capitolo 3

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Agartha, alveare, tarda serata.

Le pareti della camera erano bianche, lisce di un materiale simile alla plastica, anzi no, resina. Su di esse erano appiccicate, come mosche schiacciate su di un muro, foto di piccoli villaggi, vecchi articoli di giornale, disegni e...altri generi di souvenir, tutti posti dove Elizabeth non era mai stata, ma sarebbe voluta andare, la stanza era illuminata da due piccole sfere luminose che galleggiavano nell'aria emettendo un lieve ronzio. La camera era piccola, due letti, una scrivania, in un angolo armadio senza maniglie, probabilmente uno di quelli che si aprono facendo una leggera pressione sull'anglo dell'anta, due poltroncine di un materiale che a prima vista sembrava "comune plastica" ma non lo era, era un materiale ricavato in laboratorio sintetizzando le fibre di un albero molto comune ad Agartha, il draimoddo, quello che si ricavava, era un materiale molto versatile utilizzabile in diversi campi: "il draimod".
Tutta quella elementarità della camera, era ripagata dalla vista che regalava il piccolo balcone, la tavolozza di un pittore...non poteva contenere più colori di quelli che Elizabeth poteva ammirare da lassù, infiniti prati fioriti, alberi ricchi di frutta, ruscelli. Strizzando un po' gli occhi, poteva addirittura intravedere Tragos, l'antico villaggio degli hobbit.

Elizabeth uscì dal bagno, un asciugamano le avvolgeva la testa, mentre, un altro più grosso, lo aveva annodato intorno al corpo, con una mano lo reggeva. Nell'altra mano invece, stringeva un libro. Di tanto intanto annuiva "umm...interessante, ah! Lo sapevo..." Iris la fissava dalla poltrona, condividere la stanza con Elizabeth era al dir poco...sfibrante. Soprattutto quando si trattava di entrare in bagno. <<tocca a me>>,<<no tocca a me>>, <<si, ma...non starci due ore come al solito>>,<<...IO! Ma quando...>>. Discussioni di questo tipo erano all'ordine del giorno.

Quando finalmente la vide uscire dal bagno, Iris tirò un sospiro di sollievo. <<oh! Era ora, uff...pensavo che eri affogata nella vasca...>> abbassò le spalle, e alzò gli occhi al cielo.

<<scusa...ma guarda che sono entrata solo...um...circa un'ora fa>>

<<solo? Ah! però>>. Spalancò gli occhi che a momenti gli uscirono dalle orbite, in quel momento le sarebbe saltata addosso...se non fosse che aveva bisogni più urgenti da sbrigare in bagno. Guardò Elizabeth con la testa inclinata, poi si alzò e si chiuse in bagno bofonchiando qualcosa.

Elizabeth appoggiò il libro sul comodino, fece scivolare l'asciugamano che le avvolgeva la testa liberando la folta chioma di capelli ancora umidi che le caddero sulle spalle in un'esplosione di cristalli d'acqua.

Una leggera brezza penetrò dal balcone semichiuso portandosi fin dove poteva le sottili tende che ondeggiarono nell'aria. Un brivido  salì lungo la schiena, e Elizabeth trasalì, andò verso il balcone, stava facendo scorrere la porta vetro quando delle voci la incuriosirono.

Si affacciò dal balcone per sentire meglio. Non potevano essere degli studenti, a quell'ora era proibito uscire dalle proprie stanze. Ma allora chi era? Intravide il professor Truman, mmm...cosa ci faceva in giro? con lui c'era un ragazzo, no! Impossibile, aveva una lunga e gonfia barba, era un hobbit, ah! Si, era Goldar, il responsabile dell'archivio, camminavano con aria furtiva lungo il sentiero che portava alla vecchia libreria, zona off-limits per i ragazzi. Elizabeth inclinò la testa indirizzando l'orecchio verso di loro, per riuscire a sentire cosa stessero bisbigliando.

<<te l'avevo detto che...f...al..>> diceva l'hobbit

<<ei! Non te la prend...c...me, io ho solo eseg...>> rispose Truman

<<io lo sapevo...questa storia...non...ce...,i terrestri...superficie...>> SUPERFICIE! TERRESTRI! Elizabeth sgranò gli occhi, ripetendo quelle parole ad alta voce, non riusciva a sentire bene quello che dicevano, ma quelle due parole era sicura di averle sentite.

<<ssss... non gridare...potr...sentirci>> Truman si portò l'indice alle labbra, poi lo spintonò, Goldar per poco non cadeva.

<<meglio, meglio se sentono, devono saperlo tutti>> dimenava le piccole e tozze braccia al cielo

<<stupido fai silenzio, muoviti va! È già tardi>> lo spintonò nuovamente, guardandosi intorno, qualcuno li aveva visti? No, erano troppo lontani dalla facciata delle camere, poi vide una stanza con un balcone aperto, una sagoma nera contrastava con il bagliore delle luci della camera. Elizabeth si abbassò immediatamente dietro il muretto del balcone, l'aveva vista? Non lo sapeva, però era sicura che Truman fosse girato nella sua direzione. Aspettò qualche secondo, poi non udì più il suono dei passi sul vialetto ghiaioso. Alzò la testa poco oltre il muretto, e non vide più nessuno. Rimase seduta con lo sguardo al cielo, è possibile? Magari ho sentito male...però, quelle due parole...terrestri, superficie, le echeggiavano nella mente come campane di domenica mattina.

Il Mistero Di AgarthaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora