Io, te

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*coff coff*

Ne ho inventata un'altra.

Dunque, tutto questo nasce da un'ora di insanità mentale questo pomeriggio; io e le altre ragazze, quando abbiamo scritto i prompt del contest "Nothing's only words" avevamo pensato che magari se ci veniva l'ispirazione avremmo scritto anche noi qualcosa (OVVIAMENTE senza partecipare xD)

E quindi niente, qui quello che è venuto in mente a me sulla prima traccia, che si sta per concludere, in cui si chiedeva di scrivere una OS o su un Mika del passato o su un Mika del futuro. Poco importa da dove arriva, è comunque una delle mie normalissime OS, solo che invece di usare una canzone ho usato qualcos'altro :P

Spero vi piaccia ;)


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Una mano ormai segnata dal tempo era tranquillamente appoggiata sulla sua gamba, a riposare.

L'altra mano invece stringeva un foglio di carta che, per quanto avesse ormai cinquant'anni, era ancora perfettamente intatto, rovinato soltanto dalle correzioni effettuate nel momento in cui le parole erano state scritte.

Le dita dell'uomo iniziarono a giocherellare con gli angoli di quel foglio che gli sembrava così prezioso in quel momento, un collegamento indissolubile con i suoi trent'anni, con tutto quello che ormai si era lasciato alle spalle, ma che avrebbe comunque ricordato con felicità, gratitudine e soddisfazione per tutta la vita.

Era il 18 agosto del 2063 e gli occhi castani del signore seduto su un vecchio sgabello vicino alla finestra - occhi che nonostante gli anni passati non erano cambiati e avevano mantenuto quella luce particolare che tanto li caratterizzava - si posavano su ogni singola persona che aveva deciso di affrontare il minaccioso e cupo temporale di quel giorno per camminare nelle strade umide e scivolose della sua Londra.

Guardava, ma non osservava; nella sua mente non c'era spazio per cercare di intuire il motivo che aveva spinto tutta quella gente a camminare nella via della sua casa, ciò che stringeva tra le mani non lasciava modo a nessun altro pensiero di coglierlo alla sprovvista.

Il passare degli anni non aveva in alcun modo intaccato la sua indole letargica - fatto che gli veniva spesso ricordato con una punta di divertimento - ma quella mattina si era svegliato incredibilmente presto; cercando di fare meno rumore possibile per non svegliare la sua metà, aveva aperto il cassetto in legno del suo comodino e ne aveva estratto una piccola chiave argentata.

Camminando vicino al muro e sostenendosi con una mano, aveva raggiunto la porta del suo studio. Due lievi colpi di tosse lo avevano colpito prima che riuscisse ad aprire la porta e a raggiungere lo scaffale sul quale vi era appoggiata la sua vita intera, quasi letteralmente.

Alla sua sinistra una cornice in legno decorata da sua sorella maggiore conteneva una foto della sua famiglia davanti alla Tour Eiffel, scattata quando ancora i suoi occhi vivaci erano incorniciati da un viso fanciullesco. Verso destra poi facevano capolino altri scatti, raffiguranti momenti importanti della sua vita, ma soprattutto persone che avevano contribuito a renderla una vita per cui essere felice. Sua madre, suo padre, le sue sorelle, suo fratello, il suo allora compagno e attuale marito, i loro figli, i loro nipoti. Una foto che era stata messa lì per ricordargli il suo sogno realizzato e per cui aveva tanto lottato in passato: lui, un palco, un microfono, un pianoforte e la folla di fronte a lui.

Gli album che aveva inciso nel corso della sua carriera musicale erano infilati con un ordine quasi ossessivo uno di fianco all'altro, con i titoli che svettavano sul dorso della copertina. Innumerevoli fogli ormai ingialliti dal tempo erano appoggiati uno sopra l'altro all'estrema destra; erano spartiti musicali che più di una volta aveva deciso di prendere tra le mani e osservare, nonostante non riuscisse ancora a comprenderli. Il suo primo concerto con un'orchestra, uno dei momenti che ricordava con più soddisfazione in assoluto.

The only one that ever turns a grey sky blueDove le storie prendono vita. Scoprilo ora