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A/N: cari ragazzi, vi ringrazio per continuare a leggere questa storia. Commentate tutte le volte che potete! So che a molti sta dando fastidio il comportamento di Harry, ma non disperate.

Niente è mai perduto completamente.

Aria

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07/12/2016 - Londra


Non potevo pretendere che il tempo scorresse più velocemente del solito. Non potevo pretendere che il tempo che sarebbe servito ad entrambi per poterci finalmente ricongiungere passasse in un istante e finisse prima che me ne potessi rendere conto.

Terminare un libro di trecento pagine richiede il suo tempo. Puoi provare a ottimizzarlo, a organizzarlo, ma non a ristringerlo drasticamente.

Un battito di ciglia richiede invece un tempo infinitesimale.

Quel giorno desideravo che la nostra lontananza diventasse rapida come un battito di ciglia. Ma ovviamente il tempo è scandito secondo regole rigorose e immutabili. Per quanto intensamente lo desiderassi, non avrei potuto ottenerlo.

Non avrei potuto stringere Paige fra le mie braccia. Non in quel momento. Non subito.

Eppure, mentre rileggevo la parte finale di Jane Eyre sulla metro, quel desiderio divenne più intenso e doloroso che mai. Fui anche solleticato dall'idea di raggiungere l'aeroporto, di prendere il primo aereo per Boston e di farmi trovare da lei con una voglia urgente di baciarla e di riaverla con me.

E probabilmente l'avrei fatto, se quella mattina non avessi deciso di andare a parlare con Zayn.

Scesi alla fermata più vicina a Trafalgar Square e andai spedito verso l'Incrocio della musica per poter finalmente chiarire la situazione con il responsabile della sofferenza nella quale Liam stava affogando, notte dopo notte.

"Harry..."

Mi guardò con uno sguardo che non seppi decifrare: incazzato, frustrato, colpevole oppure semplicemente spossato.

Mi chiesi da quante notti non dormisse anche lui. Erano entrambi caduti in uno stato di afflizione e tormento che non lasciava trovare a nessuno dei due un momento di stallo, di riposo. Di resa.

"Come sta Liam?"

Non gli risposi. Dovevo ancora trovare le parole giuste con cui organizzare il discorso che avevo pensato durante il tragitto sulla metro.

"Cazzo, Harry..." mormorò, passandosi una mano sulla fronte. Era in lotta con se stesso. "Perché glielo hai detto? Avrei risolto tutto, l'avrei lasciata, sarei tornato da lui... lo amo. Ti prego, digli che lo amo. Diglielo, per favore. Non dormo più per il pensiero che lui adesso possa odiarmi. Non mangio più immaginando che lui pensi che non lo ami più. Non ce la faccio a vivere così. E tu non avresti dovuto dirglielo. Perché glielo hai detto?"

"Da quanto tempo andava avanti questa farsa?"

Si ammutolì e mi fissò.

"Da tre settimane."

"A Liam hai detto un mese."

"Un mese fa l'ho conosciuta," mi corresse immediatamente. Prese una cartina e la riempì di tabacco; gliene cadde un po' sulla scrivania: gli tremavano le mani. "Non pensavo fosse così semplice, cazzo."

"Semplice cosa?"

Arrotolò la carta con le dita e leccò un lembo per incollarla con il tabacco dentro. Prese l'accendino e se l'accese.

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