Ragazzo grigio.

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Aspettai preoccupato che si svegliasse. Era stesa sul divano, con la testa appoggiata a un cuscino e una coperta che le copriva quel piccolo corpicino. Io ero seduto accanto a lei, contemplano la sua bellezza.
Mi alzai e mi sedetti sul pavimento, ponendomi di fronte al suo viso. Era bellissima. I suoi occhi chiusi mi negavano ogni sguardo, profondo e rassicurante.
Mi avvicinai a quel visino perfetto. Ora ero a pochi centimetri dalle sue labbra, quelle labbra sottili che bramavo da tempo. "Michael cosa stai facendo? Non vorrai baciarla vero?" Perfetto. Ci si metteva anche la mia coscena adesso. Sapevo benissimo che non potevo avvicinarmi a lei più di tanto, ma non potevo farne a meno.
Il mio buon senso mi prese a schiaffi e mi allontanò da lei. Insomma cosa mi prende!? Mi devo staccare da lei...
Salii in camera mia e mi sedetti alla scrivania. Sfilai il quaderno verde dallo scaffale e iniziai a scrivere, come avevo fatto quella stessa mattina.
"Il mio umore è cambiato, ora mi sento...preoccupato. Preoccupato per la sua salute, paura che non si risvegli più. Sono stato un coglione. Non sarei dovuto entrare nel negozio solamente per soddisfare una mia voglia. L'avevo persa, era evidente, anche se mia non lo era mai stata. Però la sentivo parte di me in qualche modo. Vederla tra le labbra di qualcun'altro mi aveva fatto sentire insignificante, misero."
Alzai lo sguardo verso la finestra, quella barriera di vetro che divideva me dal mondo esterno, e sgranai gli occhi dalla meraviglia. Un sorriso si dipinse sul mio volto con l'inchiostro indelebile. Tanti piccoli fiocchi bianchi cadevano sul terreno umido. Tanti piccoli fiori di ghiaccio stavano invadendo la città.
Piano piano la città si stava dipingendo di freddo e cambiando d'abito, da quello variopinto e autunnale a quello candido e nevoso. Mi sentivo euforico quanto un bambino che riceve il suo primo giocattolo.
Un rumore mi smosse da quella posizione imbambolata. Un lamento proveniva dal piano di sotto. Feci un respiro di sollievo e mi avviai di sotto veloce. Corsi verso le scale e la intravidi che si stava massaggiando la testa.
"Ehi" le sussurrai all'orecchio calorosamente. "Ciao...cosa ci faccio qui?" chiese guardandosi attorno confusa. "Ti sei sentita male e ti ho portato qui a casa mia, non potevo lasciarti sul marciapiede" le sorrisi. "Oh si..scusa..qualche volta mi capita, non preoccuparti. Solo non dovrei fare tanta fatica altrimenti finisco per svenire" disse imbarazzata abbassando lo sguardo. Stava diventando rossa.
"Ma cosa stavo facendo?" disse alzando gli occhi verso i miei. Sorpreso le chiesi "Non ricordi nulla?" "Beh...no, veramente no" sorrise diventando ancora più rossa.
Abbassai lo sguardo rattristato da quei ricordi, e dopo un po' le risposi.
"Beh io stavo entrando nel negozio e tu..." "Io cosa?" chiese curiosa. "Beh tu...tu..s-stavi baciando u-un rag-ragazzo..".
Si mise le mani sul volto e si sedette. Sembrava stesse vivendo un incubo.
"Tutto okay?" mi sedetti anche io vicino a lei, accarezzandole la schiena. "No...sono una bambina...mi sento una ragazzina...che bacia il primo che incontra!" si coprì la faccia con le mani. La fronte divenne rossa e calda.
"Stai tranquilla Lola, succede a tutti" cercai di rassicurarla. Le tolsi le mani dal viso. Stava piangendo. La accolsi nel mio grande petto, in cui lei si rifugiò singhiozzando. "Tranquilla, rilassati...non è successo nulla" le accarezzai la nuca.
"No Michael...non puoi capire! Non è la prima volta che succede! Accidenti! Mi sembro una t..." le tappai la bocca. "No, sai benissimo di non esserlo, smettila!" le dissi forse urlando un po' troppo. " Michael non arrabbiarti con me" disse ritornando a piangere sulla mia spalla. "Non sono arrabbiato" la abbracciai di nuovo sorridendole.
Lei si scansò dal mio corpo e si alzò dal divano, prendendo la sua roba. "Ora vado." disse senza neanche guardarmi. "Oh...ne sei sicura?" le chiesi dispiaciuto. "Scusa, si sta facendo tardi"
Si infilò il giubbotto e si diresse verso la porta, io la seguii.
"Allora ciao..." dissi abbassando la testa. "Ciao" disse uscendo. Non era mai stata così fredda con me. Sembrava triste. A quel pensiero era come se tutta Londra si fosse dipinta di grigio, tutto era triste, monotono.
Le persone che camminavano sull'asfalto erano senza emozioni, con un volto vuoto, impassibile.
I fumi delle auto invadevano l'aria che respiravo ogni giorno, convinto che sarei sopravvissuto a quell'ambiente sporco e impuro.
Mi diressi sul divano e mi stesi occupandolo interamente e portai le mani intrecciate dietro la nuca, fissando il soffitto, anch'esso grigio.
Forse anche il mio cuore un giorno avrebbe ereditato quel colore spento.
Forse anche io un giorno sarei diventato un triste, ragazzo grigio.

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