6- Grace

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Le cose non andavano per niente bene.

Da quella notte terribili incubi mi occupavano la testa senza lasciarmi in pace per un secondo.

Una notte talmente spaventata da uno dei tanti sogni mi svegliai con l'ansia a mille e con la tachicardia.

Sono una bambina distesa sul letto, una mano gentile si poggia sulla mia schiena.
"È ora di svegliarsi amore mio".
"Si papá" scendo dal letto e poi dalle scale e arrivo immediatamente in soggiorno.
"È mio quel pancake!" Urla un bambino con poco più di tre anni.
"Sei uno stronzo! È mio!" Urla un ragazzino di 12 anni.
"Ragazzi buoni" dice papà spazientito.
Passano i giorni. I bambini continuano a litigare il papá ha le occhiaie sempre più prominenti, i capelli sempre più lunghi. La barba è cresciuta.
"Papá mi versi il latte?" Chiedo .
Non mi risponde, gli occhi persi nel vuoto .
"Papá?" Gli altri due continuano a fare confusione. I cereali sono ovunque.
"Il latte" dice lui.
Rimango muta guardandolo.
"Il latte!" Si gira.
"Tu dovevi morire quella notte! Sei una merda. Una figlia inutile." Un silenzio tombale nella stanza.
"E se non muori ti ammazzerò io. Con le mie mani." Estrasse la cinghia dai pantaloni.
Non ero più quella bambina, ora ero Elen, una Elen grande.
"Vieni qui dolce Elen".
Corro nell'armadio spostando i vestiti. Sento i passi sul palchè e la cinghia che viene trascinata.
Ad un tratto l'anta si apre.
"Trovata"

"Sebastian!" Urlai nel letto alzandomi di colpo nel panico totale.
Mi sembrava di sentire la sua cinghia nel pavimento strisciare.
Mi sembrava fosse li.
Che orribili ricordi!
"Sebastian" dissi portandomi le mani alla fronte.
"My lady" era di fianco al mio letto con il solito sguardo e la bocca inarcata all'insù.
Non riuscivo a parlare, ero troppo spaventata.
" qual'è il problema?" Chiese lui accarezzandomi una gamba scoperta.
"Sta piangendo?" Mi voltai a quelle parole. Nessuno doveva vedermi piangere, nemmeno lui. No!
"No, non sto piangendo, perchè mai dovrei?" Risposi con sguardo arrabbiato.
"La vedo turbata padroncina".
Avevo un leggero sguardo di disappunto.
" ti sbagli" dissi subito guardandolo insistentemente.
"Allora posso sapere per cosa mi avete chiamato?".
Sembrava quasi divertito. Ne andava del mio orgoglio e mai avrei ammesso tutto, anche se probabilmente lui già sapeva.
"leggimi qualcosa, non riesco a dormire"
Dissi solamente, mettendomi di nuovo sotto le coperte girandomi dall'altra parte.

Sentii la sua mano guantata toccarmi i capelli, si chinò e quasi avidamente inspirò il mio profumo.

Non erano nuovi per me questi gesti, avevo imparato a non muovermi, a rimanere indifferente.
La sua mano scese fino alla mia spalla scoperta, accarezzandola, facendo piccoli cerchi immaginari su di essa.
" ho scelto di nuovo bene" disse lui in un sibilo.
Capii subito che si stava riferendo alla mia anima.
" chi è Ciel?" chiesi.
" era il mio padroncino tanto tempo fa, la sua anima è giá mia da un pezzo" mi disse attorcigliando una ciocca dei miei capelli nel suo dito.
" cosa che sarà pure per te"

Ormai i suoi sorrisi li sentivo a pelle.
" a me va bene" dissi girandomi e sedendomi nel letto.
Lo presi per il colletto della sua camicia bianca.
"Ho qualcosa di strano io, non è vero? Tu hai bisogno di un'anima che cerca vendetta, io non cerco vendetta eppure mi hai preso con te. C'è qualcosa che mi nascondi, Sebastian Michaelis?" Chiesi a un centimetro di distanza dal suo volto.
Lui continuava a sorridere.
" vuole ricordare signorina?" Mi chiese afferrandomi per la vita.
" fallo" dissi aumentando la presa nella sua camicia perfetta che ormai avevo stropicciato.
" ne è sicura?" Mi richiese.
" è un ordine, Sebastian" dissi.
Mi stese sul letto mettendosi a cavalcioni su di me. Cominciò ad alzarmi la canotta fino a levarmela.
Lentamente si tolse il guanto.
Il simbolo brillava più del solito e pure il mio non scherzava.
Apoggiò la mano sul mio petto congiungendo il mio simbolo con il suo e li capii tutto.

Capii chi ero,
Da dove venivo,
Di che cosa facevo parte.

"Grace Phantomhive" sussurrai all'orecchio del mio magiordomo.
"Ben risvegliata my lady, la sua vendetta?" Chiese

"Uccidere chi ha ucciso i miei veri genitori, uccidere chi a sminuito il mio orgoglio"



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Il fuoco non era mai stato più bello in quel momento.
Il salotto completamente avvolto nel buio era ricoperto da un fascio di luce rossiccio e rendeva l'atmosfera tranquilla.

Quanti pensieri.
Erano passati alcuni mesi da quando mi trovavo in quella grande villa e a dire la veritá mi pareva di averla già vista, già vissuta.

Anche se ormai avevo capito tutto i dubbi continuavano a sostare nella mia mente. Mantenevo sempre quell'aria da dura, soprattutto davanti a Sebastian anche se sapevo che con lui non funzionava molto tutta questa messa in scena.

Non c'era un giorno in cui non pensassi ai miei falsi genitori, persone che mi avevano cresciuto con l'odio e avevano riversato tutte le colpe su di me, riflettevo e pensavo alla mia felicitá privata da qualcuno.

"My lady è ora di andare a letto" Sebastian era spuntato dalla porta.
"Non ho sonno" risposi senza distogliere lo sguardo dal fuoco che scoppiettava.
"Allora sono sicuro che avrá tempo per ascoltarmi" mi disse.
Sentivo che si era avvicinato, probabilmente era ormai a un solo metro da me mentre io girata di spalle seduta nel tappeto mi godevo il leggero calore sulla pelle.
Chiusi gli occhi spazientita.
"Parla".

"Una lettera dalla regina di Inghilterra"
"Cosa?" Dissi incredula voltandomi.
Mi alzai in piedi e camminai verso di lui strappandogli la lettera dalle mani.
" la regina la nomina il nuovo cane da guardia, deve essere un onore per lei, Grace". Quella confidenza mi fece venire i brividi.
Sapevo cosa significasse fare il cane da guardia della regina. Comportava ad avere giri loschi e sicuremente ad arrivare a ciò che tanto desideravo.
" Sebastian" dissi sorridendo "abbiamo un caso".

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