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Vivian si destò presto quella mattina, ingannata dalla proiezione rossa dell'orario sul soffitto della sua camera che, per qualche motivo, non era ancora stato adattato al nuovo orario.
Coi suoi verdi occhietti vispi afferrò il cellulare sul comodino accanto al letto, lo accese ed immediatamente aprì la fotocamera, senza neanche notare l'orario effettivo, e corse in salotto schivando valigie e scatoloni, e gli occhi le brillarono quando giunse in salotto.
Era tutto diverso dalla sera precedente, ora che era in ordine:
un divano in pelle bianca come il marmo troneggiava al centro della stanza, allungandosi verso sinistra fino a creare una zona chiusa strapiena di scatole di giochi alle proprie spalle. Tre poltrone in pelle stavolta nera e morbida erano posizionate attaccate al muro che formava l'angolo della zona giochi col divano, una accanto all'altra, mentre una quarta stava all'estrema destra della sala, creando questa entrata che ti invitava a correre verso il tavolino di cristallo pieno di telecomandi e riviste al centro della stanza per rilassarti sulla morbida pelle oppure rifugiarti nella zona giochi a fare quello che vuoi, stando solo attento a non rompere la porta di vetro che all'estremo angolo dava sulle scale che portavano al secondo piano. Ciabatte di prese erano posizionate strategicamente fra le poltrone per assicurare carica al cellulare di tutti i presenti, mentre un tavolo di legno luccicante accanto alla poltrona solitaria era pronto ad ospitare un computer. Con il lampadario spento, le due porte finestre accanto al televisore al plasma opposto al divano inondavano la stanza di una luce dorata, surreale, mentre la zona giochi restava nella penombra rischiarata dai deboli raggi che filtravano dalla porta di vetro.
Vivian notò infine i cuscini bianchi e morbidi che aveva visto in quella casa in montagna qualche mese prima, appoggiati ai bracci esterni del divano. Scattò una foto della vista che ella godeva dallo stipite della porta del corridoio, poi corse fino ad una delle porte finestra percependo la sofficitá della moquette sotto ai suoi piedi.
I rami pieni di foglie verdi degli alberi avvolgevano la balconata di legno, creando una cornice attorno alla costa sabbiosa prima del mare calmo e cristallino, sotto un cielo limpido ed ancora aranciastro.

Le pareva un sogno. Come poteva trovarsi a soli quindici anni in un tale paradiso? Perchè proprio lei aveva ricevuto una tale abitazione, mentre tutti i suoi compagni di classe vivevano in tristi appartamenti di città ed in vacanza in piccole baite sperdute nei monti, mentre lei oziava sulle sdraio sulla balconata senza farsi problemi?

Senza rendersene conto iniziò a tremare, un po' per la gioia di avere qualcosa di simile ed un po' per quanto trovava ingiusto tutto ciò.
Sperava che il signor e la signora Oledry sarebbero stati severi e rispettosi, per compensare a quella meraviglia, ma aveva l'impressione che avrebbe avuto i soliti accondiscenti che a malapena ti chiedono di arrivare a tavola.
Vivian sospirò, buttandosi sul divano mentre le trecce nere le cadevano sugli occhi.
Odiava quando tutti gli rinfacciavano quanto desiderassero la sua fortuna e ricchezza, il suo essere sempre la preferita. Che cos'aveva di speciale, se non quegli occhi verdi? Eppure conosceva tante persone con occhi azzuri ancora più meravigliosi dei suoi che preparavano la cena e la tavola prima che i loro arrivassero esausti da un giorno di lavoro, ogni sera.

Di fronte a quell'ingiustizia, si strinse nelle braccia tentando di riscaldarsi. Amava tutto ciò di cui disponeva, eppure odiava quella vita. Chiuse gli occhi appoggiata al morbido tessuto dei divani, e singhiozzò sperando che le lacrime non potessero rovinarlo.
Qualche minuto dopo sentì dei passi avvicinarsi.

'Vivian, santo cielo, cosa ci fai qui a quest'ora?!'. La voce maschile seccata, probabilmente del signor Oledry, le fece sperare che fosse un tipo rigido, e sorrise.
L'uomo si chinò accanto a lei per prenderle la mano ed alzarla, quando vide il suo tremare e le lacrime, e si rimise in piedi.
'...Vado a prenderti qualcosa di caldo, se non stai bene dovresti dircelo...', sussurrò come un padre mentre si allontanava nel corridoio.
Vivian sospirò perdendo le speranze, preparandosi ad ingraziarsi l'ennesima persona.
Mentre i suoi pensieri correvano, oltre la balconata udì confusamente degli uccellini cantare per la prima volta dopo settimane, in quella nuova giornata di luglio, nel suo nuovo 'quartier generale'.

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