Erase, my love

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Buonasera gente :)

Ecco un'altra delle mie OS scritte millemila secoli fa e mai pubblicate su Wattpad. Oltre questa me ne mancano ancora tre se non sbaglio, una a cui sono molto legata e che ci avevo impiegato moltissimo tempo a scrivere (sarà la prossima che pubblicherò) e altre due che... beh, mi fanno un po' schifo xD Se dovessi rileggerle ora cambierei qualsiasi cosa. 

Ma non le rileggerò e non mi farò tentare, è giusto che restino così, quindi leggerete presto anche le prime due OS che ho scritto e nulla, mentre voi lo farete io chiederò asilo politico in Madagascar e andrò lì a nascondermi.

Quanto a questa OS è stata scritta in più giorni, decisamente quella che ho impiegato più tempo per scrivere; ricordo imprecazioni a più finire perché non riuscivo a scriverla come volevo io. E niente, smetto di parlare che ho già parlato troppo e vi lascio alla lettura :)

(Alcuni dettagli raccontati nella OS sono presi dall'intervista a Le Divan)

Pace e amore.


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Avere il permesso di entrare in ritardo a scuola aveva i suoi pro e i suoi contro.

In questo modo, Mika evitava tutte quelle persone che avevano come uno scopo nella loro vita, chissà per quale motivo, quello di prenderlo in giro. Tuttavia entrare in classe quando le lezioni erano già iniziate significava avere, per qualche secondo, tutti gli occhi dei suoi compagni di classe puntati su di lui.

Come ogni mattina, Mika si fermò per qualche secondo di fronte alla porta chiusa dell'aula, con una mano sulla maniglia.

Fece un sospiro: un'altra giornata infernale stava per cominciare.

Si fece coraggio ed entrò in classe: i professori, ormai abituati, non lo degnavano più nemmeno di uno sguardo. Gli occhi del ragazzo erano fissi sul pavimento mentre raggiungeva, il più velocemente possibile, il suo banco in fondo all'aula. Si sedette, cercando di scacciare quella lieve sensazione di calore sulle guance che sicuramente le aveva colorate, come sempre, di una leggera sfumatura di rosso.

Tolse dallo zaino un quaderno e l'astuccio, appoggiò una matita sul foglio e si estraniò dalla lezione.

Che senso aveva ascoltare il professore che parlava di letteratura inglese? La scuola per lui non era altro che un'enorme gabbia in cui doveva fingere di essere ciò che non era.

A proposito di fingere di essere qualcuno di diverso, i suoi occhi si posarono su una testolina bionda che in quel momento era appoggiata sulla mano sinistra di un ragazzo seduto nella fila centrale di banchi, più avanti rispetto a lui. Dalla sua postazione nell'angolo destro dell'aula, Mika riusciva a vedere quel volto di profilo: capelli lisci e biondi facevano da contorno a dei lineamenti fini e risaltavano due occhi azzurri e profondi. La mano destra scorreva veloce sul foglio che il biondo aveva davanti, probabilmente prendendo appunti sulla lezione.

Così passava le sue mattinate a scuola Mika: qualche volta con gli occhi fissi al di fuori della finestra, perso nei suoi pensieri, qualche volta con lo sguardo rivolto verso quel ragazzo, di cui l'unica cosa che sapeva era il suo nome: Andreas. Anche lui non doveva essere inglese, dal nome, ma non aveva mai rivolto la parola a quel ragazzo, così come a tutti gli altri suoi compagni di classe.

A volte anche la matita di Mika iniziava a lasciare tracce sul foglio, ma non per prendere appunti delle lezioni: annotava frasi sparse che, col tempo, avrebbero preso la forma di canzoni e che poi a casa prendevano vita direttamente dalla sua voce accompagnata dal suono delicato del pianoforte.

The only one that ever turns a grey sky blueDove le storie prendono vita. Scoprilo ora