Capitolo 6

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LEGGETE LA NOTA ALLA FINE PLSSS !!

Shirley.

Picchiettavo impazientemente le dita sul legno scuro della scrivania in camera di Sam.
La ragazza era rimasta nel bagno tutto il giorno. Tutto il santo giorno.
Sentivo dei rumori all'interno del piccolo ambiente, dei singhiozzi, parlava da sola.
L'avevo chiamata più volte ma non mi aveva risposto.
Marie mi aveva costretto a lasciare la camera e poi ero qui, ad aspettarla, di nuovo.
Fuori il sole aveva ormai lasciato posto al buio della notte che avvolse la città, addormentando i cuori dei bambini e dei barboni allungati sulle panchine dei parchi.
Le luci dei palazzi, dei lampioni ai lati delle strade, dei fari delle macchine, degli autobus e dei taxi, sembravano piccole lucciole che si muovevano velocemente.
Qui invece dormiva sempre tutto.
Sembrava che questa villa fosse all'interno di una clessidra congelata.
La sabbia non scendeva. Il tempo non passava mai.

La porta del bagno si aprì cigolando, facendomi distogliere velocemente lo sguardo dalla finestra che tanto avrei voluto scavalcare, a costo di rompermi una gamba.
«Allora?»
Lei fece spallucce.
Aveva gli occhi gonfi, aveva pianto.
Le guance arrossate così come il naso.
Le labbra secche, i capelli disordinati, le mani tremanti.
«Non lo so, non funziona...» blaterò senza guardarmi negli occhi.
«Come non funziona? Aspetta che ti aiut-»
«No.» mi fermò non appena accennai ad alzarmi e ad andare verso di lei.
Sbattei le palpebre confusa e riprese affrettando le parole: «C-cioè, non c'è bisogno che mi aiuti. Vai in camera tua.»
«Cosa!? Sam ti ho attesa tutto il dannato giorno, sono stata senza fare nulla per te e le ore sembravano non passare mai! Perché cazzo mi tratti in questo modo?» dissi alterata contro la ragazza dinanzi a me.
«Tanto non avresti avuto da fare nulla comunque. Vai in camera, è tardi.»
Sussurrò con voce piatta, senza un accenno di emozione.
Aprii la bocca ma non ne uscì fuori alcun suono.
«Va bene, non vuoi essere aiutata. Cazzi tuoi, il peggio è per te, poi però non venire a piangere da me quando sei in difficoltà!» le urlai contro e uscii sbattendo forte la porta.
Rimasi lì fuori e la sentii buttarsi sul letto per poi cadere in un pianto isterico.

Sospirai e poggiai un palmo della mano sul legno della porta dipinta in bianco.
Non ce la facevo a lasciarla nel momento in cui aveva bisogno di aiuto, anche se non lo voleva, non era da me farlo. Lei c'era sempre stata quando ne avevo bisogno.
Forse ero stata troppo cattiva? Aveva bisogno di comprensione?
Ero molto arrabbiata, non riuscivo a sopportare il fatto che mi avesse mandato via così, con nonchalance, mentre io avevo aspettato in ansia tutta la giornata, per lei.

«Ehi, tu!» gridò la voce di un uomo che stava percorrendo il corridoio.
Mi voltai di scatto, sobbalzando.
«Cosa ci fai fuori dalla tua abitazione, eh?!» ringhiò e mi appiattii contro il legno, non sapendo cosa fare. Volevo scappare ma c'era qualcosa che mi teneva i piedi incollati al pavimento.
Era grosso, spalle larghe, capelli corti e corvini e occhi verde pistacchio.
Della barba gli incorniciava il mento e i suoi pugni erano chiusi lungo il suo busto.
«Rispondimi!» mi afferrò i capelli per poi strattonarli, facendomi gridare dall'improvviso gesto violento.

Non ero mai stata trattata così, ma quello non era niente in confronto, mi ricordò il mio subconscio. Ero stata fin troppo fortunata.
«I-io..» balbettai impedendo alle lacrime di uscire. Mi faceva male.
I suoi occhi mi penetravano, mi bruciavano l'anima quasi come quelli di un demone.
«A chi appartieni?» domandò poi.
«N-non lo so..»
«Non mi devi dire cazzate!! A chi appartieni!?» mi alzò dai capelli e mi sbatté contro la porta di Sam.
«Ti ho detto che non lo so!» piansi dal forte dolore alla testa e ai capelli.
«Tu, lurida putt-»
La porta si aprì, zittendo l'uomo dinanzi a me, rivelando una Sam tremante dalla paura a causa di quello che stava per fare.
«La lasci, la prego.» disse cercando invano di mantenere un tono freddo e piatto.
«Stai zitta tu. A chi cazzo appartiene questa puttana?!»
«A nessuno, Signor Hoechlin.»
Questo signor Hoechlin mi guardò con disprezzo.
Il suo sguardo volò da me a Sam per un paio di volte. Poi allentò la presa e mi lasciai cadere sul pavimento freddo.
Guardai Sam, la quale mi accennò un sorriso prima che il suo Padrone la sbatté all'interno della stanza, per poi entrarci dentro.
Sam mi aveva salvata, in un certo senso.
Sentii dei forti rumori provenire dall'interno.
La stava picchiando, lei gemeva dal dolore.
Le mie mani tremarono e una lacrima mi rigò la guancia.
La volevo aiutare, Dio se volevo farlo, ma avevo paura.
Le due parti opposte in me lottavano fra di loro.
Altri rumori. Quella che mi parve una sedia cadde.
Il sangue mi pulsava nelle vene, sudavo a freddo, le mie mani cercarono di afferrare la maniglia della porta ma i miei piedi furono più veloci e mi condussero in camera mia, tradendo me stessa e l'unica persona che teneva a me dentro quel posto orribile.

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