiamata così, era carino. Sapevo di affetto, di casa, di amicizia.
Gli sorrise, ma lui aveva ancora quello sguardo dolente impresso negli occhi.
Voleva dirgli di non stare male, che non l'avrebbe mai davvero dimenticato, e che aveva capito che era un gentiluomo anche senza bisogno di prove e tante storie sulla sua vita passata, ma era stato un piacere ascoltarle.
Killian abbassò lo sguardo e tiro fuori un foglio. Glielo porse.
Lei lo prese e ancora incapace di capire lo lesse, dentro di sé.

Man mano che Esmeralda andava avanti nel leggerla, si svuotava.
Poteva vederla benissimo sgretolarsi davanti ai suoi occhi.
Stava andando in pezzi come un vaso appena rotto, e i cocci le erano tutti intorno.
I suoi occhi iniziarono ad appannarsi e a riempirsi di lacrime pronte a cadere, a precipitarsi nel vuoto.
Alzò lo sguardo e se lo vide davanti come se comprendesse il suo dolore, il suo cuore lacerato, un attimo dopo cadde sulle proprie ginocchia abbandonando quel pezzo di carta e scoppiò a piangere.
Forte, talmente forte che sembrava di sentirle il cuore lacerarsi.
Killian non ce la fece, e per un attimo abbassò le sue difese, la sua aria da pirata duro e impassibile e s'inginocchiò di fianco a lei accogliendola tra le sue braccia, e stringendola forte.
Il padre l'aveva abbandonata, e in quella lettera c'era la sua confessione.
La confessione di un padre che aveva preferito dei soldi alla figlia.
Nella lettera scriveva che per quanto lo riguardava la figlia era stata trovata morta, e questo era quello che aveva raccontato alla moglie e agli altri figli, che per quanto lo riguardava, sua figlia poteva anche tenersela, a lui non importava.
A lui non importava. A lui non importava. A lui non importava.
Una frase che s'impresse come fuoco nella mente di Esmeralda.

'Non mi ha mai voluta...' biascicò, ancora tra le braccia di Killian, ancora lì a terra mentre il buio dominava la stanza.
Si era aggrappata forte a lui, come ad un ancora, come un appiglio.
Killian, per la prima volta la sentii parlare e non sapeva cosa rispondere.
Avrebbe dovuto scherzare, riprenderla, dirle qualcosa ma non usci nulla.
La strinse leggermente più forte.
'A quest'ora mia madre sarà a pezzi. Sarà a pezzi da tre giorni insieme ai miei fratelli', la sua voce debole e roca a causa del pianto era quasi un sussurro. 'Avrei dovuto saperlo. Anzi lo sapevo che non avrebbe mai fatto nulla per me di ciò che chiedevi, ma ho sperato. Ho sperato fino all'ultimo che l'amore vincesse sulla sua avarizia, che per una buona volta mettesse me davanti a tutto e tutti. Pensavo che l'avrebbe fatto, è questo quello che mi ha fregato. La speranza, quella maledetta speranza a cui sono rimasta aggrappata in questi giorni. Non mi ha mai voluta. Probabilmente non ero che un peso per lui, una bocca in più da sfamare con quel poco che ci dava'. Dichiarò e Killian si senti morire dentro.
Se non l'avesse mai presa.
Se non l'avesse mai presa prigioniera per una stupida vendetta che ora contro chi si riponeva? Se non su di lei. Solo lei stava pagando per quella vendetta indirizzata al padre.
Poteva davvero aver creduto di vendicarsi contro quell'uomo?
Aveva condannato la figlia alle sofferenza a causa sua, e ora per orgoglio non poteva di certo mandarla indietro comunque.
Si sarebbe dimostrato debole, e non esiste un pirata debole in tutto i reami.
Arrivò di nuovo a pentirsi di quel desiderio, di quell'insulso pensiero egoista di tenerla con sé.


La notte fu il vaneggiamento più assurdo.
Esmeralda pianse per ore, svuotandosi del tutto tra le sue braccia.
Gli stava dando un pezzo di sé, come lui le avevo dato un pezzo di sé nei giorni precedenti.
Lo considerò uno scambio equo e indissolubile, tutto ciò che ella si era tenuta dentro fino a quel momento gli venne raccontato in un momento, ma a che prezzo?
Non l'aveva solo tra le braccia in quel momento, aveva anche una parte di lei con sè.
Gliel'aveva affidata, e lui, e per la prima volta, decise di custodirlo solo per sé.
In quei momenti la osservò.
I suoi lunghi capelli neri erano sotto il suo mento, sul suo petto e avevano lo strano e buon'odore di una rosa appena colta.
Non la vedeva in viso, sarebbe stato ancora più difficile guardarla.
Non l'avrebbe sopportato e si sarebbe ancor di più maledetto.


Si addormentò dopo varie ore, e quasi lui non sentii più il braccio a cui si era aggrappata per tutto quel tempo, ma non importava.
Cercò come meglio poteva, di alzarsi da terra senza destarla, e metterla a letto.
La prese in braccio, cercando di riattivare la circolazione del braccio addormentato e la posò delicatamente sulla sua branda, attento a non farle sbattere la testa al letto superiore.
La adagiò piano e cercò una coperta da metterle addosso, la prese e gliela poggiò addosso nel modo migliore.
Con un rapido gesto, in preda al sonno, lei si girò e una ciocca di capelli le finì sul viso.
Killian, dolcemente cercò di spostarglielo da davanti agli occhi, e la pallida luce della luna illuminò i contorni del suo viso.
Era stupenda, bellissima come nessuna mai era stata ai suoi occhi, di una bellezza pura e delicata che mai aveva incontrato.
Azzardò la somiglianza a una dea.
Le carezzò il viso in un gesto quasi implicito, senza accorgersene nemmeno.
Qualcosa dentro di lui, in sua presenza cambiava.
Qualcosa che lo prendeva dallo stomaco a salire.
La osservò quasi come incantato per un tempo quasi infinito.
Non aveva pensieri impuri su di lei, come su quasi tutte le donne che vedeva e di cui si circondava, e dire che anche nel corpo non scherzava.
Aveva le forme giuste, al posto giusto, una di quella per la quale lui stravedeva a letto.
Era qualcos'altro, qualcosa che gli riscaldava il cuore e gli bucava l'animo.
Ogni volta, in sua presenza si ridestava e nasceva un nuovo Killian che non conosceva.
Non aveva mai fatto tutto questo, mai nella sua vita aveva avuto delle attenzioni del genere e dei sentimenti del genere verso una donna.
Cosa stava accadendo? Poteva una donna, una piccola donna qualunque farlo sentire in quel modo?
Una piccola donna conosciuta in malo modo per un riscatto?
Poteva quella Esmeralda fare breccia nel cuore di un capitano sfacciato che stava iniziando a conoscere l'amore?

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NOTE AUTRICE:

Okay, rieccomi con il nuovo capitolo.
E' uscito abbastanza lungo, lo so, ma è uscito da solo, nel vero senso della parola, le mie mani andavano da sè nel scriverlo.
Ringrazio le ragazze che hanno recensito il capitolo precedente, e spero che questo capitolo vi entusiasmi allo stesso modo.
Continuate ad inviarmi recensioni e pareri a riguardo, ve ne sarei davvero grata. C:
Spero, come sempre, che gradiate la storia.
E' nata in me praticamente da sola insieme ai suoi personaggi, a cui pian piano mi sono affezionata io per prima. Esmeralda era il mio personaggio preferito da piccola, e l'ho voluto trasportare in una storia un po' insolita insieme ad Hook, ho un po' cambiato le cose rispetto a ciò che succede nella serie, ecco, ma ho voluto tentare in qualcosa di nuovo.
E spero, che tutto questo, possa quantomeno intrigarvi, ecco.
Il capitolo è ancora incentrato sul passato in modo da capire meglio la storia e cosa lega Killian a questa ragazza totalmente sconosciuta.

Alla prossima. xoxo

- Elle.

I thought I'd lost you foreverDove le storie prendono vita. Scoprilo ora