Capitolo 15

385 37 19
                                    

Un conato di vomito che trattengo mi disturba dal sonno e appena apro gli occhi il giramento di testa mi colpisce, facendoli richiudere. Prendo dei profondi respiri, sperando che la nausea passi e che mi faccia ritornare a dormire. Riapro gli occhi e allungo la mano, per prendere il cellulare posto sul como'. Lo accendo. '13 chiamate perse da papà', '5 messaggi su whatsapp' e '2 chiamate perse da Amy'.

Cazzo. Per prima cosa digito il numero di telefono di mio padre e, anche se in Italia è notte, lo chiamo. Una serie di squilli si susseguono finché un vocione familiare di un uomo mi risponde.

"Pronto?"

"Papà?" Lo chiamo con un filo di voce.

"Ma dove cazzo sei finita ieri sera? Ti ho chiamato più di dieci volte e non mi hai mai risposto! Non mi dire cosa hai fatto, lo so già. Mi ha raccontato tutto Jenni. Sei in America per ballare no per fare le ore piccole!" Mi rimprovera. In un certo senso ho ballato ieri sera. Ormai sono maggiorenne e fra pochi giorni ne compio diciannove. Ho fatto un viaggio lunghissimo e mi sono trasferita a Los Angeles da sola. Se una sera mi diverto non cade mica il mondo. So essere responsabile con me stessa.

"Papà io in America ci vivo" dico "Non sono qui solo per ballare" aggiungo.

"Allora ritorna in Italia! Cosa c'è di meglio lì?" James, penso. Subito dopo aver formulato la domanda il mio sguardo si posa su Jenni che è entrata dalla porta.

"Papà ora vado. Ti chiamo dopo" lo saluto e riaggancio. Lancio il telefono ai piedi del letto e senza pensarci due volte mi alzo, in tono di sfida, pronta a dirgliene quattro a Jenni. Ma il giramento di testa diventa sempre più forte e la voglia di vomitare maggiore. Mi risiedo subito.

"Non vomiterai, non hai mangiato nulla" dice avvicinandosi.

"La roba che ho bevuto ieri" affermo con un filo di voce.

"Già fatto"
"E quando?" Chiedo confusa.

"Ieri sera. Eri troppo ubriaca per ricordartelo" risponde facendo spallucce. In effetti non ricordo nulla di ieri sera. Non berro' mai più, questo è sicuro.

"Cosa è successo quando me ne sono andata?" Chiedo lanciandole uno sguardo.

"Abbiamo continuato a giocare ad 'obbligo o verità' e abbiamo un po' ballato" risponde.

"Kendall ti ha detto qualcosa?"

I suoi occhi all'improvviso si riempono di lacrime e cerca di trattenerle, inutilmente. Cominciano a rigarle il viso e abbassa lo sguardo. È troppo orgogliosa per piangere davanti agli altri.

"Ti piace ancora vero?" Le chiedo posandole una mano sulla spalla, per rassicurarla. 

"Si e non so che fare. Ieri sera, prima che me ne andassi, mi ha detto che il bacio per lui non ha significato nulla" risponde fra i singhiozzi.

"Sono stata solo una stupida. Mi sono illusa un'altra volta" continua.

"I ragazzi sono fatti così. Vedi solo James come mi ha trattato ieri mattina..."

"Si ma poi è venuto ieri sera a riportarti a casa" m'interrompe continuando a piangere. A quelle parole mi compare un sorriso sulle labbra e rivolgo lo sguardo alla porta, forse sperando che entri da un momento all'altro. La voglia di vederlo si fa maggiore. Voglio solo abbracciarlo e sentire il suo profumo e la sua voce. Non chiedo nient'altro.

Mi concentro di nuovo su Jenni che è intenta ad asciugarsi le lacrime. Solo adesso noto che ha ancora i vestiti di ieri sera.

"Hai dormito così?" Chiedo

You||James Maslow||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora