Sotto le mura

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Il cielo, da lattiginoso, sta ormai iniziando a riempirsi, poco a poco, di un azzurro tipico delle più belle giornate estive, pur essendo pieno autunno, e il sole caldo batte sulla leggera armatura di Eva.
Si rende conto di essere un bagno di sudore, sotto i vestiti; i polmoni le bruciano, la vista è appannata a causa della stanchezza, ed ogni movimento provoca fitte lancinanti alle gambe.
Ma sta ancora correndo.
-Trentasettesimo giro, Mokalet! Non mollare ora!-
La voce di Ghiliar rimbomba nei suoi timpani, si fa strada fino al cervello e lo scuote. È frustrante essere osservata da un uomo impassibile che ti incita a non mollare, a continuare una corsa che ormai sembra non avere fine, se ne rende conto; ma allo stesso tempo deve dimostrare quanto vale, chi è: figlia di una Volpe, parte del Popolo.
Vuole esserne parte integrante e ingranaggio essenziale, in qualche modo...
Sente le mani di Ghiliar cozzare l'una sull'altra per l'ennesima volta, e scatta ancora; l'aria mattutina, fresca e ancora umida di rugiada, è fuoco nei suoi polmoni.
"Devi resistere Eva... Devi farcela. Cosa penseranno di te? Sei appena arrivata e già distruggi il tuo nome?"
-Forza! Spingi con quelle gambe,Mokalet!-; Ghiliar è nervoso: sembra quasi stia riversando la sua rabbia su di lei.
"Puoi farcela! Non è la prima volta che corri, e non sarà l'ultima..."
-Ancora un giro... Rallenta-.
La voce adesso sembra più lontana, sente il suo respiro confondersi con il rumore prodotto dai suoi piedi al contatto con l'erba e la terra.
Le mani battono di nuovo, ma il suono giunge flebile alle orecchie di Eva: la vista è più sbiadita rispetto a poco prima, le gambe fanno talmente male da non sentire più dolore.
Perde l'equilibrio e cade a terra improvvisamente, quasi senza rendersene conto, e un dolore lancinante la pervade nel momento stesso in cui sbatte al suolo con la testa.
È difficile muoversi, adesso, ma, se pur con molti sforzi, punta i gomiti sul terreno soffice e leggermente scosceso, e alza il busto:
È tutto poco nitido davanti a lei, ma nota che una pietra, alla sua sinistra, è macchiata di sangue: è lì che ha sbattuto la tempia, che ora, ad ogni pulsazione, le annebbia sempre più la vista e le provoca dolori strazianti, come se qualcuno, da quel punto, le stesse aprendo il cranio in due.
Sente passi lontani e affrettati , mentre la voce di Brea pronuncia il suo nome.
È decisa a girare la testa nella direzione dei suoni, in modo tale da rendersi conto della distanza alla quale si trovano i suoi compagni, ma appena ci prova lo stomaco si stringe e le provoca conati di vomito; i gomiti cedono e si ritrova nuovamente con il viso sull'erba, mentre le contrazioni si fanno più violente.
Il sapore dell'acido le pervade la bocca, si fa strada lungo l'esofago, fino a che la saliva non si impregna di succhi gastrici, costringendola a sputare liquidi biancastri chiazzati di acido, dopo ogni conato.
I passi sono vicini, ormai, così come la voce di Brea.
Chiude gli occhi, mentre il dolore alla testa e allo stomaco la pervadono; i conati si arrestano bruscamente, e nel momento stesso in cui una mano la tocca sviene, scivolando nel buio più profondo, allontanandosi dalle voci, dalla radura, e da se stessa.

Lampi di luce nell'oscurità. Colori diversi si sovrappongono nello spazio vuoto che la circonda; ciò che vede di se stessa è solo la mano, e un pezzo d'avambraccio, sopra il polso: ha il suo anello, e il Cristallo di Arn brilla come non mai.
Tutto torna buio per un istante, come se avesse sbattuto le palpebre.
È davanti uno specchio ora, che fluttua nel nulla, nello stesso spazio vuoto di poco prima. Ora però vede chiaramente se stessa riflessa,come se un potente faro la stesse illuminando dall'alto. Ma è davvero lei? Quasi non si riconosce: i suoi occhi sono gialli, le orecchie sormontate da peluria rossiccia e un ciuffo nero, i canini allungati....
È nella sua vera forma.
Ma qualcosa stona con tutto ciò, e la spaventa. Si avvicina di più allo specchio, per notare delle striature violacee insinuarsi tra l'ambra dei suoi occhi. Le vene, dalle sue clavicole, si irradiano lungo in collo e sotto la mascella, nere come carbone; prova a toccarle con le dita ma, nell'alzare il braccio, lo specchio riflette le sue unghie acuminate.
E sporche di sangue.
Il fluido rosso scuro cola lentamente lungo le sue mani, lasciando dietro di sé sottili scie scarlatte...
Di chi è quel sangue? Chi ha appena ucciso?

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