capitolo 3

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L’Holland’s Village era qualcosa di straordinario. C’erano delle villette a schiera e poi un portale con una grande insegna con scritto il nome del villaggio turistico. Superato il portale si intravedeva una piscina larga e quadrata  ed inoltre c’erano dei gazebo bianchi con delle decorazioni vintage. C’erano molti ragazzi, adulti e soprattutto bambini che si divertivano insieme agli animatori.

“Questa estate sarà indimenticabile” pensai. Lydia e Elena mi vennero accanto e mi presero a braccetto mentre esultavano dalla gioia.

-Hai visto Amanda? E’ fantastico!-  Ad Elena le brillavano gli occhi e un sorriso le era stampato in faccia.

-FAVOLOSO!- dissi esultando insieme a lei.

La mora iniziò a correre insieme alla rossa  e Lydia gridò “chi arriva per ultimo dorme con Jackson”. E indovinate chi arrivò per ultimo? Si, io.

La mia solita sfortuna. Sapevano perfettamente che a correre non ero veloce, anzi ero lenta come una lumaca, forse essa mi batteva pure. 

-Non è giusto!- esclamai

-E si che stavamo scherzando!- ammise Elena.

Respirai a fondo per poi entrare in un piccolo edificio. Prendemmo le chiavi delle villette. Ovviamente femmine con le femmine e maschi con i maschi.

Ero completamente entusiasta poi mi ricordai di chiamare mia madre.

-Ragazze, entrate pure dentro, io chiamo mamma-

Le ragazze annuirono ed entrarono dentro saltellando come dei canguri ,così presi il cellulare e al secondo squillo mamma rispose.

-Ciao tesoro! Tutto bene?- la sua voce era stanca ed inoltre sbadigliò. Il suo lavoro era faticoso, doveva provare giorno e notte ricette sopra ricette e impararle a memoria in italiano! Fatica doppia.

-Ciao ma! Sto alla grande, siamo arrivati e il villaggio è bellissimo, inoltre c’è la pisc…-

-Scusa tesoro, mi stanno chiamando… ci sentiamo dopo?-

Sbuffai e alzai gli occhi al cielo sentivo che si stavano riempendo di lacrime.

-Si… ciao- riattaccai con la voce tremante.

Ogni volta era così. Pensava di più al lavoro che a me, a sua figlia. Una lacrima mi rigò il volto ma un pollice premuroso me l’asciugò. Il mio sguardo si perse in quello di Scott. Quei occhi color castani i si impadronirono dei miei pensieri.

-Cosa c’è che non va Amanda?-

-Mia madre…- dissi agitando il telefono per farlo capire. Le sue braccia mi attirarono a se, in una morsa affettuosa e confortante. Le mie braccia e i miei pugni erano serrati nel suo petto mentre la mia testa era coperta dall’incavo del suo collo. Il mio respiro corto e smozzato dai singhiozzi si infrangevano sulla sua calda pelle. Mi accarezzava delicatamente la schiena e a volte mi dava dei bacini sulla guancia.

-Tranquilla… è solo molto impegnata-

-Vorrei soltanto…- presi un respiro profondo –vorrei soltanto che fosse più presente nella mia vita…-

Tirai su con il naso per poi separarmi lentamente dall’abbraccio. La sua mano si appoggiò sulla mia guancia.

-Vuoi parlarne?-

-Magari dopo… adesso non mi va…-

-Va bene… io raggiungo Jackson in casa…-

Annuì. Scott si allontanò lentamente da me ma poi gli afferrai il polso. Il suo sguardo confuso mi divorò. Gli sorrisi e mi inumidì le labbra con la lingua.

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