12 Agosto 2011
Giulia stai sentendo?
Non c'è acqua nella fontana. Ampie vasche bianche con pesci di marmo immobili in esse. Immobili. Non si muove nulla. Non esce goccia dalla bocca dei pesci. Tracce di lacrime ormai secche contornano i loro occhi.
Il parco è vuoto. Sono le cinque e quarantuno di mattina.
I pini rilasciano l'odore delle pigne nell'aria. La frescura mattutina fa venire la pelle d'oca. Ma è piacevole. Penetra sotto la magliettina a maniche corte e mi rinfresca il corpo. Era fin troppo al caldo sotto le lenzuola, nel letto.
Il cielo incomincia a mostrare i primi, tenui colori dell'alba. La tavolozza di un pittore che ama dipingere soltanto con il rosa e l'arancione.Non devi stare qui.
È strano vedere il parco così vuoto. E anche un po' inquietante. Mi siedo ai piedi del muretto e immergo la testa nelle ginocchia.
Guarda cosa sei riuscita a combinare.
Frugo nella tasca degli shorts e la prendo. La collana di Erika. Una catenella con una freccia di argento. Me l'ha regalata la settimana scorsa.
Non la lascio mai incustodita.
È il regalo più bello da quando ho incominciato ad avere i miei disturbi.
Si, credo sia quello più bello.
Sto soffrendo di disturbi da un po' di tempo. Parecchio. Non saprei come definirli se non con la parola "disturbi".
Disturbi psichici. Mentali. Psicologici. Una parola vale l'altra. Fatto sta che rimangono disturbi, cose anormali.
Cose anormali che non mi piacciono.
Un cane randagio attraversa gli scalini di pietra che corrono lungo il muro. La lingua penzoloni e il pelo nero. La coda folta che scodinzola in aria. Ha un'aria beata. Sembra. Il ticchettio delle sue unghie e il suono del vento mattutino tra le fronde dei pini sono l'unico suono presente.
Sto per accendermi una sigaretta ma no, non voglio perdere la testa anche ora. Riesco a pensare soltanto di mattina.Una sigaretta. Giulia hai quindici anni.
Tengo la testa tra le mani. Stringo forte. Le dita nei folti capelli rossi e ricci. Non devo piangere.
Non piangere, stupida.
Alzo la testa e guardo dritta davanti a me. Mamma dice che i miei occhi sono come quelli di un animale selvatico. Liberi, pieni di voglia di vivere. Dice che con le mie lentiggini formano un viso ribelle.
Mi alzo da terra. Oltre il muretto, tre metri di vuoto. Le aiuole sono colme di fiori. Gialli e viola. Mi guardo intorno.
Sento una voce che mi chiama.
Ma non c'è nessuno.
Poggio un ginocchio sul muretto e salgo velocemente. Ho il vento in faccia. Ciocche di capelli mi volano davanti gli occhi. Nessuno può sentirmi.
"Sono figlia delle fiamme, forgiata tra gli alberi e l'odore del terreno."
La mia voce sembra strana quassù. Un po' più decisa e motivata.
"Discendente dei cacciatori dei boschi e delle pianure. Sono il fuoco che carbonizza gli arbusti, sono il fiume che distrugge il ponte, sono la pioggia che batte sul terreno."
Allargo le braccia. Mi sporgo più avanti.
"Non sono la lepre che corre, ma la volpe che la insegue. A volte sono la Luna, a volte sono il Sole. A volte il ghiaccio, a volte il fuoco"
Chiudo gli occhi.
Il piede sospeso nel vuoto.
"E non ho paura."Il racconto sarà parecchio caratterizzato da questi flashback dei personaggi. Ve lo dico.

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l'occhio della volpe - a.g.
Mystery / ThrillerSalgo la salita. Ho il fiatone. Vedo Claudia seduta sul muretto, a qualche metro da me. In volto, uno sguardo preoccupato e angosciato. Cosa è successo? Mi avvicino a lei. "Claudia ma co-" non faccio in tempo a terminare la frase che tre parole dan...