Capitolo 9

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La porta della mia camera si sbloccó, e per la prima volta é come se fossi stata felice di uscire di lì.
Mio padre non c'era, il che non mi dispiaceva affatto.
Scesi in cucina, ma non c'era nulla con cui fare colazione, i cuscini sul divano in soggiorno erano sparsi per terra e la tv accessa senza segnale, sarà stata una delle sue scappatine notturne con qualche puttanella.

Ritornai in camera mia per vestirmi, ma, stranamente, anche quei pochi vestiti colorati che avevo erano diventati tutti di un colore un po più scuro.

"Forse avró messo a lavare gli altri vestiti." Dissi tra me e me per concedermi una spiegazione.

Quella mattina faceva freddo, quindi decisi di infilarmi un felpone nero con dei leggins. Dato che oggi avevo educazione fisica sarebbe stato meglio, anche se sono sicura che avrei saltato anche quella lezione.
Infilai lo zaino in spalla, uscii sbattendo la porta e mi avviai verso la scuola.

Neanche ebbi la "felicità" di mettere piede nella scuola che mi trovai dinanzi quella stronzetta bionda.

"Come mai ieri sei mancata dalle lezioni?" Chiese con un tono che esprimeva ben altro che curiosità.

"Non mi sono sentita bene." Risposi con strafottenza.

"Sai tesoro non dovresti fare così, in fondo sei la nuova, hai già tanti occhi che ti puntano, non costringermi ad obbligarti a comportarti decentemente."
Il mio autocontrollo stava per andare completamente a puttane, ma decisi di mantenermi.

"Sai amore hai proprio ragione. Ma per comportarmi decentemente dovrei stare con persone decenti, e tu non sei una di quelle." Risposi continuando a camminare con un sorriso sulle labbra.

Entrai nell'aula di biologia, avevo fatto tardi e ormai era rimasta solo una persona per il lavoro in coppia. Ebbene si, era lui.
Nonostante tutto decisi di rivolgergli di nuovo la parola:"Dopo quello che è successo dovresti almeno dirmi chi sei o come cazzo ti chiami no?"

Mi squadrò velocemente:"Daniele Parisi."

Finalmente ebbi un po' di soddisfazione.
Ma non durò molto.

"Non ho intenzione di chiederti scusa" disse nascondendo la faccia nel colletto del suo giubbotto di pelle "per come ti ho lasciata l'altro giorno. Ognuno è libero di fare ciò che vuole e io sono liberissimo di far finta che tu non esista."

Ma chi diamine si credeva di essere? Mi faceva salire i nervi. Era come una cassaforte, mi incuriosiva ma sapevo che non avrei potuto mai sapere cosa ci fosse dentro se prima non avessi scoperto il codice.
Decisi comunque di non alzare la guardia:"Oggi salto educazione fisica."

Guardai l'orologio, segnava le 09:29.
"Ci vediamo nel cortile in quell'ora." disse lui.
Io annuii e la campanella suonò.

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