CAPITOLO VIII

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POV KILLIAN 



E' difficile dire ora cosa mi passò per la testa in quel preciso momento.
Quando nel suo sguardo non avevo visto nessuna traccia della sera precedente ero andato nel panico e in escandescenza senza prendermela davvero con lei.
Mi sarei potuto limitare a dirle come stavano le cose per davvero, e cosa davvero era successo quella sera, ma non lo feci.
Inventai quella stupida scusa che nemmeno si reggeva alle mie orecchie.
Lei mi guardò persa, e io non feci nulla.
Sarebbe bastata una parola, un accenno veloce e le avrei ricordato cosa mi aveva detto presa dalla febbre convulsa.
'Non voglio andarmene da qui. Non voglio andarmene da te', e qualcosa dentro lei si sarebbe ridestato.
Parole che ora sembravano così lontane e sbiadite nel ricordo di una vita che avevo rimosso, o più che altro sigillato in una parte ben nascosta di me, a cui non accedevo da secoli, e a cui non davo uno sguardo da tempo forse per rimorso, per sensi di colpa che ancora erano vivi e vegeti in me.
In un certo senso l'avevo oppressa, quasi spenta perché faceva troppo male forse.
Potevo rivelarglielo, e invece no, feci l'errore più grande della mia vita.
La evitai.
La evitai come se fosse la cosa più giusta.
La evitai come si evita la peggior maledizione, la peggior sorte e ripresi quell'atteggiamento che tanto mi era stato lontano e che mai le avevo mostrato.
Volevo stare lontano da lei, non perché lo volessi davvero.
Ciò che avevo dentro nei suoi confronti, era ancora vivo e risiedeva ancora lì nello stesso posto di prima, in quel petto e in quella pelle che tanto la bramava, ma ero convinto che così facendo avrei sofferto meno al suo rifiuto.
Perché per me quello sembrava, forse perché non conoscevo i sintomi di ciò che provavo, forse perché non l'avevo mai provato e neanche lei.
Ero sempre stato abituato ad avere tutto e subito e quel sentimento, ora, mi era del tutto estraneo.
Dentro di me, aleggiava l'idea che fosse una finta, quella sua, di non ricordare la sera precedente, per non so quale reale motivo poi.
Non avevo mai compreso che era stata la malattia a farla delirare facendole dire quella verità, perché quelle erano.
Perché si sa la verità non sta solo nel vino, ma anche nelle malattie, e la febbre forte che aveva avuto era stata una di quelle.
Come potevo essere stato così sciocco e insensibile?
Rifiutavo ciò che avevo sotto gli occhi in modo così evidente.
Mi rifugiai sempre più nelle bevute con la ciurma e nelle ubriacature forti.
E fu lì, che in maniera anche poco lucida in quelle sere avevo conosciuto Milah, una donna di cui sapevo poco o nulla e che avrei imparato a conoscere negli anni.
Quando quella mattina bussò alla mia porta e me la trovai davanti quasi mi sembrò di averla tradita.
Il suo sguardo nel momento in cui aveva scoperto che con me c'era un'altra, era ancora vivo in me come se mi fosse di fronte.
Quella luce nei suoi occhi, che aveva, si era spenta di colpo e si era incupita.
Quello sguardo era l'unica cosa che avevo avuto in mente per tutta la giornata.
Aveva preso a tormentarmi e ora si ridestò forte e chiaro come allora.
Quando andai da lei, nelle stive dopo tutto ciò che era successo tra noi in quelle settimane, ero deciso a rivolgerle tutto.
A spiegarle il perché dei miei comportamenti e del perché quella donna fosse con me quella mattina.
Le dovevo delle spiegazioni, a lei e anche a me, perché non potevo continuare ad averla lontana in quel modo, non ce l'avrei fatta.
C'era solo lei con me, dentro me e quella notte era stata uno sbaglio dettato dall'alcol che non ricordavo neanche.
Quando mi ritrovai con quella donna, strabuzzai al suolo non ricordandomi nulla e fu lì che avrei dovuto accorgermi del suo vuoto, senza darle il resto.
Fu li che avrei dovuto prendere coscienza dei fatti.
Non mi aveva mentito affatto, non ricordava davvero come io non ricordavo quella volta.
Ma non lo feci.

Mi sentii quasi un estraneo davanti a quella porta. Da quanto non scendevo nella sua stanza?
Bussai deciso a raccontarle tutto, senza tralasciare nulla.
C'era stato qualcosa tra noi, si era rivelata a me io a lei in qualche modo, e pur essendo durato poco avrei provato a farmi dire la verità.
Avrei provato pur temendo in un rifiuto.
Nessuna voce, da dentro mi invitò ad entrare, e pensai che fosse comprensibile dato il mio comportamento in quei giorni.
Aprii la porta ed entrai solo, come all'inizio di tutto.
Un forte singhiozzare attirò la mia attenzione.
Lei era lì, rannicchiata su se stessa sulla branda a piangere.
Sembrava un flashback della prima sera in cui la presi con me.
Mi avvicinai piano e tentai di farla voltare.
Appena udi il tocco, si alzò di scatto e mi rivolse uno sguardo truce che non riconoscevo.
Dov'era lo sguardo che conoscevo?
'Non mi toccate', disse dandomi del voi per la prima volta, e liberandosi dal mio tocco.
'Esm...?', chiesi sconvolto.
Ora era di fronte a me, gli occhi gonfi e rossi di pianto. Le braccia incrociate al petto in modo ostile, quasi a volermi lasciar fuori.
'Con chi sto parlando ora? Con la maschera di Killian Jones o il pirata spietato che stamane era sul ponte e che mi evita da giorni?', fece lei diretta come non lo era mai stata.
Pensai a quella mattina. Il ponte. Aveva visto tutto. Avanzai verso di lei, lei arretrò mettendomi una mano davanti.
'Esm, lasciami spiegare...'.
'Spiegarmi cosa? Chi sei in realtà?'. La sua voce si alzò, adirata e tremante.
Mi graffiò e la fissai negli occhi cercando di sostenere un simile sguardo accusatore.
'Sono colui che hai conosciuto, non ti ho mentito su nulla. Non ti ho mai mentito. Il Killian che è stato di fronte a te negli ultimi anni non era una bugia, era la verità. Tu sai quanto tenga a te... '. le lasciai intendere, era vero. Con lei avevo sempre cercato di essere me stesso, quello reale che tenevo nascosto agli altri. Le ultime settimane erano state uno sbaglio a cui ero pronto a rimediare. 'Ciò che hai visto stamattina sul ponte, non riguarda te. La persona che stamattina hai visto non verrà mai a farti visita, non c'è posto per lui con te. E' quella la maschera, non questa che hai di fronte, credimi Esm. Ciò che è stato in queste settimane, ciò che hai visto e sono stato è stato uno sbaglio e ti chiedo scusa...'.
'Come hai potuto?', esordì interrompendomi con voce debole e trafiggendomi con lo sguardo. 'Se dici di essere davvero tu ora, come hai potuto di fronte a quell'uomo oggi essere impassibile e freddo? Come? Non vedevi come stava male, quanto soffriva. Quella donna ha un figlio e un marito, dimmi cosa ci fa qui! Io quella possibilità non lo ho avuta, io non ho avuto nessuno che mi venisse a salvare da qui e lei è qui di sua spontanea volontà in modo egoista e prepotente, e tu di fronte a tutto questo sei distaccato? Come hai anche solo potuto trattarlo in quel modo? Un duello? Seriamente? Non ti è bastato vedere con lucidità e con il cuore ciò che avevi di fronte davvero. Perché tieni tanto a quella donna da non volergliela ridare? E' sua moglie e ha un figlio!', sbraitò fuori di sé.
Nei suoi occhi ardeva una nuova emozione da decifrare. Vedeva dell'ingiustizia in tutto quello, non accettava ciò che avevo fatto e ai suoi occhi dovevo esserle sembrato un mostro. Come potevo rimediare a questo?
Per la prima volta la guardai senza sapere bene cosa dire. Tremava. Tremava di rabbia di fronte ai miei occhi e i suoi nervi erano ben visibili.
Perché non volevo ridargli quella donna? Qual'era il motivo per tenerla? Tentai di trovarlo, ma non c'era.
Non c'era mai stato.
'Ce l'hai davvero con me per ciò che è successo stamattina con quell'uomo che neanche conosci? Non potevo ridargli Milah perché è stata lei a chiedermi di restare è vero, e non gliel'avrei mai data perché agli occhi degli altri, se si sarebbe venuto a sapere, sarei sembrato un codardo e un sentimentale! E i pirati non sono così!', mi alterai anche io per non so cosa realmente.
Probabilmente mi mascherai di rabbia per non rivelare il vero motivo per cui Milah era lì.
Un motivo che nemmeno io conoscevo e che non avrei saputo darle.
Lei mi propose uno sguardo vitreo e restò immobile per qualche secondo, per poi annuire e sorridere nervosa.
'Quindi è una questione di orgoglio eh? Mostrarsi sentimentali non è da pirati, avere un cuore non è da pirati è così? Io lo sai che ti dico Killian? Che è meglio essere e rimanere se stessi per non perdersi che mascherarsi diventando qualcuno che non si è davvero, perché pian piano sarai il ritratto della tua maschera e Milah, dato che ora vi chiamate per nome, ti aiuterà in questo. Quella donna tirerà fuori il peggio di te e tu starai al suo gioco. Arrivando quindi a simili dichiarazioni che hai pronunciato or ora, dovrei credere che davvero tieni a me?'.
Annui appena mi si presentò la domanda.
Lei fece cenno di no con la testa, i suoi occhi sull'orlo di un nuovo pianto.
'I pirati non sono sentimentali Killian, l'hai detto tu'.
'Non rigirare le cose Esm', dissi a denti stretti evitando di alzare nuovamente la voce. Non volevo. Non contro di lei.
Volevo che ritornassimo a toni pacati e tranquilli, a ridere e alla leggerezza di prima e invece tutto stava degenerando di fronte ai miei occhi.
'Non le rigiro, ripeto solo ciò che ho sentito dirti'. Fece una pausa, seguita da un respiro profondo in cui non incrociò il mio sguardo, nemmeno una volta. Poi alzò la testa di scatto e mi guardò vuota.
'Uccidimi Killian', mi propose e mi pietrificai come la prima volta. 'Fai quello che un pirata farebbe con una prigioniera che non ti serve più a nulla. Mio padre non ti ha pagato, è giusto. Fallo, non far sì che il tuo buon nome da pirata venga intaccato a causa mia. Agisci come hai agito stamattina con quell'uomo, decreta la mia fine'. Una lacrima in bilico sul suo occhio spinta dal dolore che lei stessa si stava infliggendo si tuffò nel vuoto, stanca.
La guardai torvo.
Come poteva anche solo pensarlo, anche solo chiederlo.
'Fa di me ciò che hai fatto alle altre prigioniere Killian', continuò quasi implorante nonostante ciò che diceva andasse contro ciò che voleva davvero, contro ciò che volevo.
'NO!', urlai esausto. Non poteva chiedermelo davvero.
Non sarebbe mai successo.
Non le avrei mai fatto del male, non l'avrei mai uccisa.
Al sol pensiero mi si rivoltava lo stomaco e il mio cuore, perché si l'avevo, si frantumava in mille pezzi.
Anche pronunciare il suo nome accanto a quella richiesta faceva male.
Decisi di sbollirmi, di andare via da quella stanza ora troppo intrisa di tensione che non stava portando a nulla di buono tra noi, sarei passato il giorno seguente quando entrambi saremmo stati abbastanza svegli e meno nervosi, quando sarebbe tornata la lucidità nella sua mente.
Quando la notte che ci divideva dal giorno seguente l'avrebbe calmata e avrebbe schiarito la sua mente da pensieri malsani.
'Non ti ucciderò mai', le dissi prima di uscire.
'Non spetta più a lei decidere, capitano', sussurrò mentre le ero ormai di spalle.
Mi bloccai, mentre un idea nociva mi passò in testa. Sbarrai gli occhi e pensai al peggio.
Mi voltai e la osservai.
'Cosa vuoi dire?', domandai.
'Che se non lo farai tu, lo farò io', rispose sicura. 'Non ho più voglia di vivere così'.
Strinsi i pugni e chiusi gli occhi cercando di calmarmi. Dovevo calmarmi.
'Non lascerò che accada'. E me ne andai prima di sentirla ribattere.

I giorni seguenti furono interminabili. Recuperai in qualche modo i rapporti con Esm, anche se intorno a me non facevo altro che vedere i cocci rotti di una relazione che non era più la stessa di prima.
Qualcosa era cambiato ed era abbastanza tangibile.
Le stavo dietro con l'immane paura di quelle ultime parole da lei pronunciate che continuavano a risuonarmi in testa, continuavo a temere potesse farsi del male da sola, ma non era solo questo a spingermi accanto a lei, era altro. Era la continua voglia vera di starle accanto per recuperare ai miei sbagli e i miei giorni persi.
Era il modo in cui mi faceva sentire ogni volta.
Quasi come se fossi migliore.
Mi confidai con Milah, spiegandole come Esm si trovasse là su quella nave e lasciandole intendere quanto tenessi a quella ragazza in realtà, dato che la tenevo ancora in vita, senza però raccontarle davvero tutto ciò che mi legava a lei, e tutto ciò che provavo per lei.
Le dissi delle mie promesse quando l'avevo vista a pezzi, della mia promessa di lasciarla andare semmai avesse trovato qualcuno capace di tenere a lei, senza accennare a quanto mi pentii di quella promessa e quanto fui egoista nel volerla con me per forza, perché la sentivo parte di me.
Milah mi ascoltava e sentivo anche come percepisse perfino ciò che non le raccontavo senza approfondire.
Nelle settimane seguenti la vidi cambiare, iniziando ad indossare abiti pirata e mostrandosi ancora più provocante nei miei confronti.
Ogni volta che cercavo di avvicinarmi ad Esmeralda lei mi bloccava in qualche questione irrilevante, una voglia improvvisa di imparare ad usare la spada, o una nuova meta che voleva esplorare.
In qualche modo cercava in tutti i modi di tenermi lontana da lei facendomi sembrare ancora freddo nei suoi confronti.
In lei si sviluppò una sorta di attaccamento morboso che non capivo a cos'era dovuto.
Ormai su Esmeralda aleggiava uno sguardo triste perenne rivolto sempre all'orizzonte.
Odiava Milah, l'avevo dedotto sin da quel discorso qualche sera prima, e nonostante cercassi di farle avvicinare, lei non ne voleva sapere.
Era riluttante nei confronti di quella donna troppo egoista e prepotente, lei era così diversa, così lontana da quella donna forte che era entrata da poco nella ciurma esigendo un ruolo come vicecapitano e che aveva preteso di sapere tutto sulla nave.
Lei imparava. Lei era instabile su quel continuo ondeggiare.
Lei era sicura di sé e di ciò che faceva. Lei era timida e insicura.
Lei aveva qualcuno fuori di lì. Lei non aveva nessuno.
Lei era entrata spontaneamente a far parte della nave. Lei l'avevo rapita.
Nonostante ci fosse Milah però i miei sentimenti per lei non cambiavano, erano sempre lì costanti, al loro posto pronti a ripartire ogni volta che il mio sguardo incrociava il suo e ogni volta che ci ritrovavamo a parlare e sorridere insieme. Succedeva anche quando da lontano mi ritrovavo a fissarla.
Poteva non avere nessuno lì fuori, ma aveva me e pur essendo un pensiero egoista lo accettavo di buon grado perché l'amavo dal profondo.
E non era un amore come gli altri, quel calore e quel pizzicore che avvertivo ogni volta per lei era diverso da tutti gli altri come lei.
Lei era un diamante, anzi no uno smeraldo, tutte le altre il nulla.
Era un amore vero.


Quando quella sera Milah si presentò con lei al mio cospetto sul ponte, restai sbigottito e tirai un sorriso da angolo ad angolo.
Non avrei mai creduto di vederle insieme, specie lei sorridente vicino a lei quasi ad accettarla come sua possibile amica femminile su quella nave oltre me.
Milah la teneva per un braccio.
'Stasera lei viene con noi!', annunciò tutta sorridente guardando Esmeralda che incrociò il mio sguardo timida. 'Insomma è possibile che tu non l'abbia mai invitata fuori da questa nave?'.
'Non me l'aveva mai chiesto', risposi preso da lei, un po' per quella scelta, un po' perché era ogni giorno più bella non riuscivo a staccarle gli occhi di dosso.
E la luna era sua complice che posandosi avidamente su di lei la rendeva ancora più spettacolare.
'Gliel'hai mai chiesto forse?', disse Milah continuando a ridere.
No, infatti. Non gliel'avevo mai chiesto e forse anche per questo quella sera mi sembrò un ottima idea.

Arrivammo alla taverna tra schiamazzi e risatine varie della ciurma.
Ogni volta che ci riunivamo era così, era come se si liberassero fino a perdere l'inibizione.
Perdevano ogni decenza, non che prima ne avessero e vedere lei in mezzo a quegli zotici mi faceva avanzare sempre più quell'idea di proteggerla.
Lei era una perla che non poteva mescolarsi ai sassi, era diversa, era migliore.
Esmeralda era un po' sopraffatta da tutto questo ed era rimasta un po' indietro, in disparte, impacciata a mani incrociate mentre avanzava dietro di noi. Lasciai che gli altri mi passassero davanti e arretrai di qualche passo raggiungendola.
'Esm...', non sapevo mai come pormi con lei, specie dopo tutto quello che era accaduto.
Lei probabilmente sovrappensiero in quel momento si spaurì nel ritrovarmi davanti.
'Ehi', rispose di rimando alzando gli occhi sul mio viso.
Quel sorriso che avevo avuto sin dall'inizio per lei non accennava ad andarsene.
'Stai bene?'.
'Un po'', ammise lei.
In un gesto non calcolato l'afferrai e le cinsi i fianchi, nonostante la sua pelle scura avrei potuto affermare che stesse arrossendo.
Entrammo alla fine dopo tutti gli altri e notai quanto quella locanda, quella sera, fosse affollata.
Tenendo sempre Esmeralda cercai un tavolo libero in cui ci potessimo stare tutti, o almeno gran parte di noi.
Quella sera una normale felicità m'invase l'animo anche se non sapevo ben definirlo e indirizzarlo.
Esmeralda era seduta accanto a me, e nonostante le avessi proposto più volte alcuni brindisi, ne aveva accettato solo uno.
'Alla nostra amicizia', aveva esclamato quasi in un sussurro e per me era stato il brindisi più sentito fatto quella sera. E per la prima volta nonostante ciò che provassi per lei andasse ben oltre l'amicizia, accettai di buon grado quel brindisi sbattendo il boccale contro il suo.
Per il momento mi bastava quello. Poteva bastarmi anche se non per molto.
Dopo quello però ne seguirono altri, e altri, e altri ancora e fu difficile distinguere le cose con lucidità.
La mia mente si stava offuscando insieme a quella della ciurma, che erano quasi tutti dormienti sui tavoli per quanto ne sapevo.
'Vado un attimo alla toilette', esordì Esmeralda e fu l'unica cosa che ricordai come impressa a fuoco nella mia mente, dopodiché di nuovo il nulla più totale.

Quella mattina mi ritrovai nel mio solito letto.
Mi levai stanchissimo e frastornato trovando Milah al mio fianco ancora in preda a Morfeo.
Era successo di nuovo, e di nuovo era come se il vuoto mi pervadesse. Un buco nero enorme in mente e null'altro.
Mi toccai le tempie massaggiandole e cercando di svegliarmi, e cercando in quel gran vuoto dovuto all'ennesima sbornia.
Mi vestii e quando mi affacciai sul ponte fui sorpreso nel vedere che eravamo già in mare.
'Chi ha dato ordine di salpare?', chiesi tra il confuso e l'adirato.
'Milah, mio capitano.', rispose l'uomo al timone.
Da quanto Milah dava ordini? E perché non mi aveva avvertito di nulla?
Andai nelle stive, come ogni mattina a controllare Esmeralda senza la più pallida idea di ciò che mi sarei trovato davanti.
Appena scesi le scale e avanzai verso la sua porta qualcosa dentro di me mi avvertiva che qualcosa non andava, ma ero convinto fosse ancora la sbornia della sera precedente.
Era così ogni volta.
Chiusi gli occhi per un attimo, in cerca di assestamento.
Avevo un gran mal di testa.
Entrai passivamente nella sua stanza, senza una vera e propria attenzione.
'Buongiorno', proferii ancora ad occhi chiusi.
Quella risposta che di solito non tardava ad arrivare quella mattina era muta.
Spalancai gli occhi per guardare i fatti. Magari stava ancora dormendo.
Se così fosse stato, avrei richiuso la porta, e sarei passato dopo. D'altronde la sera precedente era stata una novità per lei.
Quando mi guardai intorno lei non c'era.
Perlustrai la stanza avvicinandomi al suo letto, ma persino quello era in buone condizioni, del tutto immacolato.
Sicuro che non fosse già sul ponte e non l'avessi vista?
Risalii di corsa cercandola, ma in tutto il ponte non c'era traccia di lei.
Iniziai ad agitarmi come non mi era mai successo.
Dov'era Esmeralda? La mia Esmeralda?
Girai come un matto, chiedendo agli altri marinai di mettersi alla sua ricerca ma nulla. Di lei nessuna traccia.
La cercai in ogni anfratto del vascello, chiedendo persino ad Adelaide, la donna che si era presa cura di lei durante la sua malattia.
'Signore, è da ieri sera che non la vedo', rispose lei timorosa di una qualche conseguenza.
Da ieri sera?
L'agitazione e il nervosismo presero ancora più piede dentro me temendo il peggio.
E se si fosse buttata in mare?
Quelle parole mi tornarono in mente, ancora una volta, facendomi sbiancare.
Che se non lo farai tu, lo farò io. Non ho più voglia di vivere così.
E se avesse approfittato di quelle ore di sonno? Di quella sbornia e avesse fatto quel passo?
Non volevo crederci.
Doveva essere da qualche parte, non poteva averlo fatto davvero.
Iniziò a rivoltarmisi lo stomaco al pensiero e al fatto di non trovarla.
'Killian?'.
Mi voltai di scatto, non misurai e ne soffermai il timbro di voce.
'Esm...', ma non era lei, di fronte a me Milah.
'Killian, amore, che succede?', domandò lei.
'Esm... Esmeralda. Dov'è? La sto cercando in ogni dove.', confessai ancora bianco in volto cercando di trattenere la rabbia che mi bolliva dentro.
Lei mi guardò perplessa, incerta.
'Killian perché la cerchi?', domandò attentamente.
'Le devo... parlare'.
Il suo sguardo si fece ancora più perplesso, in bilico tra il dirmi qualcosa e tenerselo per sé.
'Killian non ricordi nulla di ieri sera?', domandò spiazzandomi.
Ricordarmi? Cosa avrei dovuto ricordarmi?
Un nodo mi attanagliò la gola e la mente iniziò a ricamare scorci di un possibile andamento della serata della quale avevo paura.
'Cos'è successo ieri?', chiesi piano, in modo misurato fermo immobile con il timore di quella risposta.
'Esmeralda se n'è andata'.
Un tonfo al cuore. Mi trattenni per non cadere a terra.
Tutto intorno a me pareva sfracellarsi.
Ero attonito.
'Quando siamo andati alla locanda ieri, Esmeralda ha conosciuto un uomo e ha deciso di restare con lui imponendoti il patto che avevate fatto quando tu l'hai conosciuta', chiari lei avvicinandosi di più a me. 'Tu hai accettato la cosa e l'hai affidata a quell'uomo facendoti promettere che l'avesse amata per davvero'.
Metabolizzai quelle parole cercando quei ricordi, qualche frammento nella mia memoria ma niente del genere. Niente di ciò che Milah mi stava raccontando riemergeva dall'oscurità.
Una cosa talmente importante, una cosa come quella di cui mi stava parlando avrei dovuto ricordarmela.
E poi come avrei fatto a dargliela così, non l'avrei permesso.
Non avrei permesso che lei se ne andasse così da me, ero egoista e non l'avrei data a nessuno, e poi che amore poteva darle un uomo appena conosciuto? Non esisteva.
Non era vero.
Sghignazzai nervoso allontanandomi e girandole intorno.
'Non è vero. Mi conosco Milah, e non l'avrei mai permesso. Non avrei mai permesso che Esmeralda se ne andasse così da me. Sono un uomo egoista, Esmeralda non l'avrei mai data a nessuno che non fossi io. Non avrei mai rispettato quel patto!', spolmonai tirando fuori la mia rabbia.
'E' vero, ma ci tenevi, ci tieni a lei', si corresse. 'E quando hai visto l'implorazione nei suoi occhi hai ceduto e le hai dato la tua benedizione ad andare via con quell'uomo'.
Qualcosa dentro di me si spezzò.
Ciò che avevo creduto nelle settimane precedenti allora era vero: lei non mi amava.
Il sentimento che riversavo su di lei era unilaterale.
Qualcosa dentro di me non voleva crederci e io con lui.
Tutto ciò che avevo, tutto ciò che era stato, era scomparso.
'Invertiamo la rotta e tornerò a prenderla. Ciò che è stato ieri era effetto della sbornia, non ero io', decisi con sicurezza dirigendomi sul ponte per mettere in atto il mio piano.
Lei mi bloccò e afferrò con entrambi le mani il mio braccio.
La guardai torva.
'Gliel'hai promesso Killian. Come credi che reagirà quando arriverai lì, ammesso che ci sia ancora, e la riprenderai con te con prepotenza? Ti odierà, e tu non lo vuoi'.
No, non era ciò che volevo ma la volevo al mio fianco, ma non volevo che mi odiasse.
Mi accasciai sulle scale di fronte all'evidenza dei fatti.
L'avevo davvero persa ora.
Possibile che fosse successo davvero? Possibile che non fossi preda di un incubo.
L'unica parte di me, vera se n'era andata ed ero stato io a mandarla via, se fossi stato un po' più lucido avrei negato e l'avrei riportata con me ma l'alcol? L'alcol mi aveva offuscato facendomela perdere per davvero.
Come potevo averlo fatto davvero.
La mia pelle, il mio cuore la bramavano e quel pizzicore che avevo nel cuore si trasformò in dolore lancinante che negli anni a venire avrei continuato a sopportare.
Non riuscivo mai a smettere di pensare a lei.
Molte volte mi recavo nelle stive solo per guardare i ricordi svolgersi davanti a me, e pur essendo un capitano molte volte mi ritrovavo a piangere solo nella stanza.
Cercavo terra invano, la mia terra, mosso dalla speranza di rivederla un giorno e riprenderla con me.
Si, era quello che mi spingeva ad andare avanti in quei momenti, era lei, era il mio monito nel proseguire, prima o poi l'avrei rivista.
Ma ora? Ora il mio cuore continuava a sanguinare imperterrito per quella perdita non voluta, e si mise a sanguinare ancor di più quando un giorno mentre ero ancora perso nei miei pensieri la porta si apri con tanta veemenza che mi spaventai.
Milah, tutta trafelata era tornata dall'ennesima escursione sulla nuova città su cui eravamo approdati.
Gli andai incontro vedendola così paonazza e provata.
'Milah che succede?', chiusi preoccupato.
'Killian... ho appena saputo una cosa in città', annunciò. Lo spettro era ancora lì nei suoi occhi.
'e...', la incitai ad informarmi del motivo di tanto fervore.
Milah respirò a fondo, indecisa se proferire o meno. Poi mi guardò. Gli occhi vitrei.
'Esmeralda...', un barlume di luce e speranza che tanto avevo bramato apparve ai miei occhi. 'Esmeralda è morta, Killian'.
Il mondo. Quei mondi che avevo navigato fino ad allora mi caddero addosso tutti insieme travolgendomi.
Lei non c'era più. ora per davvero.
L'avevo persa, e non l'avrei più rivista. Ora anche le speranze sembravano vane.
Tutte le mie speranze si sfracellarono a terra insieme a me, e con loro ciò che ero stato fino ad allora.



*Non scannatemi per la fine, e sperate, insieme a me per il meglio.  


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NOTE  AUTRICE: 

Ogni volta che scrivo un capitolo la mia mente vaga a briglia sciolta, non ho limiti e anche se me li prefiggo li supero, ecco.
Ho cercato di raccogliere il capitolo in pochissimo, anche se forse non sembra è così, ma ho voluto terminare con questa visione flashback di Esmeralda e Killian in modo da tornare al presente, perché ormai credo siano tanti capitoli che è così.
Ho dato modo di raccontare i fatti e farvi conoscere come meglio ho potuto Esm, sperando anche di avervela fatta piacere anche un po' insomma.
Io, vabbè non mi ci metto proprio perché sono troppo affezionata a lei ormai, ed è tipo come se me la vedessi anche nella serie e vabbè tralasciamo. lol  

Ringrazio davvero tutte quelle persone che leggono la storia, e mi danno loro pareri. 

Spero di avere al più presto recensioni anche su questo capitolo. Fatemi sapere cosa ne pensate, sono troppo curiosa. Io spero come sempre che le mie idee vi piacciano. 

Alla prossima.

- Elle.





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