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ALICE'S POV
"Lavora al negozio di musica in centro." Le stava dicendo al telefono l'amica.
Era sdraiata sul divano guardando per la milionesima Remember Me, il suo film preferito, l'attore non gli era mai piaciuto un gran ché, ma la storia, riusciva a non farle staccare nemmeno per un attimo gli occhi dallo schermo, mise in pausa frettolosamente per non perdersi la parte in cui lei si presenta alla sua porta dopo aver litigato con il padre.
"Ma chi?" Chiese Alice.
"Il ragazzo." Il suo angelo, si ormai era passata dal suo salvatore, a chiamarlo il suo angelo, perché con quegli occhi color ghiaccio sembrava davvero sceso dal cielo.
"Ah." Rispose cercando di sembrare indifferente, non voleva che l'amica combinasse qualche casino andando a spifferare tutto a quell'Alex.
"Ho scoperto come si chiama." Una farfalla prese il volo nel suo stomaco. "Si chiama Genn."
Genn...
"Ma sarà un soprannome, non il suo vero nome di battesimo..." Spostò il cellulare sull'altro orecchio. "Giusto?"
"Credo, Alice." Attaccarono il telefono.
Sentiva che stava andando fuori di testa, non riusciva a toglierselo dalla testa, ma non capiva il motivo, solo perché le era venuta in soccorso? No, c'era di più, se no ieri avrebbe evitato quella gran figura di merda con lui al parco, sembrava paralizzata, e aveva cominciato a sudare nemmeno dieci secondi dopo averlo visto.
Qualcuno entrò in casa, era sua madre che la salutò prima di venire a darle un bacio sulla fronte.
"Tutto bene?" Un sì con la testa prima di far ripartire il film.
Dopo vari singhiozzi per la fine del film, si riprese e guardò il telefono, un messaggio da whatsapp, diceva che domani la scuola sarebbe rimasta chiusa per uno sciopero, e dopo nemmeno cinque minuti, un messaggio da Zoe:
Stasera si va ad una festa.
Da Alice:
Ma anche no.
Da Zoe:
Alle dieci sono da te, vestiti decentemente per favore, ci sarà tanta gente...
Decise di non risponderle, lei sapeva vestirsi, giusto?
Cenò velocemente a tavola con i genitori, era figlia unica, ma non aveva mai invidiato chi aveva fratelli o sorelle, si stava bene da soli.
"Mamma, stasera vado ad una festa..." Cominciò, rigirandosi le mani, la madre la guardò strana.
"Sei seria?" Chiese guardandola con le sopracciglia aggrottate.
"Elena," si intromise il padre, " mandala, domani non vanno a scuola, si divertirà un po'." Ma io non volevo andarci... Pensò mentre si portava una mano sulla guancia per reggersi la testa sul tavolo con il braccio.
"Ma Paolo..." Riprese la donna. "È lunedì, da non voler uscire mai, passiamo al voler uscire sua sabato che lunedì!" Si alterò l'altra.
"Vai alla festa, Alice. Ora vatti a preparare..." Disse dando alla figlia un bacio sulla fronte.
"Grazie papà..." Sussurrò a denti stretti, anche se nella sua mente si stava facendo spazio l'idea che quasi, quasi, aveva davvero voglia di andare.
Si era seduta davanti all'armadio non sapendo cosa mettersi per una buon quarto d'ora, prima di prendere il vestito rosa chiaro senza maniche, una giacca nera e i tacchi dello stesso colore, si era specchiata per qualche minuto lisciandosi il vestito nervosamente, le arrivava a metà coscia, le spalline erano larghe e la scollatura poco pronunciata, una fascia di pizzo dello stesso colore era attaccata sotto il seno, poi la gonna si allargava.
Si recò in bagno per truccarsi, semplicemente mettendosi il mascara e un lucidalabbra trasparente e un po' di fard, lasciò i capelli sciolti sulla spalle.
Erano le dieci, quindi scese a salutare i suoi e uscì di casa entrando nella macchina che era parcheggiata sotto casa sua.
Zoe si era fatta accompagnare da Alex, perché era l'unico dei suoi amici che si era deciso a darle un passaggio, anche lui era stato invitato alla festa.
"Ciao moretta!" Disse ad Alice quello, gli fece un gesto scocciato con la mano mentre entrava nell'auto. "Allora... Alla festa!" Continuò contento.
"Sì, sbrigati o faremo tardi." Rispose Zoe scrivendo con foga un qualche messaggio, Alex partì di scatto.
Appena mise piede per terra nel prato della casa dove si erano diretti, riprese a respirare, aveva avuto paura di morire un paio di volte tra il tragitto da casa sua a questa, e non erano passati nemmeno venti minuti. Prese tre o quattro grandi boccate d'aria prima di entrare senza gli altri due per andare a sciacquarsi il viso, ma rinunciò vedendo la fila per il bagno.
Andò verso la cucina, e si prese un bicchiere d'acqua sedendosi sopra uno degli sgabelli presenti. Erano a casa di Jessica, una dell'ultimo anno, non per essere volgare, ma Alice pensava fosse una gran puttana, e così tutti gli altri studenti. Non le era mai andata a genio e ecco il motivo per cui Zoe aveva tenuto nascosto il luogo dove sarebbero andati. La vide passare di sfuggita, con quei capelli tinti color biondo platino, i tacchi alti minimo venti centimetri e un "vestito" che le copriva a malapena il sedere, l'ombretto luccicante rifletteva fino a dove era seduta, il rossetto rosso le riempiva le labbra.
Per fortuna non si accorse di lei e continuò a camminare, più si guardava intorno, più si rimproverava mentalmente per essere venuta, erano per la maggior parte ragazzi del liceo, ma c'era una buona parte di persona mai viste, compreso Alex, che vedeva per la seconda volta nella sua vita, lo localizzò seduto sul divano mentre armeggiava con il telefono per mandare un messaggio, di sicuro a qualche altro suo amico per farlo venire.
Erano nemmeno le undici e voleva già tornare a casa, per far passare il tempo, prese un bicchiere di birra da lì vicino e si mise a giocare a Candy Crush.
"Seriamente?" Sentì dirsi sul collo dopo svariati minuti, balzò sulla sedia per lo spavento. Era Lorenzo, la tormentava.
"Vattene." Gli disse ricominciando a giocare, l'altro le tolse il gioco dalle mani.
"No... Voglio stare un po' qui con te, almeno ti faccio compagnia..." Le mise una mano sulla spalla, se la scrollò velocemente di dosso.
"Allora preferisco restare sola." Rispose allontanando lo sgabello il più possibile fino ad incontrare il muro, l'altro si avvicinò di nuovo.
"Quanto siamo sgarbate." Alice alzò lo sguardo disperata mentre sentiva di nuovo la sua mano sudicia attaccarsi alla sua spalla scoperta, si guardò in giro spaventata mentre cercava di toglierselo da dosso.
E lo vide, era appena entrato dalla porta, con quel suo cappellino di lana e una felpa grigia, i jeans scuri e un paio di scarpe da tennis, si spostò i capelli dalla faccia prima di andare a salutare Alex sul divano, il quale gli sussurrò qualcosa all'orecchio. L'angelo alzò così lo sguardo verso di lei, che lo stava fissando con occhi disperati.
"Genn..." Mimò con le labbra ancora con gli occhi fissi nei suoi, ed eccolo avvicinarsi, con quel suo passo composto mentre si toglieva il cappello e se lo metteva in tasca; intanto Lorenzo abbassava la mano verso il suo fianco per poi provare a portarla verso il suo seno.
"Toglile le mani di dosso." Sputò l'ultimo arrivato, guardando negli occhi l'altro, che alzò lo sguardo verso di lui, riportando la mano sulla spalla di Alice, stringendo forte.
"Ahia!" Strillò, mentre cercava di staccargli le dita dalla sua pelle.
"Ti ho detto di non toccarla, brutto coglione, e vattene a fare in culo entro cinque secondi."
"Oppure, che mi fai, eh?" Rise mentre la prendeva per il collo e la faceva alzare.
Genn si avvicinò di scatto, lo prese per la maglietta e gli tirò un gancio in piena faccia, prima di scansarlo da lei.
"Aspettami in giardino, va." Le sussurrò nell'orecchio, prendendola di nuovo per il polso, piccoli brividi le percorsero le braccia nude mentre correva fuori, recuperando la giacca.
Si chiuse la porta alle spalle e si andò a sedere sul marciapiede, toccandosi dolorante la spalla. Ma cosa aveva!? Sabato l'altro e oggi Lorenzo, non era mai arrivato a tanto da quando...
"Ehi!" Sentì gridarsi, era lui, la guardava dalla porta con la giacca tra le mani e un graffio sulla guancia. "Andiamo forza, o qui ci pestano a sangue." Le urlò correndo verso destra, lo seguì correndo fino alla sua macchina. "Sali, ragazza." Le disse con tono piatto mentre guardava uscire dalla porta Lorenzo con uno sguardo assassino negli occhi.
Si chiusero le portiere dietro e lui partì sgommando verso una qualsiasi direzione, intanto sentivano l'altro urlare dal prato.
Dopo qualche minuto di viaggio, dove la velocità era rallentata drasticamente dopo il primo chilometro circa, Genn parlò.
"Hai il vizio di metterti in questo tipo di guai da quello che ho visto, eh?" Chiese guardando la strada.
Non gli rispose, aveva il cuore che le batteva in gola, e non solo per l'accaduto.
"Ma meno male che il destino ha la decenza di farmici trovare quando succede." Rise piano della sua stessa battuta, alla ragazza sfuggì un risolino. "Ah, allora la voce ce l'hai!" Esclamò mettendo la freccia e girando in una strada che non riconosceva.
"Io..." Si grattò il collo. "Grazie ancora, e... Mi dispiace di doverti mettere in mezzo, cioè nemmeno mi conosci..." La sua voce passò da un tono medio fino a quasi affievolirsi sull'ultima parola.
"E allora non avrei dovuto aiutarti? Che razza di ragionamento è?" Si girò a guardala per la prima dall'inizio del viaggio con un sorriso sulle labbra, e Dio se era bello con la luce della luna che passava attraverso il parabrezza e gli accarezzava metà viso, con quel suo graffio sul mento che aveva visto sabato e che gli dava un'aria da duro, gli sorrise a sua volta.
"Mi chiamo Alice." Gli sussurrò.
"Alice, io sono Genn, ma lo sapevi già..." Sussurrò a sua volta, alzando un sopracciglio, e sbucando in una strada, che era quella di casa sua.

Runaway from me. | GennButch.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora