6 marzo 2014
Caro diario,
oggi é stata una giornata tranquilla, quasi troppo direi, perché sono rimasta a casa tutto il giorno senza avere niente da fare: i miei genitori hanno già preso molti giorni di ferie per stare con me, perciò oggi sono da sola, nel letto e non so cosa fare.
Per fortuna ci sei tu con me e ti posso narrare la fine della storia.
Dov'ero rimasta? Ah sì! Quando mi sono svegliata non vedevo ancora molto nitidamente, solo una macchia informe bianca: bianco, solo bianco intorno a me, non riuscivo a distinguere nulla e questo mi infastidiva; sentivo solo un odore strano, di medicinali e di pulizia e attorno a me regnava il silenzio, nonostante più lontano, potessi sentire delle voci indistinte e confuse. Mi sono riaddormentata. Al mio risveglio tutto era cambiato: finalmente potevo vedere nitidamente, distinguere gli oggetti e vedere le persone, o meglio, la persona, o meglio, lui. Era seduto su una sedia vicino al mio letto e sembrava che i suoi bellissimi occhi non si fossero mai scostati da me, dalla flebo che entrava dolorosamente nel mio polso e raggiungeva una strana sacca piena di un liquido trasparente; era immobile, appariva profondamente turbato, ma, quando si accorse che mi ero svegliata cercò di nascondere le sue preoccupazioni (dev'essere un uomo che preferisce non esternare le proprie emozioni, ma nasconderle dietro una fredda bellezza, o almeno così penso) e la sua bocca si sciolse in un sorriso dolce e compassionevole, ma non disse nulla. Anche io lo guardai, un po' dubbiosa, ma felice: restammo a fissarci per lungo tempo, come se fosse l'unica cosa che potesse importare, come se io non avesssi nessuna domanda sul mio stato di salute e come se lui non fosse interessato a domandare come mi sentissi. Era uno sguardo, solo uno sguardo, eppure era più profondo e appagante di qualsiasi discorso. Purtroppo però questo silenzio fu rotto dall'arrivo di un'infermiera, che, entrata per controllare se mi fossi svegliata, dopo averlo notato, cacciò non troppo gentilmente il mio salvatore, che, rivolgendomi un sorriso un po' malizioso, che ricambiai, uscì senza dire una parola. In quel momento ho odiato quell'infermiera: insomma, eravamo io e lui, nella pace e nell'intesa, avrei potuto parlargli, sentire di nuovo la sua voce profonda, conoscerlo e lei era entrata rovinando tutto; inoltre fu abbastanza scortese anche con me, sembrava quasi infastidita dalla mia presenza e si limitò a controllare l'apparecchio della flebo, a misurarmi la febbre e a rivolgermi le solite domande dell'ospedale, alle quali, un po' per ricambiare la sua "squisita gentilezza", mi limitai a rispondere in modo assente, con monosillabi. Non vedevo l'ora che uscisse, nonostante temessi che il mio uomo se ne fosse andato, invece quando finalmente la "simpatica" infermiera tolse il disturbo, la sentii dire:< Ora può rientrare.>, come risposta un ironico <grazie infinite per essere stata così disponibile, soprattutto con la paziente>; fortunatamente per lui la donna, di una stazza considerevole, non badò alla sua considerazione e si limitò a sbuffare: cosa avrà avuto quella mattina? Mah! Forse era sempre così.
Comunque non badai più agli atteggiamenti dell'infermiera quando il mio salvatore rientrò, spavaldo e malizioso, ma anche terribilmente dolce, nella mia camera: notai con piacere che l'inquietudine e la disperazione sul suo volto erano completamente sparite per lasciare il posto ad una freddezza ancora più marcata, che, tuttavia, era l'unico modo che aveva per nascondere i suoi veri sentimenti, che io ero comunque riuscita a riconoscere, perché vedevo in lui compassione nei miei confronti, perfino tenerezza. Non poteva certo mostrare queste emozioni: era un uomo, doveva essere impassibile, ma nessuno, neanche la creatura più insensibile del mondo, può essere immune dai sentimenti, nessuno può immaginare di vivere nell'apatia: l'uomo é sentimento. Così anche il mio uomo, per quanto lottasse, immergendosi nella sua freddezza, contro le proprie emozioni, non poteva sperare di nasconderle agli altri, tantomeno a me, che lo fissavo affascinata, incapace di distogliere lo sguardo.
Con molta calma si diresse verso la sedia posta vicino al mio letto e, finalmente, parlò:<Come stai?>; ma come? Non si presentava? Non mi chiedeva di presentarmi? Mi aveva parlato come se ci fossimo conosciuti da tempo, come se non fosse necessario conoscersi! Inizialmente rimasi un po' turbata da questo fatto: mi stava parlando con troppa confidenza, non sapeva nemmeno chi fossi! Poi, però, pensai che in fondo, in quel momento, in quell'ospedale, non fossero necessarie tante presentazioni, perché l'unica cosa importante era la mia salute, eravamo qui, io e lui, per questo. Perciò risposi:<Meglio, grazie. Lei?>, che stupida! Perché devo sempre fare queste domande inutili? Sembra che io stessa cerchi le situazioni imbarazzanti. Ma in fondo caro diario, stiamo parlando di un gentiluomo, infatti egli non mi fece pesare questa domanda imbecille e rispose sorridendo:<Io? Non preoccuparti per me! A me non é successo niente! >. Che strano, caro diario, solo quelle parole riuscirono a risvegliare in me quella razionalità rimasta ancora intorpidita sotto il peso dei sonniferi, solo in quel momento, perciò, mi resi effettivamente conto della mia situazione: ero in ospedale! Ma perché? Ero consapevole che mi fosse successo qualcosa di brutto, mi ricordavo il panico che avevo provato, ma non ricordavo gli avvenimenti, quindi, anche a costo di fare un'altra figuraccia, domandai titubante e molto timidamente:<Ma esattamente cosa mi é successo?>; egli parve inizialmente stupito da quella domanda, come biasimarlo? Ma poi la sua espressione divenne nuovamente sicura e mi rispose:<I medici mi avevano detto che il sonnifero che ti hanno somministrato ti avrebbe causato una momentanea perdita della memoria: per ora, siccome mi é stato ordinato di farti rimanere tranquilla, preferisco non spiegarti nulla, poi ti verrà detto. Piuttosto: come ti chiami? >
<Elena, Lei?>
<Dammi pure del tu!>
<Ah, va bene.>
<Comunque mi chiamo Leonardo.>
Questa fu la prima parte della conversazione più bella della mia vita: non é stato un inizio particolarmente loquace, me ne rendo conto, ma ti assicuro, caro diario, che anche nelle parole più semplici, nei sorrisi più ingenui, si cela il segreto per vivere brevi attimi di pura felicità, come quella che ho provato io.
Continuammo a scrutarci, sembrava che ci volessimo studiare, che volessimo sapere tutto l'uno dell'altro, per un attimo, stupita dal suo interesse, ho quasi immaginato che si fosse innamorato di me! Ma cosa dico! Sempre a fantasticare! La mia immaginazione ama prendersi gioco di me facendomi credere che fatti irrealizzabili, come il suo amore per me, possano invece accadere!
La situazione stava diventando un po' imbarazzante, nessuno sapeva cosa dire, perciò decisi di rompere quel silenzio e dissi:<Beh, grazie.>, lui mi guardò con aria ironica e rispose:<Grazie!? Per cosa?>, in quel momento mi trovai un po' in difficoltà, perché non ricordavo ancora cosa mi fosse accaduto, tuttavia mi seppi arrangiare:<Sei qui con me: di certo mi hai aiutata e comunque adesso sei qui con me, invece di andare a lavorare...>, non ero sicura che avesse un impiego, ma lo dissi comunque, cosa mi importava?, egli replicò con aria divertita:<Già... il lavoro... in questi anni é stato l'unico elemento della mia vita... ma cos'é il lavoro, lo stipendio, quando si può stare vicino a una persona, sostenerla in un momento di difficoltà e poi... non prendo un giorno di ferie da anni...>, le sue parole erano profondamente tristi e nostalgiche, gli doveva essere capitato qualcosa di veramente brutto per parlare così, eppure io me ne accorgevo soltanto adesso: io l'avevo detto, é un uomo che appare perfetto solo perché ha chiuso il proprio passato travagliato sotto il peso di freddezza e depressione, probabilmente con un'eccessiva dedizione al proprio lavoro. Fui spiaciuta per lui, ma non ebbi il coraggio di chiedergli spiegazioni, però il suo atteggiamento nei miei confronti mi sembrava un po' strano, non so dire in cosa, ma non lo capivo, quindi gli domandai:<Perché sei così legato a me? Insomma, ho notato che sei preoccupato, mi osservi, sei qui con me... ti senti in colpa, forse? Sei stato tu a farmi del male?>, questa domanda, così ingenua da parte mia, lo mandò in confusione e iniziò a parlare confusamente:<No... io non potrei mai fare del male... come hai potuto immaginare una cosa simile? Tu mi sei così preziosa...>. A questo punto la sua preoccupazione sembrò aumentare:<Volevo dire... non mi sei preziosa, ma mi spiace che tu soffra, come mi spiacerebbe per chiunque, insomma hai capito, no?> "certo che avevo capito! Come no? Le sue parole erano così confuse!", tuttavia risposi:<Certo, non ti preoccupare.>. Dopo poco si sentì la voce dei miei genitori fuori dalla camera, come erano preoccupati! Allora il mio uomo, o meglio, Leonardo, che aveva riacquistato la propria freddezza, che lo rendeva così misterioso... così affascinante, si alzò e mi disse che doveva andare, ma che sperava di vedermi presto, poi mi sorrise e uscì dalla camera.
Quella visita mi ha lasciato molti interrogativi: cosa intendeva quando mi ha detto che "gli ero preziosa"? Che gli ero preziosa come persona, perché una vita umana é sempre preziosa, o che gli ero preziosa come singolo individuo, e in questo caso, perché ero in ospedale o perché... si era innamorato di me!? No... che stupidaggine!
Inoltre sembrava avere molta fretta quando ha sentito arrivare i miei genitori: temeva forse che si insospettissero per la sua presenza? Beh, avrebbe potuto spiegar loro l'accaduto (a me venne narrato poco dopo), in fondo aveva compiuto una buona azione, o c'era qualcos'altro che lo aveva spinto ad accompagnarmi in ospedale e a rimanere con me, qualcosa che non poteva dire ai miei genitori?
Insomma, come ben avrai capito, quest'uomo sta diventando molto più misterioso di quanto lo fosse, e io mi sto interessando a lui sempre di più, perché nasconde qualcosa, ne sono certa, e perché mi attrae terribilmente, ma devo resistere: é troppo grande per me e poi, sarà, come mi é sempre capitato, un interesse passeggero basato su stupide fantasie: passerà.
Ciao caro diario, ti lascio perché sono stanca di scrivere, ma ti aggiorneró, lo prometto.
Tua Elena
STAI LEGGENDO
Un amore pericoloso
Romancela storia di un amore impossibile fatto di paura, sofferenza e attrazioni che perseguitano una giovane ragazza, la quale vede la propria vita sconvolta da una relazione che non comprende e di cui é una vittima accidentale; una bellezza fredda e prof...