Mia:-E sono sempre lì...si catapultano dentro di me sgretolando quel muro che ho costruito con forza e coraggio durante quegli anni trascorsi lì, lì con loro. Su ogni mattone avevo inciso una frase...una frase che avrei voluto sentirmi dire...avevo inciso le parole mai dette, i sorrisi celati, i gesti mai mostrati, avevo inciso le mie speranze e i miei sogni, convinta che non sarebbero mai serviti a qualcosa, convinta che mi avrebbero mostrata debole agli occhi di coloro che meritavano solo il mio odio e la mia vendetta. Su ogni mattone di quel muro vedevo la vera me...vedevo la vita che avrei dovuto intraprendere, la strada che avrei dovuto percorrere e vedevo anche i baci e le carezze mai ricevute, un amore mai corrisposto, le vene tagliate, il sangue sulle cosce e le schegge di vetro di specchi rotti per via del rifiuto interiore ed esteriore che provavo verso me stessa. In quei mattoni vedevo l'amore di una madre e di un padre che mai è stato dimostrato, vedevo una madre incapace di badare alla propria bambina, un padre troppo codardo per prendersi le proprie responsabilità e una donna vestita di nero prendere fra le braccia una bambina che non le è mai cresciuta in grembo. Lenti brividi perseguitarono la mia vita, accapponandomi la pelle tuttora.Ancora ricordo il sapore delle lacrime e ogni istante smorzato da flebili singhiozzi sotto le coperte. L'autunno era alle porte, come in questo periodo, ma mai mi sarei aspettata di sentire così tanto freddo in una sola notte, non mi sarei mai aspettata di sentire così tanti insulti e grida di terrore...quelle stesse grida che si fanno vive nella mia mente ogni notte, risvegliandomi da altri incubi ricorrenti quel giorno.
L'odore degli alberi spogli e delle foglie secche sull'asfalto, il vento che accompagna ogni movimento, la polvere nell'aria e la freddezza negli occhi delle persone, tutto mi riporta di nuovo lì...in quel magazzino abbandonato, fra le catene e le sedie rotte. Fra il flusso di immagini che si susseguono nella mia mente vedo delle vesti strappate sul pavimento di mattoni, vedo due uomini...gli stessi di sempre e con loro vedo una donna, il cui viso stanco nasconde tristezza e disgusto...io ricordo di averle chiesto aiuto, la implorai ma tutto ciò che ricevetti da ella furono solamente le sue spalle e mentre vedono la sua sagoma diventare sempre più opaca e lontana, anche la porta da cui entrai in precedenza mi parve irraggiungibile. In quel attimo i petali di un fiore bianchissimo si sporcarono di sangue e non rimase altro che lo sporco e il dolore a farmi compagnia da quel momento in poi, questi e il mio corpo sbranato sul terreno in attesa di un raggio di sole...un raggio di sole che finora non è mai arrivato. Percepisco ancora la stretta rude ai polsi, percepisco il sangue caldo rigarmi le cosce e la faccia gonfia per colpa di quei pugni violenti, sento il vento accarezzarmi le dita dei piedi scalzi, lo sento risalire su per la spina dorsale scoperta fino a raggiungere la nuca bagnata di sudore.Che siano passati minuti...ore...dalla fine di quella tortura non saprei dirlo neppure ora, ma di una cosa fui certa, nel momento in cui iniziai a perdere le speranze la porta che pensai di aver perduto per sempre si spalancò rivelandomi non la luce...ma un'intera tempesta che da quell'attimo in poi mi avrebbe accompagnata costantemente nella mia vita- "Signorina Lewis!"Mark:Signorina Lewis -chiamai con tono deciso la ragazza che,indisturbata, continuava a dormire profondamente sul suo banco da quando era entrata in classe mentre cominciavo a sistemare i miei libri di testo dentro la valigetta in pelle, aspettando che la campanella suonasse. Tutti fremevano dalla voglia di varcare quella porta per uscire finalmente da qui, non credevo che le mie lezioni potessero risultare davvero così pesanti e noiose. A quel pensiero feci un leggero ghigno divertito fino a quando il suono della campanella e la massa inferocita di bisonti mi risvegliarono dai pensieri, il tutto accompagnato da uno sguardo tagliente e contrariato che improvvisamente vidi posarsi su di me- Mi spiace disturbare il suo riposino pomeridiano ma é l'ora di tornare a casa. Comunque credo che dovrebbe bere del caffè per combattere questa sua stanchezza e poi...non credo sia cosí pericoloso ascoltare almeno una minima parte della mia lezione, potrebbe essere utile imparare qualcosa di quello che é successo anni addietro dalla sua nascita, che ne dice, Signorina Lewis? "Come se a qualcuno importasse" Come ha detto? "Nulla...piuttosto vorrei tornare a casa, sa il professore di Educazione Fisica ci ha lasciato così tanti compiti che non so proprio da dove iniziare quindi con permesso" -proprio nel momento in cui la vidi sporgersi per uscire dal suo banco mi avvicinai bloccando ogni suo movimento, poggiai le mie mani su di esso e ogni centimetro di distanza che cercava di creare allontanandosi dal mio viso io lo colmavo avvicinandomi sempre di più. Mi divertii lo sguardo alquanto scioccato che riuscii a rubarle ma evitai di riderle in faccia, anche perchè mi avrebbe picchiato di sicuro- Le é successo qualcosa in questi giorni che magari l'ha costretta a non dormire piú la notte, Signorina Lewis?"C-come mi scusi?" Sa, io sono un docente il mio compito non riguarda esclusivamente il vostro apprendimento, piuttosto ho anche il dovere di ascoltare i problemi dei miei studenti e lei mi dà l'impressione di una ragazza molto turbata "Oh ma non mi dica.."Si esatto Mia... -mi costava ammetterlo ma quella conversazione iniziava a divertirmi- Può raccontarmi tutto se le va "Non credo che una persona come lei voglia ascoltare i problemi di una ragazzaccia come la sottoscritta, perciò mi limiterò a dirle solamente una cosa..." -improvvisamente la situazione si catapultò e in quel momento l'unico a dover arretrare fui io perchè degli occhi grigi si immersero nei miei in un modo così magnetico da farmi mancare il fiato, questi e delle labbra carnose ad un centimetro dalle mie- "A volte si pensa che raccontando cio' che ci perseguita o che ci fa paura possa farci sentire meglio...ma la verita' che nessuno ancora sa e' che dopo aver mostrato le proprie debolezze ad un'altra persona questa le usera' per ferirla e a quel punto si renderà conto che in realtà in questo mondo non si ci può fidare di nessuno e che di conseguenza si devono risolvere i propri problemi da soli...questo non c'è scritto nei suoi libri, non è così Professor Cooper?"-non so spiegarmi il perché...ma ogni singola parola che usciva da quella bocca sembrava stregarmi. La sua voce calda e roca, il modo in cui il suo accento americano pronunciava il mio cognome era una cosa che mi aveva mandato in tilt , proprio come può succedere con un bicchiere di vino in più-"Professore..." -fece per superarmi-"...se continuerà a domandare alle persone di questo posto come si sentono, beh credo proprio che non riuscirà a sopravvivere a lungo fra questo gregge di lupi affamati...con permesso" -mi sorpassò senza degnarmi un altro sguardo e in silenzio rimasi ad ascoltare il rumore dei suoi tacchi che riecheggiavano non solo in quell'aula ma nell'intera scuola ormai vuota- Signorina Lewis"Si" -presi un enorme respiro e mi voltai indietro verso di lei a quel punto sulla soglia della porta- le consiglio veramente di non addormentarsi durante le prossime lezioni... le capita di parlare nel sonno -d'un tratto vidi i suoi occhi incupirsi e un velo di ghiaccio posarsi su quel viso di porcellana, una frazione di secondo e quella che era stata un espressione beffarda si trasformò ben presto in uno sguardo ardente- "Una buona giornata, Mark"
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The Jesus Of Suburbia
FanfictionQuesto è il Bronx,la città che tutti temono,la città dei miserabili,dei pezzenti e dei delinquenti,la città che i figli di papà hanno etichettato in questo modo e noi da anni a questa parte,convivendo con questa realtà,abbiamo costruito delle mura c...