18.

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Era mattina ed io ero distesa sul letto con lo sguardo perso oltre i vetri del balcone.
Osservavo due colombe sulla ringhiera, così vicine, dolci, intente a coccolarsi e ad amarsi.
Per loro non era tutto estremamente complicato.
A loro non importava chi l'altro fosse, cosa dicesse di essere, cosa facesse.
Si amavano? E ciò bastava ad unirli.
Ma poi una di esse volò via.
L'altra restò lì, immobile, sola, ad osservare la sua compagna fuggire, andare lontano da lei.
Ecco, io mi sentivo esattamente come quella creatura.. Abbandonata, tremendamente sola, vuota.

Tutte le volte che ci vedevamo era sempre così. Ad un passo dall'amarci e a due dal detestarci.

Ci ritrovavamo vicini, con le sue mani sul mio viso, i suoi occhi nei miei e le nostre labbra a un millimetro dal baciarsi.

Ma, puntualmente, qualcosa lo impediva.

Fino a quel sabato di metà marzo.

Eravamo ad una festa, non c'erano più posti a sedere e lui mi prese in braccio, facendomi accomodare sulle sue gambe.
La musica aleggiava nell'aria, l'odore di alcool e fumo ci stordiva, i nostri corpi stretti l'uno nell'altro, appagati, protetti, sicuri, rilassati, fottutamente 'a casa'.
Mi stringeva forte a sè, mi dava qualche bacio sulla spalla e mi faceva ondeggiare dolcemente a destra e poi a sinistra, respirando il mio profumo e immergendo il suo viso nei miei capelli.
Già.
Noi eravamo lì, su quella poltroncina, con i cuori che battevano all'unisono, vicini all'amarci.
Lì, davanti a tutti, senza il bisogno di provare piacere fisico.
Noi eravamo oltre.
Facevamo l'amore con gli occhi, con i cuori che danzavano un valzer armonioso, con le mani che scivolano delicatamente sulla pelle e baci che provocano brividi.
Mentre gli altri ballavano a passi lenti il caraibico.

Una canzone richiamò la sua attenzione
-Vieni, andiamo a ballare- mi tirò.
-Ma io non so ballare!- urlai arrossendo.
Fece finta di non sentire e mi strinse a sè.
Iniziò a muoversi, prima a destra e poi a sinistra. Mi fece girare e tutto sembrava così facile.
Tra le sue braccia anche la vita sembrava uno scherzo del destino.

Però, ancora una volta, qualcosa richiamò la sua attenzione.

-Scusa, devo uscire- disse serio.

Mi lasciò al centro della pista e andò via.
Il mio corpo venne invaso da brividi.
Ma non i soliti che era lui a provocare. No, erano brividi di freddo.
Rivolevo le sue braccia calde attorno alla mia vita, le sue mani sui miei fianchi, il suo corpo unito al mio e il suo respiro sul mio collo.
Fui colta da una strana sensazione.
Era cone cadere nel vuoto.
Senza alcuna via di scampo.

Rimasi lì, immobile, al centro della pista, tra tante coppie che danzavano sensuali, ognuno stretto al proprio partner, con le mie braccia che si intreccavano al petto in cerca di conforto.

Sentii delle mani che mi ripresero a ballare, sobbalzai.
Ero una stupida, avevo pensato che fosse scappato via e invece no, lui era tornato da me.
Mi voltai e guardai colui che ancora aveva le mani poggiate sui miei fianchi, ma non era Tiziano.

-Ciao Elena! Da quanto tempo!- era Andrea, un vecchio amico trasferitosi all'estero per studi.
Rimasi delusa, ancora una volta.
Non che mi dispiacesse aver incontrato nuovamente un amico di vecchia data, per carità!
Ma in quel momento avevo bisogno di Tiziano.
Di nessun altro. Solo di lui.

-Ehi, da quanto sei tornato? Avresti potuto avvisare- dissi sorridendo in modo falso.

-Sono qui da qualche giorno, ti va se usciamo fuori a parlare un po'?-

Annuii e uscimmo.
Ci sedemmo su un muretto e davanti a noi con mia enorme sorpresa, c'era Tiziano.
Con una ragazza.
Bella. Bellissima.
Oserei dire, perfetta.
Lei sembrava arrabbiata.
Gesticolava molto e parlava velocemente.

Lui la sollevò e la fece sedere su un muro.
Si piazzò tra le gambe di lei e la strinse a sè tranquillizzandola.
Carezzandole dolcenente i capelli e sussurandole all'orecchio qualcosa che non fui in grado di comprendere.
Poi si baciarono.
E il mio cuore si frantumò.
Un colpo solo.
Mille pezzettini.

-Grazie per l'ascolto- disse in maniera ironica Andrea, riportandomi con lo sguardo e i pensieri a lui.

-Scusa, mi sono distratta- e forzai un sorriso.
Tornai ad ammirare e, perdonatemi ma anche invidiare, la 'nuova' (che io sappia) coppietta.
Stavano ancora baciandosi.
Forse avrei dovuto portargli un letto.

Ero così tremendamente infastidita, arrabbiata, gelosa.. Ma anche triste, delusa.
Non avrei mai potuto prendere il posto di colei che in in quel momento stava beandosi della dolcezza dei suoi baci, della morbidezza delle sue labbra, della delicatezza delle sue mani, del calore delle sue braccia, del suo dannatissimo profumo che faceva fare capriole al cervello.
Lei aveva tutto ciò che io desideravo ardentemente, ma che non potevo ottenere.

-È la fidanzata- disse dopo qualche istante di silenzio, volgendo lo sguardo dove lo avevo distrattamente puntato io.

-C-cosa?- balbettai presa alla sprovvista.

-Stanno insieme da circa un mese, li ho incontrati ieri e me l'ha presentata- sussurrò come se non volesse farsi sentire, aveva paura della mia reazione.

Volevo morire, fulminata all'istante.

E allora perchè ci provava con me?
Perchè non prendeva le distanze?
Perchè non mi aveva detto nulla?
Perchè continuava ad illudermi, a darmi qualche speranza se non ne avevo?
Mi aveva distrutto, logorata lentamente. Come un veleno letale che tortura ogni singola cellula del corpo prima di lasciarlo senza vita.

-Però non c'è confronto, ho visto come ti guarda. Lui vuole te- aggiunse.

-Non credo proprio- sussurrai con le lacrime agli occhi, mi alzai e andai a cercare Chiara. Avevo bisogno di lei, solo lei ora avrebbe potuto aiutarmi.

Desiderio di averti mio Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora