Il passato è ora alle spalle

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Restai a lungo seduto sulla costa guardando il lento cullare del fiume.
Nei miei occhi rivivevo quella scena, nelle mie orecchie tuonava il suono che la sua voce spezzata produceva e sulle mie mani sentivo ancora il sangue proveniente dalla sua testa.
Ero affranto, ma non potevo indugiare lì a lungo.
Mi feci forza e mi rialzai. Mi guardai intorno. Tutti i nani di Ereborn e tutti gli uomini di Dale si stavano preparando ad andare via.
C'era chi andava ad Esgaroth, chi oltre il Bosco Atro e chi ancora nelle lontane terre ad ovest.
Feci un cenno ai miei figli di seguirmi.
Erano tutti e tre disorientati, impauriti e restii a smettere di piangere.
Singhiozzavano rumorosamente e ricordo come quel rumore mi facesse innervosire.
(Dopo tutto in quel momento ogni cosa mi irritava)
Camminammo tra la gente ammassata sulla costa per iniziare il nostro viaggio.
Passammo di fianco ad una vecchia signora con capelli bianchi e occhi neri che compiangeva e accarezzava un cadavere che poteva essere suo figlio, data la giovinezza.
La faccia della donna era contratta dalle rughe, un sentimento di dolore e follia.
Più avanti un bambino di 7 anni cercava la mamma con il papà sul cui volto era palesemente scolpita l'amarezza della morte della moglie.
Ancora avanti una famiglia di nani era intenta a coprire con una vecchia tovaglia una famiglia di uomini composta da 2 adulti e 2 bambini molto piccoli.
Andai avanti incoraggiando i miei figli a tenere la testa bassa.
Non volevo vedessero altra morte.
Troppo sangue era stato versato inutilmente.
Ne sentivo l'odore, vedevo le macchie sui miei vestiti fatti di stracci e si nascondeva tra le mie unghie.
Camminammo per un po' su quella costa di ciottoli fino a che non sentii la voce, quella che udii più volte e che mi invitò a non andare nella montagna.
Attorno ad essa una folla di gente la ascoltava.
"Dobbiamo riprenderci Ereborn e Dale! I miei avi non versarono il loro sangue per la mia patria per poi vedere uno squallido drago prendersela".
Ad un tratto capii chi fosse.
Era Thror, il re sotto la montagna.
"So che molti di noi sono morti, ma il loro sangue ha contribuito a stringere quest'alleanza tra uomini e nani" le sue parole erano come fuoco sulla mia pelle.
"Tu sei pazzo" urlai "Potrai anche essere il re di Erebor, ma qua sei uno di noi. Non hai corona, non hai potere. La tua avidità ci spingerà alla morte. Voi vedete la caduta in battaglia come una dimostrazione di onore, ma in realtà è solo una cosa orribile che ci fa perdere legami. Io oggi ho perso... si, ho perso mia moglie e io ho tre figli! Cosa c'è di onorevole in una persona che sarà costretta a vivere da solo e altrettanto solo deve crescere i suoi figli?!? Cosa c'è di bello in tre bimbi che non potranno più assaporare il dolce privilegio di avere una madre che li ama e che hanno persino assistito a queste scena?!? Tu vuoi solo spargere altro sangue come se non fosse già stato versato in abbondanza".
"Chi è che osa riferirsi a me in questo modo!" tuonò Thror.
Mi feci strada tra la folla e mi trovai di fronte ai suoi occhi.
Era, naturalmente, ben vestito, con una barba folta e, sui fianchi, una spada e un pugnale d'oro.
"Mi chiamo Bard, abito, o meglio, abitavo a Dale" gli risposi con strafottenza "Scusa se non mi inchino, ma non credo tu ne meriti uno".
"Attento a ciò che dici, stolto!" egli urlò.
"Sono già molto attento. Dopo che il drago vi ha attaccati, io sono andato da lui e l'ho visto, come ho visto l'oro che ha corrotto il tuo cuore" mi girai verso verso la folla e urlai "Credetemi, montagne di monete d'oro, gemme grandi quanto massi e magnifiche quanto i castelli elfici, brillanti di ogni genere e gioielli belli da far svenire le vostre donne e di tutto questo, quanto tu, re Thror, hai dato a noi per darci una mano? Rispondo io, niente!"
"La mia pazienza ha un limite" disse Thror "Tu non puoi insultarmi come un tuo pari, criticarmi e parlare a me come un tuo fratello. Io sono il re di Erebor e PRETENDO rispetto! Quindi farai meglio a smettere di essere insolente e impara a tenere la lingua a freno, ingenuo!"
"Altrimenti?!? Mi metterai alla gogna? Mi butterai in una squallida cella puzzolente togliendomi cibo ed acqua? Mi torturerai? Ti faccio presente una cosa: tu non hai più un regno e questo fa cadere il tuo titolo di sovrano e tutte le persone qui presenti si ricrederanno quando scopriranno quello che mi hai detto quando ero intendo ad andare dal drago.
Tu mi hai spinto a non andare, a non rischiare la mia vita per un'impresa ormai inutile, di restare in un posto sicuro!"
"Io! Io! Io quindi ti avrei detto di lasciar sprofondare il mio regno nell'abisso dell'oblio e perdere tutta la mia ricchezza! Ti sembro forse stupido?!?"
"Infatti" dalla folla uscì un altro nano molto simile al re, con l'unica differenza dei capelli e della barba castani e non bianchi e dal minor pregio della sua veste.
"Sono stato io a dirglielo".
"Tu, mio nipote, hai fatto cosa?!?"rispose Thror a quello che sembrava proprio Thorin.
"Io ho detto a quest'uomo di mettersi in salvo" guardò con quei suoi occhi penetranti il volto del padre "Non avrei mandato a morire altri uomini solo per la tua malattia"
"Di che parli!?!" la rabbia sul viso del re sconfitto era palpabile.
"Quest'uomo, per quanto insolente, ha ragione. La tua avidità, la tua attrazione per l'oro sta sormontando tutti gli obblighi che hai nei confronti del tuo regno e del tuo popolo. Quella maledetta Archengemma ti sta corrompendo l'anima e presto ti renderà suo schiavo."
"Come puoi tradirmi in questo modo?!? Ammutinarmi davanti ai miei sudditi!"
"Io non ti sto tradendo, né tanto meno ammutinando, io sto dando solo ragione, per quanto mi costi, a questa feccia umana" mi rivolse uno sguardo di disprezzo.
"Anche tu sei come tuo nonno, Thorin. Non credere di essere migliore perchè sei esattamente uguale a lui. Adesso sei ancora giovane, ma quando sarai più grande, anche il tuo cuore verrà corrotto da questa idea assurda di onore e coraggio in cambio della propria morte in battaglia e dalle ricchezze nella montagna" ribattei.
"Io non sarò più il principe, ma la mia spada è ancora affilata" Era ardente dalla rabbia, tanto che con la mano destra fece per sguainare la spada poggiata sul suo fianco sinistro.
"Fallo! Uccidimi, ma avrai sulle spalle non solo la mia vita, ma anche quella dei miei figli" gli strinsi forte a me e vidi i loro occhi gonfi e rossi dal pianto.
"Ebbene, se sei così restio nel nostro tipo di governo, vai! Scappa, tu e i tuoi figli!" la sua voce si finse calma come se davvero gli importasse della vita dei miei figli.
"Lo farò e voglio dire a tutte le persone qui che restare con voi le porterà solo alla morte o alla sofferenza perché saranno dominati da una mentalità chiusa e assassina."
"Vai Bard, figlio dell'arciere che ha fallito, vai via e non tornare mai più!"
"Addio. Non abbiate paura di fare ciò che credete!"
Presi i miei figli e, facendomi strada tra la folla urlante, uscii dalla città in fiamme di Dale dirigendomi verso il Bosco Atro.
J.O.C.

-Spazio dell'autore-

Ciao a tutti ragazzi, vi volevo dire grazie per le vostre visualizzazioni, siete sempre gentilissimi.
Non preoccupatevi di dare dei commenti, anzi preferisco che me li facciate in modo che io possa capire dove migliorare e i temi che vi piacciono di più in modo da trattarli nei prossimi capitoli.
Vanno bene anche dei suggerimenti su come far continuare la storia :)

Grazie ancora a tutti voi! :)

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