La quiete prima di Smaug

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Il lieve battito del suo cuore mi svegliò.
Vidi l'abbagliante luce che spirava tra le tende della finestra spalancata.
Il vento gelido dell'alba sfiorava il mio viso.
Con un gesto involontario i miei occhi si socchiusero.
Sfilai lento il braccio dal suo esile corpo avvolto tra le coperte e con gesti calmi e soffici strisciai via dal letto.
Mi diressi alla porta e, una volta sull'uscio, mi voltai.
Era così bella, i suoi capelli castani avevano la brillantezza dell'arcobaleno.
La sua pelle bianca, lievemente rosea sulle guance era come calamita per me.
I suoi occhi, bellissimi occhi blu ove mi specchiavo profondamente e mi perdevo nell'infinito del mio amore.
Mi ripresi da questo sogno ad occhi aperti e andai in cucina.
L'odore di biscotti mi fece fare un respiro profondo e sentii l'aria dolce attraversarmi il corpo.
Misi il bollitore sul fuoco del camino e impiegai le mie energie a spremere alcune arance che avevamo raccolto il giorno prima.
Andai a guardare i miei figli.
Dormivano dolcemente tutti e tre. (Sentivo dalla cucina il fastidioso sibilo del bollitore)
Andai dalle mie 2 figlie: la mia primogenita nel suo potente sonno.
Ogni tanto faceva degli scatti.
"Sarà un incubo" pensai.
L'altra mia figlia, la minore, stava dormendo nel letto affianco ed era così piccola e tenera. Tremava. Aveva 4 anni ai tempi.
E poi mio figlio, Bain, Forte e bello.
Era ancora giovane, ma aveva una grande forza e un potente coraggio.
Mi aveva sempre stupito.
In situazioni difficili, lui mi dava la forza di andare avanti. Resisteva al freddo gelido della montagna solitaria meglio di chiunque altro.
Il fischio stava diventando assordante: avrebbe svegliato tutti.
Così, corsi nella cucina, presi una pezza e tirai via dal fuoco il bollitore di ferro piuttosto ammaccato e arrugginito.
Versai in 4 bicchieri di metallo l'acqua ardente e cercai delle erbe aromatiche.
Stranamente non ce ne erano.
C'era solo una piccola pianta dai fiori bianchi: l'Athelas o foglia dei Re.
E' un'erbaccia che diamo di solito ai maiali, ma non ha un sapore così orribile.
La mischiai con cura e vidii l'acqua assumere un colore verdognolo.
Portai la spremuta e i "thè" a mia moglie e ai miei figli.
Sentivo il calore della tazza bruciarmi la punta delle dita.
Ero intento a dare l'infuso a mia moglie quando un rumore assordante, un verso atroce penetrò nelle mie orecchie. Feci cadere la tazza di metallo e sulle coperte il suo contenuto aveva creato una chiazza che emanava uno strano odore.
Guardai fuori dalla finestra e lo vidi.
Un essere squamoso e gigantesco con possenti zampe e zanne d'avorio simili a lance.
Ali larghe e forti lo sostenevano in aria.
Una coda lunga pendeva dal suo corpo e il suo petto aveva ad intervalli striature di fuoco. All'aprirsi delle sue enormi fauci delle vampate ardenti si liberavano nell'aria gelida dell'atmosfera creando nubi nere e bianche.
Un drago. Senza volerlo lo dissi ad alta voce e mia moglie entrò in panico.
Si alzò di scatto dal soffice giaciglio e si precipitò nella fredda stanza dei miei figli.
La seguii. Dietro di me sentivo i ruggiti feroci e famelici del drago.
I miei figli stavano sbirciando dalla finestra.
"Smettetela, non abbiamo tempo!"sentii la voce affranta di mia moglie che raccattava i vestiti sparsi per la casa e tutto ciò di essenziale.
Loro, terrorizzati, mi vennero ad abbracciare e Gilda, la più piccola, mi chiese "Papà, stiamo per morire?"
Cosa risponderle? Ogni tanto mi arrivava all'orecchio il congetturale verso del mostro e il rumore abbattente di torri rase al suolo con una semplice mossa della coda.
In cuor mio sapevo che non saremmo sopravvissuti, ma non potevo risponderle così.
Cercai allora di dirle di no sforzandomi di sembrare il più verosimile possibile.
Presi in spalla la sacca con tutti i beni che mia moglie era riuscita ad accumulare e ci precipitammo sulle scale, lei per ultima.
Quando fu uscita, il drago sputò il suo ardente fiato sulla nostra dimora.
Le fiamme avvolgevano i mobili e le varie stanze.
Il colore rosso e un vento caldo si proiettavano sulla faccia di mia moglie che restava immobile guardando quella scena.
Il suo sguardo si posò sulla tiara del matrimonio, ora avvolta da lumi fumanti che la sciolsero con facilità inaudita.
Prontamente chiuse la porta e le fiamme, tra gli spiragli, formavano piccoli fasci incandescenti.
Lei si buttò a terra poggiando sulle ginocchia e prese a piangere.
Ricordava tutti i suoi sacrifici per quella casa, tutti i suoi beni, tutti i regali che con tanto amore i suoi genitori, morti nella Grande Guerra, le avevano donato.
J.O.C.

Lo Hobbit/Il Signore degli Anelli: Le cronache di BardDove le storie prendono vita. Scoprilo ora