_.-° Capitolo VIII °-._

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Lo stallone sorrise al suono del suo nome, ma non disse nulla, limitandosi a farsi ancora più vicino. Il cuore le batteva così forte dopo essersi fermato che non riusciva minimamente a sentirlo. Nelle sue orecchie pulsava ancora la musica e il suo corpo era accaldato per l'alcool e il ballo sfrenato a cui si era dedicata fino a poc'anzi. Lentamente, sempre con l'impressione di trovarsi in un sogno, lasciò che lui si avvicinasse, sfiorandolo appena con i polpastrelli. C'era qualcosa di strano in quei sembianti.. era come se fossero sfocati, come se avesse la vista annebbiata. Era sicuramente colpa dell'alcool, o più probabilmente delle lacrime che iniziarono senza alcun preavviso a bagnarle le guance.
«Eldal.. sei davvero tu.. Eldal..»
Continuava a ripetere il suo nome come una nenia. Non riusciva a credere di averlo trovato. Non riusciva a credere che fosse lì, davanti a lei. E che si stesse avvicinando al suo volto. Ancora di più. Sempre di più..
Taynarim chiuse gli occhi e si lasciò andare a quel momento. Le sue labbra si posarono su quelle del centauro, ma si accorse quasi subito che qualcosa non andava. Non era da lui. Non si sarebbe mai permesso. E neanche lei se non fosse stata sotto l'effetto di quella bevanda che Priapo le aveva offerto. Con un nodo stretto in gola, Taynarim si allontanò, avvertendo tutto il dolore di quel distacco improvviso, e quando i suoi occhi si posarono nuovamente sul suo perduto amico, si ritrovò ancora una volta a doverli sgranare.
La Changeling dalle fattezze floreali era di nuovo davanti a lei, questa volta con un gran sorriso sulle piccole labbra e l'espressione di chi aveva appena ottenuto ciò che voleva.
Spaesata, Taynarim si guardò intorno, alla ricerca di Eldal, ma con angoscia si rese conto che tutto ciò che era avvenuto era stato frutto di un'illusione. Una perfida, sadica illusione. Con gli occhi arrossati dal pianto e dall'ira, la giumenta strinse i denti e i pugni già pronta a colpire, ma la Changeling che l'aveva ingannata era sparita. Le aveva sottratto il suo primo bacio ed era fuggita, proprio come una ladra senza scrupoli.
«Uwë'lisaaaaa!! Vieni fuori, maledetta fetente!! Me la pagherai!!»
Il suo grido iracondo fece voltare molte teste, ma nessuna era quella che cercava. Decisa a stanare quella piccola creatura infida, marciò rapida attraverso la folla, spostando con malagrazia chiunque le capitasse a tiro. Non era più una giumenta, era una Furia!
Mentre ancora si destreggiava nella calca con l'adrenalina a incrementare il suo stato nervoso, una mano si fermò sulla sua spalla, e Taynarim si voltò pronta a colpire chiunque avesse osato toccarla. Si fermò appena in tempo per non sfigurare il volto innocente e sperduto di una centaura dai dolci occhi grigi.
«Tu sei l'amica di Gawyl, vero? La giumenta di Passolungo..» le chiese incerta fissandola quasi spaventata dopo un attimo di esitazione.
Ritirando il braccio e costringendosi ad allungarlo al proprio fianco scrocchiando le nocche, Taynarim rispose con un gesto secco della testa, che fece molleggiare le treccine come tanti piccoli serpenti albini.
L'altra le sorrise come se le avesse fatto un regalo meraviglioso e in un gesto del tutto inaspettato le gettò le braccia al collo.
«Allora danziamo insieme!»
Mentre si riprendeva dallo shock e cercava una risposta abbastanza acida da propinarle, uno strano suono si aggiunse a quello della musica. Era qualcosa di ripetitivo e acuto che stonava completamente con le note cupe della festa. Qualcosa che iniziò a farle martellare un sordo mal di testa nei recessi della mente.
Il suono si fece sempre più vicino, attirando l'attenzione di tutti gli invitati, e quando Taynarim fu sul punto di scoppiare in un altro accesso di rabbia, una luce bianca e totalmente fuori tema con la festa la colpì in pieno volto.
Tentando di riparare la vista con una mano, la centaura si sciolse dall'abbraccio scomodo dell'altra, e si concentrò sui rumori che avvertiva. Era ovviamente un fruscio dovuto a quell'aggeggio volante, ma non capiva ancora come fosse fatto e come riuscisse a rimanere sollevato da terra. Aveva forse delle ali?
Mentre rimaneva ferma a cercare di rispondersi, l'amica di Gawyl, nella quale aveva infine riconosciuto Lelen Dwenla, la prese per mano e la strattonò con più forza di quanta gliene avrebbe data. Taynarim si voltò a fissarla con aria truce, ma vedendola spaventata si crucciò severamente.
«Scappiamo!» le gridò la giumenta cremello, tentando di trascinarla via da quella luce accecante.
«Cosa? Perché?» le chiese confusa.
Con un rapido sguardo d'intorno, si rese conto che tutti i partecipanti si stavano dando alla fuga, chi nella foresta vicina, chi attraverso i Portali. Alcuni addirittura cercavano di sfondare la testuggine compatta creata da strani individui vestiti di nero che marciavano nella loro direzione, ovviamente senza successo.
Mentre ancora cercava di assimilare quel nuovo evento, Taynarim si lasciò guidare dalla giovane giumenta, che a sua volta sembrava seguire qualcuno davanti a lei. Nonostante la musica assordante ancora in auge, la centaura poté distinguere chiaramente una voce roboante provenire dall'alto come un frastornante ordine divino.
«Fermi tutti! Questa è una retata! Non costringeteci a farvi del male! Arrendetevi e seguiteci senza fare confusione! Se collaborerete vi assicuriamo clemenza! I fuggitivi verranno ritrovati e puniti secondo la Legge! Ripeto: fermatevi e avvicinatevi con calma! Chiunque si opporrà all'arresto con la violenza verrà neutralizzato!»
«Forse dovremmo arrenderci!» esclamò in direzione della giovane giumenta davanti a lei.
Quegli uomini rappresentavano le Guardie del Regno e lei non aveva alcuna intenzione di essere etichettata come una criminale. Oltretutto, a una rapida occhiata, riusciva a scorgerne molti di più di quanti fossero loro fuggitivi e dubitava dunque che sarebbero riusciti a scappare.
Lelen si voltò a fissarla come se fosse impazzita e per contro cercò di aumentare l'andatura continuando a tenerla saldamente per un polso.
«Se ci prendono finiremo nelle liste nere delle Sentinelle! Non potremo più girare liberamente per le città senza essere additate e controllate, e dovremo rinunciare a tutte le feste di Priapo!»
Taynarim aggrottò la fronte sentendola parlare così, ma fra tutte le domande che le frullavano in testa, una arrivò alle labbra prima delle altre.
«Anche tu conosci Priapo Spugnus?»
L'altra si voltò nuovamente a fissarla come se non credesse alle proprie orecchie e lei si crucciò di nuovo davanti alla sua espressione esterrefatta.
«Tutti conoscono Priapo Spugnus e le sue feste! E' il Capo Saggio dei Satiri! I suoi avvenimenti sono leggendari!»
Mentre la mascella rischiava di slogarsi e crollarle a terra, Taynarim avvertì qualcosa di pesante caderle addosso e dividerla da Lelen. Entrambe le centaure finirono a terra sotto il peso della grossa rete metallica, e nonostante i loro tentativi di liberarsene, finirono solo con l'impigliarsi ancora di più nella sua trama.
Prima di rendersene conto, erano già circondate da sei Sentinelle armate, pronte a stordirle con qualsiasi mezzo pur di renderle docili e innocue.
«Ferme! Siete in arresto! Alzate le mani e tenetele in vista! Non fate movimenti bruschi, non vogliamo incidenti!»
La voce che le arrivò era alta per superare la musica e storpiata da qualcosa come metallo, anche se non riusciva a capire come fosse possibile. Quella Sentinella aveva forse ingoiato delle monete per parlare a quel modo?
Seguendo le istruzioni che le erano state date, Taynarim continuò a fissare intensamente gli uomini che le tenevano sotto tiro, cercando di capire che razza di armi fossero quelle che stringevano tra le mani. Non aveva mai visto niente del genere, tanto meno qualcosa che potesse somigliarvi.
Alcuni singhiozzi arrivarono al suo udito nonostante la confusione generale, ed alzando lo sguardo su Lelen la trovò preda di una crisi isterica, mentre cercava di tenere le braccia alzate e al contempo di nascondere il volto distrutto dal dolore.

«Sei ferita? Ti sei fatta male?» le chiese preoccupata.
Per tutta risposta, l'altra cacciò un urlo che di centauro aveva ben poco, prima di singhiozzare copiosamente e rivolgersi a lei cercando di farsi intendere in mezzo alle lacrime.

«Se lo scopre mia madre, mi ucciderà!»
Basita da quella risposta, Taynarim lanciò uno sguardo alle Sentinelle. Forse avrebbe potuto chiedere aiuto a loro per sottrarsi a quei piagnistei da puledra in fasce.. magari le avrebbero prestato una di quelle armi tanto affascinanti per stordire la centaura cremello e far riposare i suoi poveri timpani martoriati. O magari avrebbe potuto chiedergli di stordire lei, così non avrebbe dovuto sorbirsi le lamentele dell'altra.. perché era sicura che dopo il pianto, quella giovane scapestrata se la sarebbe rifatta con lei per quanto accaduto. E allora sapeva bene che glielo avrebbe fatto rimpiangere.. molto amaramente.


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