quinto capitolo

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Faccio combaciare le mie dita bagnate con le sue e fisso lo scenario che si dipinge dietro la finestra:

La città non è molto lontana ma le macchine che corrono e le luci dei lampioni agli angoli delle strade sembrano macchie e abbozzi indistinti di un disegno lasciato incompleto.

Il cielo è una distesa di amaranto misto all'arancione, mentre il sole sta lentamente scomparendo dietro la campagna che circonda l'ospedale.

È un netto contrasto:
Mentre la fuori la vita procede inesorabilmente, il mondo gira lo stesso sempre a quella velocità, arriverà la primavera poi l'estate, spunterà la luna nel cielo nero di altre mille notti e chissà quante diavolo di stelle, io saró qui, a pensare che il tempo sembra essersi fermato.

Pur sapendo che non sarà mai cosí.

"Ti ricordi Jasmine? La figlia dei vicini dei tuoi genitori?
Quella che fa la ballerina a Las Vegas? Bhe ero invidiosa di lei e gelosa di te quelle poche volte che la incontravamo.

Invidiosa per le sue gambe perfette, dei suoi occhi grandi, del suo bellissimo sorriso, della sua bravura e dell'eleganza con cui si muoveva quando si esibiva.

Gelosa perchè avevo paura di perderti, è... è semplice innamorarsi delle belle ragazze.
Cioè, lei è perfetta, pensavo avresti potuto preferire lei ai miei mille difetti.

Insomma, ho sempre quel timore crescente nel petto di poterti deludere, non so se mi spiego.

Peró, avrei preferito pensare di perderti tra le braccia di una ballerina, che in questo modo, quello certamente.

Perchè ti amo cosí tanto da poter accettare il fatto che un giorno magari, capirai che la tua felicità non si chiama Caitline, e forse dopo qualche lotta di potere nella mia testa, riusciró a lasciarti andare. Ma non è questo il caso. Non è un letto di ospedale lo scenario che avevo immaginato.

Sappi che ci saró e non permetteró che ti accada qualcosa, useró tutte le mie forze e anche quelle che non ho per non farmi scappare la pissibilità di baciarti ancora"

Dopo che la mia voce stanca ha pronunciato le ultime parole, il silenzio si materializza nella stanza.

Prende il posto delle pareti e delle coperte, mentre il sole è gia scomparso dietro i pini.

E, mentre assorta e stremata osservo le fronde degli alberi muoversi sotto la prepotenza del vento, le lambrette cariche di raccolto abbandonare silentemente la campagna da una strada sterrata,

Un aereo bianco squarcia il cielo vuoto e si allontana sempre di piú, fino a essere inghiottito dal nulla.

"Signorina, credo sia meglio lasciarlo riposare, ora. Puó tornare domani, se vuole"

Ero tanto presa dal rumore dei miei pensieri che non mi ero accorta della ragazza filiforme in tenuta bianca.
Sorride come tutte le altre giovani infermiere che ho incontrato.

Mi sa che nei nuovi piani di formazione dei dottorati insegnino anche questo.

Raccolgo la giacca dalla sedia e devo fare appello a tutte le mie forze per abbandonare la stanza e lasciarlo solo.

Sono le sette e mezza e il corridoio è stranamente quasi vuoto. Sento le gambe tremare sotto ogni passo e le palpebre fremere per i nervi a fior di pelle.

Prima di uscire, dopo la traversata quasi infinita del primo piano, un dottore mi consegna un sacchettino di carta.

Sono gli oggetti personali di Matt, le uniche cose che sono riusciti a recuperare.

non appena sono in macchina, rovescio il contenuto sul sedile passeggero.

Solo tre cose:

Il cellulare, il mazzo di chiavi e il portafoglio.

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