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Si andò a sedere accanto a lei, era assonnata. Piccolo dettaglio che tanto amava di lei era che nonostante la stanchezza e le occhiaie riusciva comunque a essere bellissima. Non prendeva il cellulare dal giorno primai, da quella sera. Ripensò a Nicole sopra di lui e scacciò immediatamente quel pensiero. C'erano due messaggi di Piper mentre due chiamate perse da Diego. «Finalmente hai visto i messaggi» gli disse Piper che lo guardò con mezzo sorriso.

«Scusami... abbiamo parlato fino a tardi e ci siamo ubriacati» le disse, e da una parte era tutto vero. Lei lo guardò, come per studiarlo e captarne una bugia e poi gli rispose che si era preoccupata e voleva sapere se fosse ancora vivo.

«Con quel criminale a piede libero stare fuori di notte non è una buona idea» disse alzando la voce. Non aveva dormito e la colpa era sua.

«Scusami, dovevo avvertiti. Ho dormito in macchina» le rivelò e lei lo guardò perplessa.

«Ma Diego mi aveva detto che avevi dormito da Brooklyn, lo pensavo anche io, devi dirmi qualcosa?» gli chiese guardandolo negli occhi. Ecco spiegate quelle chiamate che Diego le aveva fatto; voleva avvertirlo ma il cellulare non l'aveva sentito di striscio. Cercò per bene cosa dirle, una frase fatta, costruita per bene con un alibi fermo. Ma i suoi occhi, con quel suo sguardo, non gli era possibile. Era come se avesse il Veritaserum di Severus Piton.

«Non volevo disturbare e in primo luogo volevo tornare al campus ma non me la sentivo di guidare» spiegò, e lei sembrò capirlo. Francesco stava cominciando a sudare, quel che era successo doveva restare in quell'appartamento, e se fosse dovuto uscire la responsabilità sarebbe stata tutta sua.

«Stavo per chiamare Brooklyn...» gli disse la ragazza. Una volta entrata l'insegnante gli sussurrò un tenero: «Mi sei mancato», seguito dal suo modo di dire "Ti amo". Si era salvato, come quella volta a calcetto alla finale del campionato.

Da quando era a Los Angeles non seguiva il calcio, molte volte Diego l'aveva invitato a giocare a football e lui accettava con piacere. Era un gioco troppo violento per i suoi gusti, ma lo faceva sfogare ogni volta. A fine lezione, Piper e Francesco andarono fuori dalla struttura scolastica. Il cielo era limpido e faceva caldo, così decisero di sedersi a una panchina vicino al prato. Parlarono della lezione giornaliera finché la ragazza non buttò fuori l'argomento di quella sera.

«Cosa aveva Brooklyn?» gli chiese, e Francesco doveva cercare una via d'uscita da quel guaio, pensava che tutto fosse passato e che poteva godersi la giornata. Alla fine, optò dicendole che voleva compagnia per via di un litigio con la sua ragazza. Annuì e lo baciò con dolcezza, quanto le mancavano le sue labbra che sapevano di vaniglia. Il suo solito burrocacao alla vaniglia rendeva il bacio ancora più morbido e dolce. Le loro lingue danzavano come due ballerini che non si vedevano da anni dall'ultima gara di ballo. Si staccarono entrambi per poi abbracciarsi, il suo tocco dolce e il suo profumo non avevano niente di simile a quelli di Paige o di Nicole. Lei era completamente diversa, lo sapeva. Non sapeva essere provocante come Paige o sfacciata come Nicole, ma sapeva amare incondizionatamente una persona. Si chiedeva cosa gli fosse frullato quella sera, odiava essere come gli altri. Accompagnò Piper nel dormitorio e una volta baciata ed essersi staccato controvoglia da lei chiamò Diego durante il tragitto.

«Ti va di fare qualche tiro? Ho bisogno di sfogarmi» gli disse, e accertandosi che avesse confermato posò il cellulare e cominciò a correre. Corse cercando di superare ogni problema, lasciandolo alle spalle. Ma ogni volta riusciva a raggiungerlo, la paura di essere mollato, di essere scoperto e quella scena che non riusciva a rimuovere.

Arrivò al campo, Diego era lì con quattro ragazzi che apparentemente dovevano avere la sua stessa età. «Eccolo», disse ai ragazzi per poi venirgli incontro. «Facciamo una partita a sei?» gli chiese a Francesco con grande sorriso.

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