L'invasione

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LE CAUSE DEL CONFLITTO

Quando i ministri dell'Estero Molotov(Russia) e Ribbentrop(Germania) firmarono nel 1939 il patto di non-aggressione tra le loro nazioni, non si aspettavano certo una guerra, almeno per i successivi 5 anni. Questa convinzione fu più radicata nelle file sovietiche che in quelle tedesche, e fu una delle principali cause del quasi crollo russo durante la prima parte del conflitto. Stalin sosteneva che la Germania avesse bisogno prima di sradicare l'Inghilterra per poi pensare ad eliminare l'Unione Sovietica. Come se non bastasse, le grandi purghe staliniane(1936-1938) avevano devastato il morale e l'efficienza dell'Alto Comando Sovietico(STAVKA).
Ma andiamo con ordine.

Nel maggio 1940 Adolf Hitler possedeva più di mezza Europa. Le sue manie di grandezza, oltre alle false speranze di una resa inglese a breve, lo spinsero ad emanare l'ordine del Fuhrer N.46 in cui specificava "necessaria" un'invasione dell'Est per ampliare in maniera esorbitante le risorse del Reich e sopravvivere a quella che sembrava essere una guerra già più duratura del Primo Conflitto Mondiale. Sebbene molti non fossero d'accordo (anche alcuni ministri e generali particolarmente vicini ad Hitler) le prime operazioni di preparazione iniziarono nel settembre di quell'anno.

La Russia, dal canto suo, aveva accumulato eccessiva fiducia nell'Armata Rossa, che già nella Guerra d'Inverno (1937) aveva subito pesanti sconfitte dalle armate finlandesi, e preso ben poco territorio.
Tuttavia, il potenziale umano sovietico non aveva eguali al mondo. Questo era uno dei punti più a favore (se non il principale) per una guerra.
Sebbene l'organizzazione e l'impiego dei mezzi motorizzati fosse da rivedere, i sovietici potevano contare su una catena di produzione e decine, se non centinaia, di siti industriali posizionati strategicamente tra gli Urali e la Siberia.
Il primo obiettivo di Hitler era appunto arrestare la macchina bellica russa interrompendo la produzione e infliggendo perdite talmente pesanti da far crollare l'Armata Rossa.
Per questo, il 22 giugno 1941, la Germania lanciò "Barbarossa".

L'OPERAZIONE
Rinominata in codice, "Barbarossa" (Barbarossatag in tedesco) fu la più grande operazione terrestre mai effettuata prima di allora, e forse una delle più grandi della storia.
Basata sulla tattica del Blitzkrieg, l'attracco prevedeva l'uso di tre Gruppi di Armate (Nord, Sud e la più grande, il Centro) rispettivamente guidati da Von Kluge, Von Runsdelt e Von Bock.
Più di 3 milioni di uomini e circa duemila-tremila carri distribuiti su un fronte di 1600 km: solo qualche decennio prima sarebbe stato impensabile, considerando la condizione economica precaria degli ormai ex-Imperi Centrali.
Le direttrici del piano d'attacco erano:
il Caucaso e l'Ucraina, praticamente definiti "Il Granaio dei Bolscevichi"; Leningrado, fulcro del comunismo e le strategiche province centrali sovietiche (come Smolensk e Minsk).
Stranamente, Hitler non puntò fin da subito su Mosca, preferendo il petrolio sovietico a sud, e i grandi accerchiamenti alla rapida avanzata. Un errore che si dimostrerà irrecuperabile più avanti.

Dal lato sovietico, fino all'ultimo il degrado delle comunicazioni impedirà una coordinazione effettiva e in molte occasioni anche alcune ritirate necessarie.
Stalin stesso non credeva ad una guerra contro la Germania: aveva dato disposizione al grosso dell'Armata rossa di appostarsi su una mal costruita "Linea Stalin", a ridosso del fronte, dove sarebbe stata facilmente in trappola; inoltre, i treni carichi di merci continuarono a esportare in Germania anche diverse ore dopo l'inizio delle ostilità.

Un Panzer III in sosta, molto probabilmente per un rifornimento di carburante dell'intera colonna di carri

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Un Panzer III in sosta, molto probabilmente per un rifornimento di carburante dell'intera colonna di carri. Nel 1941 questo modello era il più diffuso, sia per la manovrabilità che per la discreta potenza di fuoco; ben presto però fu sostituito dal Panzer IV, più adatto a combattere i T-34 sovietici.

L'ATTACCO
Intorno alle 3:00 del mattino afoso del 22 giugno, le avanguardie della 7^ fucilieri sovietica notarono del movimento sul fronte e subirono il primo, forte urto con le formazioni naziste. In mezzo a bombardamenti massicci su tutto il fronte, l'unica cosa che si poteva udire alla radio era un disperato urlo:"I tedeschi attaccano! Che devo fare?!".
In quel momento Pavlov, comandante del 18^ corazzato e responsabile del fronte centrale, si trovava nel teatro di Minsk.
Non diede ascolto agli incessanti allarmi e fu successivamente fucilato su ordine di Stalin, proprio a causa di queste mancanze di attenzione.
Dopo un intensissimo fuoco di sbarramento da parte di oltre 7000 cannoni, la 4^ Panzer di Hoth, insieme alla 10^ di Guderian a sud e alla 2^ Pz a nord iniziò ad avanzare nel territorio sovietico. In tre ore tutte le truppe tedesche avevano guadagnato posizioni forti in vista dei primi accerchiamenti di massa, che si sarebbero dovuti verificare tra quel giorno e i sette successivi. All'alba, a Mosca si ignorava ancora l'inizio delle ostilità.

Pavlov nel frattempo si era reso conto che qualcosa effettivamente stava accadendo, ma lo scompiglio causato dalla Luftwaffe (che distrusse in una sola mattinata non solo decine di migliaia di chilometri di ferrovie, ma anche più di 1200 velivoli russi e molte linee di comunicazione) impedì che i suoi ordini di ritirata tattica e attestazione sulle già pronte linee di difesa a ridosso di Minsk giungessero alle armate più lontane, le quali rimasero vittime di numerosi accerchiamenti e di perdite disastrose.
Nella settimana successiva Von Bock dovette darsi da fare per contenere la 4^ di Hoth, che continuava ad avanzare senza praticamente incontrare ostacoli (fatta eccezione per il carburante e per le munizioni).

In questa illustrazione possiamo osservare uno dei pezzi d'artiglieria più conosciuti della Seconda Guerra Mondiale

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In questa illustrazione possiamo osservare uno dei pezzi d'artiglieria più conosciuti della Seconda Guerra Mondiale.
Il Flak 36 da 88 mm nasceva come arma antiaerea, ma presto ne furono introdotte versioni bivalenti che permettevano anche un eccellente difesa controcarro da oltre due chilometri di distanza.

In quattro giorni fu dichiarata chiusa la sacca di Brest-Livonsk, e le forze tedesche si trovavano già a pochi chilometri da Minsk.
Nel tentativo disperato di obbedire alla direttiva N.4 dello STAVKA, Pavlov ordinò al generale Boldin di raggruppare tutte le divisioni sopravvissute e di effettuare un contrattacco entro il 30 giugno.
Con quasi 1.000 carri armati (dei quali quasi la totalità erano vecchi modelli BT e T-26) il generale sovietico mosse lungo il fronte occidentale su quasi 150 chilometri, puntando a respingere i tedeschi sul fiume Bug. Il contrattacco fu un completo fallimento, a causa sia della superiorità aerea tedesca sia della disorganizzazione generale sovietica. Minsk cadde il 30 giugno, tre giorni prima dell'ammissione di Stalin, tramite un discorso pubblico, dell'effettivo "stato di guerra".

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