"Sono disteso sul piumone disfatto e sulle lenzuola sparpagliate del mio letto, e penso. La pallina che tiro per aria ancora una volta mi torna in mano, e la faccio rimbalzare nuovamente.
Sono le 18 e fra meno di due ore dovrei trovarmi nella 94esima di Boston High, praticamente all'altro capo della città, in una stanza piccola e umida che puzza di lercio e legno bagnato.
In tempi non sospetti sono stato costretto dal professor Bucky a seguire un corso di orientamento matricole e non di filologia classica attuato da un gruppo di laureandi senza un cazzo da fare, smossi dall'impeto di aiutare il prossimo, manco fossero stati seguaci moderni di Gerald Hoton.
Quello stronzo del professore mi ha pure minacciato di non farmi arrivare nemmeno all'enunciato della tesi di laurea se non mi fossi messo a studiare veramente e a seguire i suoi metodi, che poi, vorrei sapere io cosa gliene importa di come mi preparo, partendo dal presupposto che ho 23 anni e sono all'università.
Mi tiro a sedere e mi strattono le ciocche di capelli che mi ricadono sulla fronte.
Estraggo una sigaretta dal pachetto nella tasca posteriore e l'accendo, fissando la brace rossa bruciare la carta.Mentre inspiro socchiudo gli occhi e cerco di trovare in quel gesto fondamentalmente letale, la possibilità e il modo di rilassarmi.
All'inzio forse riusciva addirittura anche a stendermi un po' i nervi e rendermi quasi un inetto qualsiasi, ma ora, non sento più nemmeno l'effetto che mi fa,
fumo senza un motivo preciso, lo faccio e basta, come fosse l'abitudine di un automa.Mi volto e rivolto in continuazione ma il mio sguardo rimabalza tra le pareti vuote e il silenzio dell'appartamento deserto.
Da quando Jasmine non vive più qua mi sono quasi abituato a non sentire più i suoi starnazzi, le sue urla e i suoi risolini isterici.
Mi sono abituato a non trovarmi in giro o sulla doccia i suoi reggiseni fucsia o il suo intimo accidentalmente capitato nei miei cassetti o i suoi capelli neri che svolazzano dappertutto fino a finirmi nella gola.
Non mi sono ancora abituato all'idea di rifarmi il letto da solo o cucinarmi qualcosa, dal momento che faceva tutto lei.
Devo ammettere che mi mancano le sue battute azzardate, la sua vodka alla fragola nascosta nell'armadio o le puntate registrate di Friend.
Ma più di ogni altra cosa mi mancano tutte le cazzate dell'ultimo momento che comminava e a cui io, Matt Cooper, ragazzo incasinato fino al collo, dovevo paradossalmente porre rimedio.
Afferro un paio di jeans a caso dal cassetto e mi cambio la maglietta, imprecando quando la sigaretta quasi del tutto consumata mi brucia il dorso della mano.
Malamente prendo le chiavi ed il cellulare e mi infilo nella macchina, cercando di evitare di imbattermi nei gemelli del vicino che ogni volta mi tartassano di domande.
È da mezzora che guido ininterrottamente tra alberi, siepi fiorite e negozi in ghingheri, facendo slalom tra pullman pieni di gente europea o ragazzine uscite da scuola e
Circa sette sigarette dopo parcheggio davanti ad un palazzo giallo e intrinsico di rampicanti.Da fuori sembrerebbe quasi un luogo di spaccio, una casa dove avvengono colossali scambi di droga e sballo, non di certo la sede di un corso universitario.
La sola visione del colore sbiadito e sbavato di nero in contrasto con il cielo coperto da nuvoloni grigi mi fa salire il malumore oltre i limiti consentiti, e non sono ancora nemmeno entrato.
Un gruppo di ragazze occhialute con un paio di raccoglitori in mano scorazzano assieme verso l'ascensore, parlottando e guardandomi di sottecchi:
So già di cosa blaterano, sciocche e sciatte secchione che vivono nutrendo preconcetti gerarchici nei confronti della gente con qualche tatuaggio sulle braccia e un chiodo di pelle nera anziché uno stupido cappotto marrone o un pantalone kachi.
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Tutto Quello Che Non Sai
DiversosNon è forse proprio quando ci si sente fieri e orgogliosi di ciò che si ha, che si rischia di perdere tutto?