capitolo 2

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Agartha, giardino dell'alveare.

Pomeriggio.

Quel pomeriggio, nel giardino che circondava tutto l'alveare, regnava la pace assoluta, rotondi batuffoli luminosi, galleggiavano nell'aria, l'intensità della luce che emettevano, variava in continuazione, creando giochi di luci che infondevano al giardino un non so che di magico, stormi di uccellini dai mille colori, giocavano a nascondino tra le fronde degli alberi, salivano su nel cielo, e poi giù in picchiata, sfiorando con una precisione millimetrica l'erba del prato, che brillava di un porpora inteso, uno di questi, scendendo in picchiata, sfiorò la foglia di un albero, questa sì staccò, e come una barca che pian piano affonda nel profondo del mare, dondolando prima da una parte, e poi dall'altra, planò lentamente verso terra, si adagiò con una delicatezza tale, che solo la carezza di una "madre" può emulare, vicino alla mano di un ragazzo. Quando la vide, il ragazzo la prese e iniziò a giochicchiarci, rigirandosela nelle mani.

<<certo che mi fa una pena il prof. Truman, soprattutto quando  gli poni quelle  tue domandeun po...ha fatto una faccia! Poverino>>. il ragazzo si allargò in una piccola ristata, poi si girò verso...<<Elizabeth! Ma mi stai ascoltando?>> lei evidentemente non aveva nemmeno sentito una parola di ciò che Steve gli avesse detto. Era troppo assorta nel osservare il cielo, o meglio cercava di vedere oltre di esso, più in su, dove esso finiva, e rincominciava la terra, poi ancora più su...fuoco e rocce...e poi ancora più su, altra terra, fino ad arrivare di nuovo al cielo. Elizabeth passava ore intere ad immaginarsi quel mondo, come dovevano essere gli alberi, gli animali, le nuvole? Cerano? E l'acqua, i fiori...i fiori avevano lo stesso profumo? Creava ogni particolare di quel mondo, pezzo dopo pezzo, un piccolo mondo ergeva nella sua mente.

<<ELIZABETH! mi senti!>> Steve gli passo più volte la mano davanti agli occhi, alla fine lei scosse il viso, e riacquistò un'espressione presente.

<<Steve, scusa stavo...ero immersa nei pensieri.>> si strofinò una mano sulla nuca, gli occhi si socchiusero e trentadue denti di sorriso solcarono il suo viso.

<<stavo dicendo>> si schiarì la gola <<Oggi Truman era davvero imbarazzato, dovresti smetterla di mandarlo così in crisi>> ribadì alzando le sopracciglia.

<<NO! Steve, quando sento certe cose...mmmm...mi salgono i nervi, come fanno a dire certe cose, voglio dire, non sanno niente del mondo in superficie, eppure ipotizzano, confermano, impongono quello che "loro" credono.>> la ragazza si alzò in piedi, quello era un discorso che la toccava nel profondo, e non poteva svolgerlo da seduta, doveva stare in piedi, gesticolare vivamente per esprimere al meglio la sua frustrazione.

Con loro vi era un'altra ragazza, che fino a quel momento, era rimasta in silenzio, sdraiata nell'erba. Quando vide Elizabeth in piedi, che si dimenava come un'indemoniata non riuscì a fare a meno di scoppiare a ridere. <<ma dai, non te la prendere, lascia che ognuno creda a quello che vuole, tanto la verità...>> fece una pausa alzò gli occhi verso le nuvole, e bisbigliò <<non la saprà mai nessuno>>.

<<tu credi Iris, invece ti sbagli di grosso, un giorno io salirò lassù e...>>

<<e morirai per le radiazioni>> la bloccò Steve <<la pelle ti si staccherà e gli occhi esploderanno...BAAAMM>> con uno scatto aprì le mani simulando un'esplosione.

<<che schifo Steve, piantala>> gli disse Iris, spingendolo nell'erba.

<<tranquilla, se resterai qui, non ti succederà niente>> Steve si divertiva spesso a schernire Elizabeth, loro erano grandi amici, si erano conosciuti il primo giorno nell'alveare. Quel giorno era molto importante, avevano appena finito i loro primi anni di scuola nel bocciolo, e ora li aspettavano altri otto anni nell'alveare, chiamato così per la sua forma, centinaia di stanze unite una all'altra da piccoli corridoi.  Tutti gli studenti dovevano presentarsi in alula magna, per il primo discorso dei docenti, e la divisione degli alunni nelle varie sezioni, tutti erano presenti, tutti tranne due...Elizabeth Dallas e Steve Guol. Loro due erano arrivati in ritardo, trovando il portone dell'entrata chiuso, passarono tutta la mattinata seduti lì davanti sui gradini. Tra loro sfociò fin da subito una grande amicizia, che ancora oggi, a distanza di otto anni è rimasta tale e quale all'ora.

<<ragazzi voi ridete, lo so che non mi credete, ma io un giorno scoprirò la verità.>> la ragazza rimase a guardare i due in silenzio, non ce la fece, scoppiò in una fragorosa risata, quei due erano troppo contagiosi, se te la passavi male, o era una di quelle giornate dove tutto va storto e sembra cadere a pezzi, bè stare in compagnia di Steve e Iris, era la cura perfetta, l'unica controindicazione era un dolore acuto alla mandibola per eccessiva risata.

I tre ragazzi rimasero ancora un po' sdraiati sull'erba, a contemplare il cielo, che lentamente passava da un rosa tenue, ad un viola spento, a causa del filtro che circondava il Cristallo, che man mano che passavano le ore e si avvicinava la sera, si scuriva sempre di più, per ricreare l'effetto del tramonto e in fine, una volta calata la notte, creare un buio artificiale. Tutto ad Agartha funzionava perfettamente, tutto era stato studiato e pianificato per creare un regno dove l'armonia e la pace regnassero al di sopra di tutto, o per lo meno, così tutti credevano.

Il Mistero Di AgarthaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora