~parte 7~

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Pioveva ora più che mai e Alex, ormai allo stremo delle sue forze, era proteso verso il vuoto. I capelli bagnati di Eluana cominciavano a scivolargli tra le dita.

Alex piangeva, imprecava e poi pregava che qualcuno gli prestasse soccorso. Finalmente, alla vista del pompiere sorridente che stava per raggiungerlo, mise insieme tutte le energie che aveva in corpo per rimanere aggrappato alla speranza di salvare se stesso e quella ragazza.

Nel frattempo anche i suoi colleghi e i poliziotti raggiunsero l'ultimo piano del parcheggio e, correndo più veloci del vento, si avvicinarono affannati ai due ragazzi.

«Mio Dio, Alex! Resisti, ragazzo!»

Alex si trovava in una posizione spaventosa, sopra un muro alto più o meno un metro e mezzo, affacciato sul vuoto, con la divisa fradicia, un braccio allungato a reggere Eluana e l'altro aggrappato disperatamente al muretto del piazzale.

All'ultimo momento, i colleghi che stavano per raggiungerlo e afferrarlo videro le sue gambe impennare dapprima verso l'alto e poi bruscamente virare verso sinistra, il braccio che prima era arpionato alla parete mollò la presa e Alex scomparve nel nulla.

«No, Alex, no!»

Dal parcheggio si levò un urlo di rabbia e disperazione, ma una volta raggiunto il muro tutti si sporsero guardando verso il basso e videro Alex aggrappato all'autoscala dei vigili del fuoco, stremato e spaventato ma vivo. Più in basso il corpo inerme di Eluana veniva portato sulla spalla dal pompiere che l'aveva tratta in salvo.

Ci fu un sospiro di sollievo generale e dalla folla si alzò un applauso spontaneo, seguito a ruota da gridolini di donne e chiacchiericci sommessi. L'agitazione era ancora tangibile nell'aria. L'adrenalina scorreva ancora nelle vene di quelle persone curiose e i loro cuori, a loro insaputa, battevano tutti all'unisono.

Quello di Alex batteva più forte di tutti. Se ne stava aggrappato saldamente ai pioli della scala viscida e fredda. Non gli importava del freddo, della gente, di sembrare un bambino spaventato. Non gli importava che lo vedessero piangere, non sapeva nemmeno lui se per la contentezza o per lo sfinimento. Nascondendo il viso nell'incavo del braccio dolente, singhiozzava come non faceva ormai da tempo finché una mano gli accarezzò i capelli.

«Bravo, ragazzo, hai fatto un ottimo lavoro. Devi essere orgoglioso di te stesso, hai salvato una vita. Ora scendiamo da questa scala e vieni con me, ti porto al caldo.»

Il vigile del fuoco aiutò Alex a staccarsi dai pioli e a scendere a terra lentamente a causa dei dolori muscolari. Appena mise i piedi sull'asfalto Alex fu soccorso dai medici che subito lo riscaldarono con una coperta e lo portarono dentro l'ambulanza per visitarlo.

Frastornato dal trambusto generale, Alex si sentiva di botto spossato e molto debole.

«Dov'è la ragazza?» chiedeva. «Come sta? Sta bene? È viva?»

«È nell'altra ambulanza, non si preoccupi,» gli rispose un soccorritore. «Adesso però si stenda e stia calmo.»

Alex cercò di rilassarsi, ma non appena sentì lo spiegarsi della sirena, si alzò di scatto dalla lettiga, aprì il portellone e saltò giù dall'ambulanza. L'altro mezzo di soccorso sgommando si allontanava a tutta velocità.

«Ma dove la portano? Non so nemmeno come si chiama!»

«Si chiama Eluana,» disse una voce dietro di lui.

Alex si voltò e si trovò attorniato dai suoi colleghi che lo abbracciarono per la gioia di vederlo sano e salvo.

«Alex, che spavento che ci hai fatto prendere!»

«Già, ma cosa è successo? Dai, racconta!»

«Era da molto che stavi lassù?»

I colleghi erano desiderosi di ascoltare il racconto di Alex, ma lui era ancora stordito e dolorante. Avrebbe raccontato tutta la storia più tardi o forse mai, per ora gli interessava soltanto Eluana e cosa ne era stato di lei. A testa bassa comunque li ringraziò per essersi preoccupati per lui. Salutati i colleghi Alex non poté invece sottrarsi alle domande dei poliziotti. Anche se non ne aveva assolutamente voglia, cercò di rispondere almeno a loro perché capiva che stavano facendo il proprio lavoro e che le sue risposte sarebbero state utili per capire meglio la dinamica dell'accaduto.

Nel frattempo il vigile del fuoco che lo aveva accompagnato giù dalla scala lo guardava da lontano. Quando Alex fu lasciato libero di andare, il pompiere gli si avvicinò lentamente con un foglio in mano protetto da una bustina di plastica. Alex lo vide venirgli incontro senza fretta, con uno sguardo dolce e intenso che gli ricordava tanto suo padre.

«Ciao, Alex, sono nuovamente io. Ho sentito pronunciare il tuo nome e comunque ormai puoi considerarti una specie di eroe! Il tuo nome ora lo sanno praticamente tutti. Voglio congratularmi ancora con te per aver dimostrato il tuo coraggio e il tuo tempismo.»

Rincuorato da quell'apprezzamento Alex si sentì soddisfatto di se stesso.

«Grazie... E tu, come ti chiami?»

«Mi chiamo Davide e sono il capo di questa squadra. Ascolta, ho un biglietto da darti da parte della mamma di Eluana. Purtroppo avrebbe voluto ringraziarti di persona ma, come hai visto, la ragazza è stata portata all'ospedale e la madre l'ha seguita. Comunque mi ha pregato di darti questo. Spero che ti faccia piacere.»

Davide se ne andò e lasciò Alex da solo ad aprire quel foglio.

"Una sola parola: Grazie, per aver salvato la mia bambina. Marta"

Il pezzo di carta era stato strappato da chissà dove e quasi accartocciato, la scrittura tremolante e insicura rivelava tutta l'angoscia di una madre in pena per sua figlia.

Alex rilesse quella frase più e più volte e rimase così, in piedi sotto la pioggerellina fine, con in mano quel piccolo foglio umido e sbiadito.

Doveva recarsi all'ospedale, lo sentiva sempre più chiaro dentro di sé. Voleva conoscere Eluana e assicurarsi che stesse bene. Ma soprattutto si sentiva in diritto di chiederle il perché di quell'insano gesto. Perché mai una ragazza di quindici anni dovrebbe tentare il suicidio? Cosa può portare una persona a spingersi così oltre? A superare la paura della morte?

Questo Alex proprio non lo capiva, ma aveva bisogno di sapere. Sì, sarebbe andato all'ospedale e avrebbe chiesto alla signora Marta di poter parlare con Eluana. In fondo glielo doveva ed era sicuro che non gli avrebbe detto di no. 

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