Vendetta

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La madre di Natalie stava dormendo silenziosamente affianco al marito. Si svegliò, quando udì qualcuno bussare alla porta e uscì dalla camera da letto per andare ad aprire. Fuori, stava piovendo a dirotto. Si avvicinò alla porta ed esitò, quando fu lì lì per afferrare la maniglia. Si udiva una debole risata fuori dalla porta e il rombo dei tuoni e della pioggia, sembrarono placarsi. Appoggiò l'orecchio contro la porta.

«Ciao, mamma».

Natalie fece irruzione dalla porta, brandendo due coltelli in mano. Sua madre barcollò all'indietro e picchiò violentemente la testa contro l'appendiabiti. Uno dei ganci perforò il suo cranio, iniziando a farla sanguinare copiosamente dalla parte posteriore della testa e poi, crollare sul pavimento. Lei cadde riversa al suolo, paralizzata, ma ancora cosciente. Natalie era sopra di lei e lentamente, si inginocchiò, a livello dei suoi occhi e le mostrò le due lame di coltello, ricoperte di sangue rosso vivo.

«Io stavo soffrendo mamma».

Le lame affondarono nella pelle delle sue guance, tagliandole obliquamente. Poi, Natalie inclinò la testa. «Tu eri debole e non hai fatto niente». Sua madre non faceva che tremare e annaspare aria, come fosse un pesce fuor d'acqua. Natalie afferrò sua madre e poi, la mise a sedere, iniziando a tagliare una 'V' sul suo petto. Sua madre rimase a bocca aperta e tremante.

Natalie sapeva che non le era rimasto ancora molto tempo. Continuò a procedere con forza, aprendo la cavità toracica di sua madre con un forte – CRACK! - . Poi, Natalie infilò una mano all'interno e afferrò il cuore di sua madre, che stava pulsando debolmente nella sua mano.

I suoi battiti si stavano facendo via via sempre più deboli.

Improvvisamente, lei lo strappò fuori e il sangue schizzò sul suo viso. Fissò sua madre direttamente negli occhi, mentre lei stava lentamente morendo.

«Sogni d'oro!». Disse, rivolgendosi al suo cadavere.

«Il tuo tempo era scaduto». Infilò il cuore nella bocca di sua madre, accarezzando dolcemente le sue guance e poi, si alzò in piedi. Non aveva ancora finito.

. . .

Il padre di Natalie, David, si svegliò e realizzò che sua moglie non era ancora tornata. I suoi occhi iniziarono ad abituarsi lentamente al buio della stanza e improvvisamente, si accorse che Natalie si trovava in piedi, sul fianco del suo letto, sorridendo in modo malsano, con i suoi occhi verdi che brillavano nell'oscurità. Era coperta di sangue e l'odore era insopportabile.

Lei mise una finta espressione di tristezza. «Oh povero caro. Mamma ci ha lasciato! Mi chiedo chi porterà adesso i soldi». All'improvviso, afferrò suo padre per la fronte. «Questo è tutto quello che ti ha sempre preoccupato, non è così? Questo è tutto quello che ti importava!».

Suo padre, d'altra parte, era un lottatore, così in un mossa la afferrò per il collo e la atterrò al pavimento. Poi, aveva iniziato a schiacciare coi piedi il suo petto, finché non aveva sputato sangue. «Ti senti meglio, papà?». Tossì altro sangue. «Dopotutto, sembrava che volessi farlo già tanti anni fa, non è vero? ».

Lui ridusse gli occhi a due fessure. «Tu non sei mia figlia».

Un largo sorriso deturpò il suo viso e lo guardò, con i suoi occhi che brillavano nell'oscurità e il sangue che fuoriusciva dalla sua bocca. «Hai ragione. Io non lo sono».

D'un tratto, lei lo fece inciampare e lo fece cadere sul pavimento in un tonfo. Lei si alzò, brandendo i coltelli nelle mani. «Dicono che più stai in alto e più dura sarà la caduta!». Afferrò un cuscino e lo pressò con tutte le forze contro la sua faccia, finché ad un certo punto, non sentì anche un sonoro – CRACK! – quando il suo naso si spezzò. Quando tirò via il cuscino, la sua faccia era orribilmente sfigurata.

Lui si stava lamentando e piangeva dal dolore. «Che cosa c'è, paparino?! Il dolore è troppo insopportabile per te?!». Conficcò entrambi i coltelli nel suo stomaco, lasciandoli lì per il momento, quando andò a staccare due pesanti assi di legno dal letto.

Appoggiò le pesanti assi sul corpo di suo padre e poi, ci si sedette anche sopra, in modo che il suo peso facesse spremere le viscere fuori dal suo corpo. Il sangue fuoriuscì dalla sua bocca e il suo respiro, si fece silente. Lei si sforzò a mettere più peso sul suo corpo e improvvisamente, tutti gli organi esplosero fuori dalla sua carcassa. Lo spettacolo era raccapricciante e le viscere, ora erano accatastate ai lati del suo viso.

«Il tuo tempo era scaduto».

. . .

Finalmente, era venuto il momento della parte migliore.

Furtivamente scivolò dentro la stanza di suo fratello. Silenziosamente, aprì la porta, mentre il sangue continuava a grondare dalla sua bocca. Suo fratello non era a letto e sembrava che si stesse nascondendo, da qualche parte.

«Oh, caro fratellino». Iniziò a camminare dentro la sua stanza. «Tutto quello che volevo era solo divertirmi un po'». Come fece un passo in più, iniziò a prestare ascolto ai suoni della stanza e al rumore di qualche respiro soffocato. Aveva anche annusato l'aria per sentire il suo odore putrido e come si era messa ad ascoltare, finalmente si era accorta di un rumore. Un debole respiro.

*WHACK*

Lei cadde lunga distesa sul pavimento, tremante. Suo fratello era dietro di lei e nelle mani stringeva una mazza da baseball, ora insanguinata. La stava fissando con collera. Ansimando di rabbia, lei cercò di rialzarsi in piedi, ma lui la colpì di nuovo. «La mamma ha sempre fatto del suo meglio per te!». La colpì ancora per l'ultima volta, prima di prendere un attimo di respiro. Lei stava sanguinando copiosamente. Le sue palpebre si chiusero sui suoi occhi verdi che stavano brillando debolmente al buio. Si sentì debole e guardò il soffitto della stanza.

Si ricordò dei giorni che aveva passato in quel posto. Torturata per soddisfare le voglie di un fratello depravato per ben quattro anni. Una scossa di adrenalina rianimò il suo corpo. Iniziò a ridere in modo malsano. Suo fratello stava per colpirla ancora, ma lei usò entrambi i coltelli per bloccarlo.

«Stai per andare all'inferno, fratello». Con una forte spinta, spedì suo fratello contro il muro dall'altra parte del letto, facendogli sbattere violentemente la testa. Lui ringhiò di rabbia. Lei conficcò i coltelli nelle sue braccia, inchiodandolo al muro. Lui urlò e provò a divincolarsi inutilmente.

«Vediamo che cosa potremmo usare qui». Iniziò a camminare intorno la stanza e sogghignò, quando vide un coltello da burro dalla parte del letto. Lo afferrò e poi si avvicinò a lui. «Dicono che gli occhi siano la parte più soffice del corpo». Leccò il coltello. Lui era rimasto a guardare, impotente, mentre lei aveva iniziato ad asportare i suoi occhi. Urlò e lei gli ficcò un panno in bocca.

«Non posso lasciarti svegliare i vicini». Lui non era più in grado di vedere niente e il dolore aveva iniziato a diventare insopportabile. Il sangue zampillava copiosamente dalle sue cavità oculari. Natalie, afferrò un paio di forbici e si portò vicino a lui. «Penso che tu abbia bisogno di staccare la spina, fratello ». Conficcò le forbici nelle sue viscere e lui gridò.

Natalie, lo trattò come un 'arte e mestieri': tagliando la sua pelle come fosse carta. Poi, sollevò un lungo pezzo di intestino. «Sai cosa mi piace? La Macaroni Art!». Iniziò a tagliare l'intestino in sezioni. «Questi sono un po' troppo grandi per stare su un piatto, penso». Poi si abbassò alle dita dei suoi piedi e iniziò a tagliargliele via, una ad una.

Successivamente, gli ruppe tutte le dita delle mani. Ora, lui stava soffocando nell'odore nauseabondo del suo stesso sangue.

«Qui, fratello. Forse questo ti farà stare meglio». Gli infilò due dita giù nella sua gola. Dopo qualche minuto, lui soffocò e morì.

«Il tuo tempo era scaduto».

Creepypasta||Clockwork : Your time is upDove le storie prendono vita. Scoprilo ora