Chapter Six

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Mia:-E sono sempre lì...si catapultano dentro di me sgretolando quel  muro che ho costruito con forza e coraggio durante quegli anni  trascorsi lì, lì con loro. Su ogni mattone avevo inciso una  frase...una frase che avrei voluto sentirmi dire...avevo inciso le  parole mai dette, i sorrisi celati, i gesti mai mostrati, avevo  inciso le mie speranze e i miei sogni, convinta che non sarebbero mai  serviti a qualcosa, convinta che mi avrebbero mostrata debole agli  occhi di coloro che meritavano solo il mio odio e la mia vendetta. Su  ogni mattone di quel muro vedevo la vera me...vedevo la vita che  avrei dovuto intraprendere, la strada che avrei dovuto percorrere e  vedevo anche i baci e le carezze mai ricevute, un amore mai  corrisposto, le vene tagliate, il sangue sulle cosce e le schegge di  vetro di specchi rotti per via del rifiuto interiore ed esteriore che  provavo verso me stessa. In quei mattoni vedevo l'amore di una madre  e di un padre che mai è stato dimostrato, vedevo una madre incapace  di badare alla propria bambina, un padre troppo codardo per prendersi  le proprie responsabilità e una donna vestita di nero prendere fra  le braccia una bambina che non le è mai cresciuta in grembo. Lenti  brividi perseguitarono la mia vita, accapponandomi la pelle tuttora.Ancora ricordo il sapore delle lacrime e ogni istante smorzato da  flebili singhiozzi sotto le coperte. L'autunno era alle porte, come  in questo periodo, ma mai mi sarei aspettata di sentire così tanto  freddo in una sola notte, non mi sarei mai aspettata di sentire così  tanti insulti e grida di terrore...quelle stesse grida che si fanno  vive nella mia mente ogni notte, risvegliandomi da altri incubi  ricorrenti quel giorno.
L'odore  degli alberi spogli e delle foglie secche sull'asfalto, il vento che  accompagna ogni movimento, la polvere nell'aria e la freddezza negli  occhi delle persone, tutto mi riporta di nuovo lì...in quel  magazzino abbandonato, fra le catene e le sedie rotte. Fra il flusso  di immagini che si susseguono nella mia mente vedo delle vesti  strappate sul pavimento di mattoni, vedo due uomini...gli stessi di  sempre e con loro vedo una donna, il cui viso stanco nasconde  tristezza e disgusto...io ricordo di averle chiesto aiuto, la  implorai ma tutto ciò che ricevetti da ella furono solamente le sue  spalle e mentre vedono la sua sagoma diventare sempre più opaca e  lontana, anche la porta da cui entrai in precedenza mi parve  irraggiungibile. In quel attimo i petali di un fiore bianchissimo si  sporcarono di sangue e non rimase altro che lo sporco e il dolore a  farmi compagnia da quel momento in poi, questi e il mio corpo  sbranato sul terreno in attesa di un raggio di sole...un raggio di  sole che finora non è mai arrivato. Percepisco ancora la stretta  rude ai polsi, percepisco il sangue caldo rigarmi le cosce e la  faccia gonfia per colpa di quei pugni violenti, sento il vento  accarezzarmi le dita dei piedi scalzi, lo sento risalire su per la  spina dorsale scoperta fino a raggiungere la nuca bagnata di sudore.Che siano passati minuti...ore...dalla fine di quella tortura non  saprei dirlo neppure ora, ma di una cosa fui certa, nel momento in  cui iniziai a perdere le speranze la porta che pensai di aver perduto  per sempre si spalancò rivelandomi non la luce...ma un'intera  tempesta che da quell'attimo in poi mi avrebbe accompagnata  costantemente nella mia vita- "Signorina Lewis!"

Mark:Signorina Lewis -chiamai con tono deciso la ragazza che,indisturbata, continuava a dormire profondamente sul suo banco da  quando era entrata in classe mentre cominciavo a sistemare i miei  libri di testo dentro la valigetta in pelle, aspettando che la  campanella suonasse. Tutti fremevano dalla voglia di varcare quella  porta per uscire finalmente da qui, non credevo che le mie lezioni  potessero risultare davvero così pesanti e noiose. A quel pensiero  feci un leggero ghigno divertito fino a quando il suono della  campanella e la massa inferocita di bisonti mi risvegliarono dai  pensieri, il tutto accompagnato da uno sguardo tagliente  e contrariato che improvvisamente vidi posarsi su di me- Mi  spiace disturbare il suo riposino pomeridiano ma é l'ora di tornare  a casa. Comunque credo che dovrebbe bere del caffè per combattere  questa sua stanchezza e poi...non credo sia cosí pericoloso  ascoltare almeno una minima parte della mia lezione, potrebbe essere  utile imparare qualcosa di quello che é successo anni addietro dalla  sua nascita, che ne dice, Signorina Lewis? "Come se a qualcuno  importasse" Come ha detto? "Nulla...piuttosto vorrei tornare a  casa, sa il professore di Educazione Fisica ci ha lasciato così  tanti compiti che non so proprio da dove iniziare quindi con  permesso" -proprio nel momento in cui la vidi sporgersi per uscire  dal suo banco mi avvicinai bloccando ogni suo movimento, poggiai le  mie mani su di esso e ogni centimetro di distanza che cercava di  creare allontanandosi dal mio viso io lo colmavo avvicinandomi  sempre di più. Mi divertii lo sguardo alquanto scioccato che riuscii  a rubarle ma evitai di riderle in faccia, anche perchè mi avrebbe  picchiato di sicuro- Le é successo qualcosa in questi giorni che  magari l'ha costretta a non dormire piú la notte, Signorina Lewis?"C-come mi scusi?" Sa, io sono un docente il mio compito non  riguarda esclusivamente il vostro apprendimento, piuttosto ho anche  il dovere di ascoltare i problemi dei miei studenti e lei mi dà  l'impressione di una ragazza molto turbata "Oh ma non mi dica.."Si esatto Mia... -mi costava ammetterlo ma quella conversazione  iniziava a divertirmi- Può raccontarmi tutto se le va "Non credo  che una persona come lei voglia ascoltare i problemi di una  ragazzaccia come la sottoscritta, perciò mi limiterò a dirle  solamente una cosa..." -improvvisamente la situazione si catapultò  e in quel momento l'unico a dover arretrare fui io perchè degli  occhi grigi si immersero nei miei in un modo così magnetico da farmi  mancare il fiato, questi e delle labbra carnose ad un centimetro  dalle mie- "A  volte si pensa che raccontando cio' che ci perseguita o che ci fa  paura possa farci sentire meglio...ma la verita' che nessuno ancora  sa e' che dopo aver mostrato le proprie debolezze ad un'altra persona  questa le usera' per ferirla e a quel punto si renderà conto che in  realtà in questo mondo non si ci può fidare di nessuno e che di  conseguenza si devono risolvere i propri problemi da soli...questo  non c'è scritto nei suoi libri, non è così Professor Cooper?"-non  so spiegarmi il perché...ma ogni singola parola che usciva da quella  bocca sembrava stregarmi. La sua voce calda e roca, il modo in cui il  suo accento americano pronunciava il mio cognome era una cosa che mi  aveva mandato in tilt , proprio come può succedere con un bicchiere  di vino in più-"Professore..." -fece  per superarmi-"...se continuerà a domandare alle persone di questo posto come si  sentono, beh credo proprio che non riuscirà a sopravvivere a lungo  fra questo gregge di lupi affamati...con permesso" -mi  sorpassò senza degnarmi un altro sguardo e in silenzio rimasi ad  ascoltare il rumore dei suoi tacchi che riecheggiavano non solo in  quell'aula ma nell'intera scuola ormai vuota- Signorina Lewis"Si" -presi  un enorme respiro e mi voltai indietro verso di lei a quel punto  sulla soglia della porta- le  consiglio veramente di non addormentarsi durante le prossime  lezioni... le capita di parlare nel sonno -d'un  tratto vidi i suoi occhi incupirsi e un velo di ghiaccio posarsi su  quel viso di porcellana, una frazione di secondo e quella che era  stata un espressione beffarda si trasformò ben presto in uno sguardo  ardente- "Una  buona giornata, Mark

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