2° capitolo

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Era ormai mezzanotte passata. Piena notte senza nemmeno una lucciola. La luna era coperta da nuvole che piano piano avevano cominciato a piangere... Il paesino in cui si trovava Katherine era completamente isolato a chilometri di distanza dalle grandi città. Nessuno, a parte le grandi persone a conoscenza del paesino, potevano trovarlo. Neanche per pura casualità.

Un uomo stava però arrivando. E non era uno degli invitati, anzi. Cappotto nero, stivali grigi sui piedi che piano piano schiacciavano i pedali della macchina. Testa inclinata e una mano sul volante. Erano solo gli occhi a distinguersi dalla massa grigia-nera. Gli occhi erano azzurri, e non come il cielo o l'acqua, no. Erano di un azzurro morto, mescolato al bianco, anzi era proprio il bianco ad essere mescolato ad una goccia di azzurro. I suoi capelli erano piuttosto lunghi, lisci e neri che per poco non cadevano sulle spalle del ragazzo. Aveva i guanti neri in pelle. Stava viaggiando in un silenzio tombale, finché...

Trrrr. Trrrr. Trrrr.

Stava suonando il telefono sul sedile accanto a quello dell'autista. Per i primi secondi il ragazzo aveva fatto finta di non sentirlo, ma poi alzando gli occhi al cielo aveva preso il cellulare appoggiandolo all'orecchio.

"Si?.... Cosa vuoi dalla mia vita?" aveva chiesto il ragazzo con una voce monotona. "Ehi! Ma non stai mica andando al villaggio per davvero!? " gli aveva chiesto una voce maschile ma giovane dall'altra parte. "No...." aveva riso il ragazzo per un attimo per poi tornare di nuovo monotono "Scherzo, si." la voce del telefono si era preoccupata "Dimmi che stai scherzando... Sei sicuro che non c'è un cacciatore li dentro?" il ragazzo aveva riso per la seconda volta "si, sono più che sicuro" e dopo aver sentito il silenzio per 10 secondi aveva spento la chiamata sorridente.

Katherine si stava avvicinando al padre. Aveva paura, ma come sempre indossava il sorriso da brava bambina. Suo padre era proprio qui. Davanti a lei ma girato con la schiena e con un bicchiere di champagne. "Papà!" aveva detto Katherine interrompendolo dal discorso mentre si stava avvicinando. "Posso parlarti un attimo?" aveva chiesto la ragazza prendendolo per un braccio facendo un cenno con la testa agli uomini con cui stava parlando suo padre. I due erano usciti dalla porta per arrivare nel corridoio. "Papà..." aveva cominciato Katherine sperando che il padre la avrebbe almeno lasciata spiegargli. "Cosa!?" aveva cominciato a parlare a voce alta suo padre. "Mi sento male, ho vomitato due volte... Volevo solo chiederti se potevo aspettarti in macchina" aveva detto la ragazza abbassando lo sguardo. "Stai scherzando vero!?" aveva detto suo padre e aveva fatto un passo avanti "Non osare mai più, mi senti, MAI PIÙ avvicinarti in quel modo per delle sciocchezze simili! Mi hai deluso... " aveva infine detto suo padre, l'aveva presa bruscamente per un braccio e l'aveva gettata contro il muro. "MAI PIÙ!" Dopo di che, suo padre si era girato ed era rientrato nella sala.


"Non lo sopporto più!!!" Katherine stava ormai urlando dalla rabbia. "Come é possibile!?" la ragazza gridava con le lacrime che le stavano colando dagli occhi. "Ehi... Calmati..." Beth cercava di abbracciare l'amica, ma non ci riusciva. "Sono stanca! Di tutti questi vestiti, di controllare sempre il mio tono di voce, di non poter dire quello che penso per davvero!" Kat stava lavando nervosamente le mani nel lavandino continuando "Tutte le persone sono finte qui! Ma non lo vedi?!" Katherine si era girata per guardare Bethany negli occhi. Beth era l'unica persona a capire Katherine, dopo la madre ovviamente. Bethany era figlia di un politico e sua madre era una cantante molto famosa, la figlia aveva preso la bellezza della madre e l'intelligenza dal padre. Aveva gli occhi azzurri, quell' azzurro profondo senza sfumature.
"Sai che ti dico Kat... Dovreti chiamare tua madre. Sei solo nervosa. Alla fine tuo padre é stato da sempre cosi." aveva detto Bathany guardando Katherine negli occhi ormai rossi e pieni di lacrime. "Hai ragione..." le aveva risposto Kat dopo qualche secondo di silenzio. Beth aveva abbracciato l'amica e, prendendo il suo vestito da un lato era uscita dal bagno.

2 squilli. 3...4...
Finalmente qualcuno aveva preso il telefono e Katherine senza pensarci aveva cominciato a parlare sorridendo "Mamma! Come stai?! Io sono ad una cena con papà..." aveva detto Katherine senza fare nemmeno una pausa in mezzo alle frasi, ma sua madre non aveva risposto. Dopo pochi secondi una voce maschile aveva detto "Mi spiace ma non credo che sua madre potrà risponderle signorina. Sono il suo regista. Sua madre ha avuto un incidente poche ore fa... Mi spiace, volevo..." Ma Katherine non lo stava ascoltando. Il cellulare le era caduto per terra. Gli occhi avevano smesso di lacrimare. Era indifferente . Indifferente a tutto il mondo. Le sembrava di aver perso tutte le emozioni in un solo istante. Troppo... Era troppo per lei. Dopo qualche minuto di riflessione aveva preso il cellulare ed era uscita dal bagno. Non aveva più gli occhi rossi, e nemmeno una lacrima le era scappata. Aveva visto suo padre per un solo istante che stava bevendo, whisky questa volta, poi si era girata ed era andata verso la porta con passi sicuri. Niente la tratteneva a rimanere li, ormai niente.

La macchina del ragazzo si era fermata davanti ad una via stretta da dove proveniva la musica. Non si vedevano luci, ne si sentivano persone, ma lui sapeva che li dentro da qualche parte c'era la sua cena. Era da poco scappato dalla città perché la polizia aveva già troppi casi di omicidi irrisolti. Ma lui preferiva dire che aveva "traslocato".
Era sceso dalla macchina aggiustandosi i guanti e chiudendo la porta della macchina con un calcio. Era entrato nella via. Era talmente stretta che a malapena ci potevano passare due persone, ma lui si sentiva più che sicuro. Si era fermato da 10 metri circa dal portone della casa. Adesso gli bastava solo aspettare. Aspettare il momento che qualcuno usciva dalla "festa".

Durante La NotteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora