6. Io mi fido di te.

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Quel giorno il cielo prometteva pioggia, i due avrebbero voluto passare del tempo assieme, furono quindi costretti a lasciare il parco.
-E ora? Sta per piovere, cavolo.- Corrucciò la fronte, assumendo una adorabile espressione e infilandosi il cappuccio della felpa. Dylan non poté fare a meno di sorridere, trovando maledettamente carino quel pulcino nero.
Quest'ultimo si stava già avviando verso l'uscita del parco, lasciando Dylan imbambolato nei suoi pensieri.
-Allora? Che aspetti? Muoviti, andiamo da me, non c'è nemmeno mia madre a cas...- Prima di concludere la frase, contenente involontari doppi sensi, si tappò istintivamente la bocca, arrossendo di botto. Dylan, che lo stava raggiungendo, scoppiò a ridere e senza lasciargli il tempo necessario per sprofondare nell'imbarazzo, gli corse in contro e se lo caricò in spalla a mo' di sacco di patate.
-Dylan! M-Mettimi immediatamente giù!- Cominciò a battere i gomiti sulla schiena dell'altro, arrossendo come mai aveva fatto, il tutto invano e sotto le risate del più grande.
-Te li strappo tutti quei piercing!- Sbottò il corvino, agitandosi sempre di più.
Oh, Brian probabilmente avrebbe morso e leccato quell'anello nero che aveva sul labbro inferiore... ehm, cioè, lo trovava carino, sì, carino...
-Allora, se entro due secondi non mi metti giù...- Ma non fece in tempo a finire la frase che Dylan inciampò su un sasso e insieme caddero sul prato.
Entrambi scoppiarono a ridere, Brian fece una piccola smorfia a causa del dolore al sedere, dato che lo aveva appena sbattuto per terra.
Un po' doloranti, si aiutarono a vicenda a rialzarsi.
-Scusami! Ti sei fatto male?- Domandò preoccupato Dylan.
-Un po'...- ridacchiò, massaggiandosi il sedere e grattandosi imbarazzato la nuca. -Scusa! Scusa!- Esclamò l'altro, agitandosi.
Una goccia di pioggia cadde sul naso all'insù del più piccolo, distraendoli,  entrambi alzarono il viso e capirono che stava per iniziare a piovere.
Senza esitare, Dylan prese la mano del più piccolo e corse fuori dal parco.
-Da che parte è casa tua?- Gridò Dylan, correndo sempre più veloce. -Da quella parte.- L'altro annuì, seguendo la piccola stradina che Brian gli aveva indicato.
-P-Puoi anche lasciarla... la mia mano...- Provò a dire il più piccolo, ansimando per la corsa, ormai era diventato un pomodoro.
-Cosa ti fa credere che io la voglia lasciare?- Per fortuna era davanti e girato, così non poté vedere la faccia imbarazzatissima del corvino, anche se probabilmente aveva sentito il suo battito cardiaco esageratamente e improvvisamente accelerato.
Dopo una corsa sotto la pioggia, fradici da capo a piedi, riuscirono a raggiungere la casa di Brian.

Appena entrati e, essendo completamente bagnati, Brian decise che sarebbe stato meglio cambiarsi. Cominciò a scaraventare vestiti dal proprio armadio, innervosendosi, mentre Dylan cercava di trattenere le risate.
-Accidenti! Non trovo nessuna maglietta di ricambio della tua taglia... Aspetta! Posso dartene una di mio padre, tanto non penso se ne accorgerebbe, ne ha talmente tante!- Disse Brian, rigettando alla rinfusa le proprie cose nell'armadio.
-Oh Dio, grazie!- Rispose Dylan, lieto che presto avrebbe tolto quella fastidiosissima maglietta bagnata.
-Okay, seguimi...- Insieme si diressero verso quella che Dylan presunse fosse la camera dei suoi genitori. Mentre Brian cercava nell'armadio del padre, l'altro si guardò attorno, quella stanza dava l'idea di una coppia davvero unita; il letto matrimoniale era ricoperto da delle lenzuola completamente rosa e con fiori del medesimo colore. "Sicuramente una scelta della madre", pensò divertito Dylan.
Poi, qualcosa lo attirò, ovvero una piccola foto che ritraeva tre bambini.
Si avvicinò e la prese in mano, subito riconobbe la testolina nera di Brian, da piccolo era il triplo più carino!
Gli occhioni oro erano quasi completamente nascosti dai già lunghi capelli neri. Era seduto tra altri due bambini, sembrava avessero entrambi poco meno della sua età. Essendo figlio unico gli venne un'enorme nostalgia mista a tristezza, avrebbe tanto voluto avere un fratellino più piccolo da strapazzare tutto il tempo. Ma poi si accigliò, Brian non aveva mai parlato di due fratelli, gli aveva detto di averne solo uno.
Il più piccolo si accorse di Dylan, abbandonò la maglietta del padre e si avvicinò, notando che in mano aveva quella foto... ecco, non avrebbe mai voluto che ciò accadesse.
-Oh... quelli siamo io ed Oliver, l'altro bambino...-  Cominciò, con voce tremante, quella foto per lui era un brutto ricordo. Dylan lo guardava attento negli occhi, ormai lucidi, leggendovi immensa tristezza.
-L'altro è... mio fratello Angel, in quella foto aveva circa quattro anni, mentre io solo sette...-  La voce si stava incrinando, quasi non riuscì a completare la frase. Dylan si accorse dell'enorme cambiamento del ragazzo, posò una mano sulla sua guancia, accarezzandolo dolcemente, per incoraggiarlo.
-Lui... ci ha lasciati quasi dieci anni fa.- Dylan sgranò gli occhi, pentendosi di aver toccato un tasto dolente.
Avrebbe volentieri preso quel ragazzino, portato via da tutto quel male che aveva subito e da quello che lui stesso avrebbe dovuto infliggergli ma che cercava di fermare.
-Dio, Brian... m-mi dispiace tantissimo.- Lo abbracciò talmente forte che quasi Brian non poté respirare.
-È tutto okay... è passata.-
Per quanto fosse forte quella presa, lui si lasciò trasportare da quel calore che tanto amava.
Le lacrime avevano deciso di uscire, su quel viso donavano a Brian un aspetto da cucciolo smarrito.
-Mio Dio... come mai non me ne hai mai parlato?- Domandò il più grande, dopo essersi staccati, asciugando le sue lacrime coi pollici.
-Non mi piace parlarne con chiunque... ma mi fido di te e a te voglio dirlo, perchè in fondo, sei una persona speciale per me.- Mormorò, sorridendo tra le lacrime.
Si sciolse, ogni cosa non aveva più importanza, ecco cosa voleva dire innamorarsi; voler proteggere ad ogni costo una persona.
Entrambi si sedettero sul materasso, Dylan aveva le mani del più piccolo tra le proprie. Poi Brian cominciò a parlare.
-Eravamo inseparabili... Ero il suo punto di riferimento, il suo migliore amico, la sua guida... come un bravo fratello maggiore deve essere.- Sorrise, al ricordo del suo fratellino.
-Tutto accadde quando, un giorno, mamma fu costretta a rimanere a letto con la febbre, non mangiava e a stento riusciva a stare in piedi.
Io avevo solo otto anni, ero il più grande e, come tale, mi sentivo responsabile, anche se a quell'età non si è proprio in grado di capire.-
Dylan aumentò la stretta sulle mani del corvino, per incoraggiarlo a continuare.
-Angel amava aiutare mamma a cucinare, ogni volta diceva: "Io diventerò un cuoco!"- Singhiozzò, tirando su col naso.
-Per me era normale vederlo vicino ai fornelli... fu un grave errore quando lo lasciai fare... Si arrampicò su una sedia posta davanti ad una grossa pentola piena di acqua bollente...- Prese un grosso respiro, asciugandosi le numerose lacrime che continuavano ad uscire.
-Io... è... è stata tutta colpa mia.-
-Dio, Brian... ti prego non dire così, eri solo un bambino, come puoi darti colpe che non hai?- Prese la sua testa fra le mani, perdendosi nei suoi occhi.
-Non passa giorno in cui io non ci pensi... soprattutto per mia madre... fu un duro colpo per lei, che ancora non riesce a darsi pace... perdere un figlio dev'essere la cosa peggiore che possa capitarti... come lo è perdere un fratello.- Si lasciò cullare dalle braccia che lo stavano nuovamente stringendo.
-Basta... i-io... non voglio più parlarne... non pensavo che avesse fatto così male ricordarlo.-
-Mi dispiace tantissimo Brian, n-non avrei dovuto farti continuare.- Sì era commosso persino lui, aveva gli occhi lucidi.

Si dice che 'la speranza è l'ultima a morire', se è veramente così, allora Dylan prese una decisione; avrebbe  fermato quel mostro.

-Scusa.- mormorò, mentre il più piccolo si stava aggrappando a lui come se fosse la sua unica salvezza.
-P-Perchè... ti scusi?- Chiese Brian accigliato, mentre il labbro inferiore non aveva smesso un attimo di tremare.
-Scusami... i-io devo andare.- L'altro si staccò dall'abbraccio e puntò gli occhi dorati e liquidi nei suoi azzurri.
-Dylan... ti prego, resta.- Tentò di convincerlo Brian, posando la testa sul petto del più grande, che subito cominciò ad accarezzare i suoi capelli.
-Brian io... devo andare, non posso restare qui.- Perchè faceva così male dover lasciar andare una persona?
-Cerca di capire, io tornerò, ma è adesso che devo andare.- Lo guardò negli occhi, non stava mentendo, lui sarebbe tornato. E Brian si fidò, anche se non fu affatto facile lasciare quel corpo caldo.
Dylan doveva tentare di fermare quel pazzo di suo zio e solo in quel momento era sicuro che l'avrebbe trovato dove sapeva.
A malincuore dovette lasciare Brian, faceva malissimo, non avrebbe mai voluto lasciarlo in quello stato, ma se volerlo salvare significava questo, allora non avrebbe esitato a farlo.
Si alzò, trovandosi in piedi davanti al più piccolo, abbassò di poco la testa, facendo sì che le labbra si sfiorassero, chiudendole in un dolce bacio.
Brian arrossì, non fece in tempo a formulare ciò che era appena accaduto che l'altro era già uscito dalla casa, lasciandolo sbigottito e completamente confuso.

Niente è mai come sembra. [Concorso yaoi]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora