Missione suicida

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I due soli si intravedono appena dietro le montagne che cingono i confini del Nord, quando la Regina apre gli occhi nella stanza ancora scura.
L'incontro con i feudi del Sud e dell'Ovest è tra poco meno di due ore. La sua serva, Rori, non è con lei questa mattina, e di certo a lei non dispiace: odia ogni tipo di suono, appena sveglia, a meno che non sia strettamente necessario.Si dirige verso i bagni, attigui alla stanza: una grande vasca è già piena d'acqua, dalla quale si alza un fumo denso, che si dissolve nel vuoto.
Beladith si priva della leggera vestaglia che la avvolge e vi si immerge. Chiude gli occhi e sgombra la mente da qualunque cosa, concentrandosi unicamente sul discorso che tra non molto dovrà tenere davanti a metà dei rappresentanti del Regno. Non ha paura di eventuali sbagli, né tantomeno di chi siederà di fronte a lei, ma sa che, comunque, dovrà mantenere un atteggiamento impeccabile: lei è la Regina, e, in quanto tale, non può permettersi di sbagliare.

Al centro dell'atrio di fronte la scalinata che porta alla Sala Conferenze, Ghiliar, immobile, e dritto sulla schiena possente, attende Kim e Brea. Indossa l'armatura che ha sempre sfoggiato con grande orgoglio durante le riunioni formali tenutesi in quegli anni di permanenza al Covo: forgiata dai fabbri di suo padre, Ghirion, vent'anni prima, a Phan'rey, sua città natale e capitale del Nord; ne è rimasta ormai solo la corazza: un unico pezzo di acciaio nero, modellato a scolpire il busto prestante dell'uomo, con rifiniture in oro, che solcano le linee di pettorali e addominali; sul costato, fino alle scapole, e giù fino al bacino, su entrambi i lati, grandi intarsi disegnano petali regolari, sempre più grandi verso il basso. A completare il tutto, in vita, una piccola scultura anch'essa in acciaio nero, raffigurante un fiore di Bryun con i petali aperti, il pistillo in oro puro.
Tutti devono essere avvisati e non sa' quanto tempo dovrà passare a ripetere le stesse parole. È molto stanco, la notte è passata lenta e insonne: ciò che gli ha detto Kim la sera prima l'ha scosso, in qualche modo. Ha rimuginato a lungo sulle sue parole, constatando che, effettivamente, in quindici anni passati ad accudire sua figlia, da solo, dopo la morte della madre per darla alla luce, quello che le ha donato non è stato altro che ordini, imposizioni e solitudine. È cresciuta da sola, durante l'adolescenza, a parte i pochi amici che è riuscita a tenersi vicini. È sicuro che, per lui, sarà complicato provare a cambiare le cose, ma almeno vuole tentarci. Si è reso conto che, prima di essere una promettente guerriera, è colei che ha stravolto la sua vita, e che l'ha resa piena, per i primi anni. Deve riuscire a saldare nuovamente la complicità tra loro, così com'era quando ancora chiedeva il significato di ogni cosa che la circondava, spinta dalla curiosità che tutt'ora la rende così diversa da lui.
Mentre si perde nei suoi pensieri, Tenebra fa' capolino da dietro l'angolo del corridoio, con Brea a seguito; i loro abiti brillano alle luci soffuse delle fiaccole: la donna in un vestito lungo color cenere, e sua figlia avvolta da drappi di seta di un tenue verde, bordato d'argento.
China leggermente il capo al cospetto di entrambe, in segno di rispetto, e, nel momento in cui è rivolto verso sua figlia, ostenta un sorriso: è molto che non le sorride e Brea, accorgendosene, sgrana gli occhi; sembra quasi perplessa, ma ricambia a sua volta. Anche Kim coglie quel gesto così inusuale per il Comandante, e non può far altro che pensare che, la sera precedente, le sue parole hanno mosso qualcosa dentro di lui. Arriccia le labbra, soddisfatta di ciò che è riuscita a compiere.
-Buongiorno, Ghiliar. Pronto per la giornata che ci aspetta?-
-Si, mia Signora.-
-Bene, andiamo allora.-
Lo precede, dirigendosi verso la scalinata. Prima di scendere il primo gradino, però, si gira verso di lui.
-E... Ghiliar, non chiamarmi Signora. Mi fa sentire vecchia.-
C'è un attimo di silenzio, poi tutti e tre vengono scossi dai fremiti di una risata.
-Padre... andiamo?-
Ghiliar abbassa lo sguardo verso la figlia.
-Quello che mi ha detto Kim lo rigiro verso di te: non chiamarmi padre, mi fa sentire vecchio. Papà va più che bene. Ora andiamo, si sta' facendo tardi. Il Covo ci aspetta.-
Poggia una delle sue grandi mani sulla spalla della figlia, le sorride nuovamente e, insieme, iniziano a dirigersi verso la Sala Conferenze, stando dietro a Kim che, al bordo della scalinata, li sta' aspettando.

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