Prologo

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Non era in grado di capire se non sentisse le gambe a causa del freddo o da quanto aveva corso. Si era tolto le scarpe e le calze fradicie e le aveva appoggiate sotto al letto, stando attento ad evitare il contatto col legno umido. I pantaloni, anche quelli pareva fossero stati immersi in un lago, ma decise di tenerli addosso per evitare che le sue gambe toccassero le lenzuola strappate e sporche, e che non si ritrovasse pezzi di materasso attaccati al culo. Avendola messa sotto l'impermeabile, la felpa era ancora in condizioni decenti ed era adesso la sua unica fonte di calore, insieme alla maglietta di lana che portava sotto. Si era attrezzato per la pioggia, ma come poteva aspettarsi qualcosa di simile, un tale temporale?
Il giorno dopo avrebbe fatto qualcosa per migliorare la situazione dei tubi arrugginiti, pregando che per qualche  concessione divina acqua o gas fossero disponibili, ma quella sera avrebbe lavorato solo sullo scrittoio, o meglio, quello che era uno scrittoio un tempo ma che s'era ridotto ad una tavola di legno marcio, bagnato e coperto di muffa inchiodato alle gambe di una sedia, anche quelle in brutte condizioni. Afferrò la borsa, si alzò, lanciò uno sguardo al legno fatiscente tutt'attorno a lui e, pregando non si spezzasse, appoggiò il contenuto della borsa sullo scrittoio.
Sperando che l'umidità non avesse fatto dei danni ai circuiti, accese il portatile e, sorridendo con gli occhi gocciolanti di lacrime ed acqua salutò il suo amico tecnologico, senza accorgersi che il rumore dei tasti era completamente coperto dall'infrangersi delle gocce contro il vetro crepato delle finestre ed il legno malmesso del rifugio.
Adesso era sicuro di essere solo, al sicuro.
O quasi.

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