Alex
Quando aprii quella porta il mio cuore smise di battere. Lei era lì riversa in quella brandina, i vestiti un po’ strappati qua e là e il suo splendido viso aveva degli ematomi. Presi un gran respiro e tutto il coraggio che avevo in corpo e mi avvicinai a lei pregando che fosse ancora viva. Trassi un sospiro di sollievo quando fui accanto a lei. Respirava ancora. Prima di portarla via da lì scesi per dare una lezione a quel abominio.
Come una furia andai da lui e gli assestai un pugno sul naso e sperai tanto che gli si fosse rotto. <<Tu, essere ignobile, feccia umana, puoi pure scordarti di lei perché non la rivedrai mai più, e puoi starne certo, che ci marcirai in prigione!>>, gli urlai tutto l’odio che provavo dentro verso di lui. Nessuno doveva osare far del male alla mia Marta. Nessuno!
<<Ragazzi, andate nell’altra stanza e portatevi questa feccia, non voglio che la vediate>>. Fecero come gli fu detto senza dire parola e io nel frattempo risalii da lei.
La presi in braccio il più delicatamente possibile, come se fosse fatta di cristallo, non volevo farle ancora più male. Quando fu tra le mie braccia aprì flebilmente gli occhi e mi fece un sorriso e poi perse di nuovo i sensi. Volevo tornare da quel essere e dargli il resto ma lei aveva bisogno di cure. Di me.
Quando tornai a casa chiamai il medico di famigli per farla visitare. Per fortuna non aveva niente di grave, doveva solo stare a riposo finché le ferite non sarebbero guarite, ci raccomandò di farla mangiare e farle prendere qualche chilo perché era mal nutrita.
Quando il medico se ne fu andato chiamai in miei genitori e raccontai l’oro l’intera faccenda. <<Tranquilla tesoro, farò intervenire i miei avocati, e puoi starne certa che ci rimarrà a vita in carcere quell’uomo e mi assicurerò personalmente che la chiave venga gettata>>, mi rassicurò mio padre.
<<Ehm, papà, vorrei chiederti una cosa>>, gli dissi titubante. Volevo che Marta fosse affidata a noi.
<<Chiedi pure tesoro>>.
<<Volevo chiederti di far affidare a noi Marta, sai, visto che ora è rimasta sola…>>.
<<Puoi starne certa che Marta d’ora in poi vivrà a casa nostra, dopotutto, fa parte della famiglia. Farò occupare i miei avocati anche di questa vicenda, tesoro>>. Se fosse stato qui con me lo avrei abbracciato come non mai.
<<Ti voglio bene papà>>, gli dissi con il cuore.
<<Anch’io ti voglio bene, tesoro>>.
Finita la chiamata andai da Marta che si trovava in camera mia e la trovai a fissare il soffitto con lo sguardo assente. Bussai alla porta per non farla spaventare ma non si mosse, restava lì ad osservare il soffitto.
Decisi di andare a sdraiarmi accanto a lei: <<Ero convinta che ci fosse un bell’affresco sul soffitto ma non c’è, che peccato>>. Niente, era impassibile.
Sbuffai: <<Il dottore mi ha raccomandato di farti fare un bel bagno caldo per rilassarti un po’, ce la fai da sola?>>. Niente, non mi rispondeva. Mi alzai e andai a prepararle un bagno caldo.
Quando tornai dal bagno era ancora in quella posa. <<Il bagno è pronto. Di certo non sarà Wilson ad aiutarti>>.
Non riuscivo più a sopportare di vederla in quello stato catatonico, così la presi in braccio e la portai con me in bagno, mi tolsi le scarpe ed entrai nella vasca con lei, con addosso ancora i vestiti. <<Va meglio ora, non è vero?>>, le chiesi baciandole i capelli. La sua risposta fu di stringersi a me e accoccolarsi sulla mia spalla. Era già qualcosa.
Decisi di prendermi una pausa da scuola fino a quando non si sarebbe ripresa perché non volevo allontanarmi neanche un’istante da lei.
L’indomani mattina venne a trovarmi Ben che mi diede la buona notizia che quella feccia era stata arrestata e che i ragazzi se n’erano andati poco prima dell’arrivo della polizia. Mi aveva anche portato due valigie con i vestiti di Marta e al pensiero che avesse messo mano tra la sua biancheria intima mi ribolliva il sangue nelle vene ma mantenni la calma solo perché aveva cercato di essere gentile.
<<Grazie Ben>>, lo ringraziai con imbarazzo, ancora non mi ero abituata al nostro nuovo rapporto di amicizia.
<<Figurati, questo ed altro per un amica>>, mi disse anche lui imbarazzato, <<senti, Miriam vorrebbe parlarti a quattrocchi, deve parlarti di una cosa importante, così mi ha detto>>. Anche lei ci si metteva adesso!
<<Non ho tempo per andare da lei per parlare>>, gli dissi irritata.
<<Ehm, veramente in questo momento si trova nella mia auto che aspetta di parlarti>>. Cosa! Non riuscivo a credere alle mie orecchie.
Sbuffando gli dissi, <<Falla venire qui>>.
Titubante Miriam andò a sedersi sul mio gran divano bianco. <<Di cosa vuoi parlarmi?>>, le chiesi.
<<Di noi>>, mi guardò per un attimo dritto negli occhi e poi proseguì, <<è inutile che continuiamo così, tu non vuoi me, ma lei. Perché ti ostini tanto a starle lontano e poi alla minima cosa corri da lei? Io non sopporto di vederti soffrire>>, sputò fuori tutto ciò che probabilmente era da tempo che voleva dirmi.
<<Le sto lontano perché starle vicino e non poter consumare questo fuoco che ho dentro mi distrugge, mi logora fin dal profondo della mia anima>>.
Mi guardò con la tristezza negli occhi.<<Alex, lei ti ama, anche se lo nega, ma non può mentire al suo cuore>>.
<<Lo so, e ora ho anche capito la ragione della sua negazione>>. A quel pensiero strinsi forte i pugni fino a farmi diventare le nocche bianche.
<<Ti dico solo che devi lottare per lei, fa bruciare quest’amore>>.
<<Lo farò>>, le dissi solennemente, <<e tu?>>.
<<Io? Sarò felice per voi>>. Anche se mi sorrideva, i suoi occhi non potevano mentirmi. Andai da lei e la abbracciai.
<<Buone notizie Marta, Ben ti ha portato i tuoi bei vestiti!>>, le annunciai allegramente quando fui entrata in camera, <<quando tornerà dal supermercato, la cuoca ti darà una mano a vestirti>>.
<<Fallo tu>>. Era da ieri che non proferiva parola e quando finalmente parlava, mi diceva di aiutarla a vestirsi.
<<Cosa?>>, chiesi incredula.
<<Aiutami tu a vestirmi>>.
Trassi un bel respiro e le andai a prendere un pigiama dalla valigia. Titubante e con le mani tremanti cercai di toglierle il mio pigiama per poi metterle il suo. Che ansia!
Mi osservava mentre io cercavo di sbottonarle il sopra del pigiama, impresa che mi riuscii difficile. Io non ce la facevo, non riuscivo a sopportare di vederla in quello stato.
<<Scusa, ma non posso...>>. Uscii dalla stanza in fretta a finché non vedesse le mie lacrime. Lacrime che sgorgavano solo per lei.
In quei giorni la situazione fra noi due era al quanto bizzarra. Io non avevo il coraggio di guardarla dopo quello che era successo; Wilson quando andava da lei la trovava sempre in quello stato catatonico. Era depressa e io dovevo fare qualcosa.
Presi il mio regalo che custodivo gelosamente nella mia cassaforte segreta e me lo misi nella tasca interna del mio giubbotto in modo tale da non perderlo. Volevo portarla in moto nel mio posto segreto che neanche lei conosceva e lì le avrei dato il mio regalo di Natale e speravo anche, che si riprendesse da quel suo stato da zombie.
Andai nella sua/mia stanza. Se ne stava lì a fissare il soffitto, se c’era qualcosa io non la vedevo proprio.
<<Marta, vestiti che usciamo>>, le dissi quando entrai nella stanza.
Mi guardò per un secondo e poi tornò a fissare il soffitto.
Indispettita andai da lei: <<Marta, alzati o ti butto un secchio d’acqua gelata e sai che ne sono capace!>>.
Mi guardò torva e sbuffando si mise a sedere. <<Bene, vedo che hai capito. Vestiti che ti porto in un bel posto>>, le dissi per poi uscire dalla stanza per darle un po’ di privacy.
Qualche minuto più tardi bussai alla sua porta. <<Posso entrare?>>, chiesi ma non ricevetti nessuna risposta, decisi di entrare comunque ma con gli occhi chiusi.
<<Marta, sei vestita?>>, le chiesi camminando a tentoni per poi inciampare su qualcosa e cadere fragorosamente a terra.
<<Ahi! Ma che ci fa questa valigia in mezzo ai piedi!>>, mi lamentai dolorante. Sentii un suono meraviglioso, era lei che rideva con gusto, il mio cuore si riscaldò come non mai.
<<Si anch’io sono imbranata>>, dissi. Tutti erano convinti che fossi perfetta quasi un automa ma in realtà si sbagliavano di grosso, io ero un comune fragile essere umano.
Mi alzai e andai da lei, mi avvicinai al suo viso che diventò improvvisamente rosso. <<Ti voglio portare in un posto segreto, che neanche tu conosci, ti va?>>. Ci pensò un po’ ma poi annuì.
La presi in braccio e lei con un po’ d’imbarazzo si lasciò trasportare da me.
Quando la portai davanti alla mia moto la guardò, come dire… con orrore.
Mi guardò accigliata per poi dirmi, <<Io su quel coso non ci salgo>>.
<<Allora il gatto non ti ha mangiato la lingua>>, la presi un po’ in giro e lei per l’imbarazzo si voltò dall’altra parte.
<<Tranquilla, se sapessi che fossi in pericolo non ti ci farei salire, ma con me non corri nessun rischio>>, le sussurrai.
<<Dammi il casco>>, mi disse in fine sbuffando.
<<Ok, però ti devo mettere giù>>. La feci scendere con delicatezza dalle mie braccia e andai a prendere i caschi.
<<Tieni>>. Le porsi il casco che lei guardò come se fosse uno strano marchingegno. Dovevo ammetterlo, era buffa.
<<Invece di ridere sotto i baffi, perché non mi aiuti a mettere quest’affare?>>. Dal suo sguardo intuivo che voleva uccidermi in quel momento.
Le misi il casco in testa e l’aiutai a salire sulla moto. <<Va bene ora?>>, le chiesi e la sua risposta fu un pugno al mio povero braccio destro.
Indossai il casco e salii in sella alla moto, misi in moto e partii.
<<Eccoci arrivati!>>, esclami quando fummo arrivati. Durante tutto il tragitto, Marta si era così avvinghiata stretta a me che quasi temetti di morire stritolata.
<<Cos’è quel coso?>>, mi chiese dopo che si fu tolta in casco a fatica.
<<Quel coso, come lo chiami tu, è il mio fortino segreto che ho costruito con mio padre>>. Mi guardò come se fossi fuori di testa.
Quand’ero piccola, prima che ci incontrassimo, mio padre per il mio compleanno mi aveva comprato un piccolo terreno situato su una collina e avevamo costruito quel fortino dove ci passavamo i momenti più belli della mia vita.
<<E perché io non ne so niente?>>.
<<Che fortino segreto sarebbe se lo sapessero tutti?>>. Alzai gli occhi al cielo.
<<E allora perché mi ci hai portata?>>.
<<Ehm… perché… be’, perché mi andava, punto>>. Non sapevo bene il perché l’avessi portata qua ma forse era solo perché volevo che diventasse il nostro posto speciale lontano da tutto e da tutti.
<<Tuo padre non si arrabbierà se viene a scoprire che mi ci hai portata?>>.
<<Chi, mio padre? Neanche so se è in grado di arrabbiarsi>>.
<<Sì, hai ragione>>. Scoppiammo a ridere.
<<Su entriamo!>>, esclamai.
<<In quel coso, non credi che ci cadrà addosso?>>, mi chiese allarmata.
<<Tranquilla, anche se non sembra è piuttosto solida la struttura>>. Anche se con scetticismo, si lasciò condure da me dentro il fortino.
<<Un po’ polveroso>>. In effetti non aveva tutti i torti, infondo era da un po’ che non ci entravo.
<<La prossima volta ci armeremo di scopa e paletta>>.
<<Tu che pulisci?!? Questa mi è nuova>>.
<<Ah, ah, spiritosa>>, le feci una linguaccia che lei ricambiò. Finalmente le stava ritrovando il sorriso.
Andai a prendere una lampada portatile e la accesi per fare un po’ di luce e mi accomodai sul pavimento polveroso. <<Perché non ti siedi accanto a me?>>, le chiesi. Mi guardò come se fossi fuori di testa, un'altra volta. <<Un po’ di polvere non ha ucciso mai nessuno>>, la rassicurai. E con un po’ di scetticismo si sedette accanto a me.
Era arrivato il momento di darle il mio regalo. <<Ehm...vorrei, ecco, darti una cosa>>. Ero in preda all’imbarazzo totale.
<<Veramente anch’io devo darti una cosa>>. E cosa? pensai.
<<Prima io>>. Estrassi il pacchettino che avevo nascosto all’interno del mio giubbotto e glielo porsi. Lo aprì e i suoi occhi si illuminarono di gioia. <<Non… non avresti dovuto, chissà quanto ti è costato...>>.
<<Marta, per una volta sta zitta e accetta il mio regalo>>. Per me i soldi non avevano importanza, l’unica cosa che mi interessava era la sua felicità e nient’altro, solo lei.
<<Ok>>. Presi il braccialetto e glielo misi al polso, le stava un incanto.
<<Buon Natale Marta, anche se in ritardo>>.
<<Buon Natale Alex>>, mi disse ridendo.
<<Allora, cosa volevi darmi?>>, le chiesi curiosa.
<<Chiudi gli occhi>>. Anche se un po’ confusa feci come mi fu chiesto e chiusi gli occhi. Sentii il suo caldo e dolce respiro su di me e poi le sue labbra furono sulle mie.
Quando si staccò da me notai che era super imbarazzata. Io me ne stavo lì imbambolata e confusa. Perché mi aveva dato quel bacio?
<<Grazie, Alex>>, mi disse dopo aver ritrovato le parole.
<<Per cosa?>>.
<<Per avermi salvata e per esserci sempre nonostante tutto>>. Abbassò lo sguardo.
<<Io non l’ho fatto per farmi dire grazie>>. La guardai per un po’ e poi proseguii, <<sono molto arrabbiata con te>>.
<<Perché?>>, mi chiese allarmata.
<<Perché mi hai nascosto molte cose, e poi, ho parlato con i tuoi ex ragazzi ed ho scoperto molte cose che tu dovrai chiarirmi, non credi?>>.
La sua espressione si mutò in colpevole. Avevo dunque centrato il punto della vicenda. <<Probabilmente un semplice scusa non basterebbe per le mie azioni, ma vedi, ecco, io avevo mille pensieri che mi frullavano per la testa: questo è sbagliato e non ci devo pensare. Devo dimenticarla. Io non vado bene per lei, oppure pensavo a come potrei mai piacerle, in fondo io non sono nessuno...>>, mentre pronunciò l’ultima parola la sua voce si affievolì. <<Vedi Alex, io ho cercato di reprimere in tutti i modi i miei sentimenti, mi sono messa anche con dei ragazzi nel vano tentativo, ma non so come, quando tu apparivi ero tentata a vedere se ti ingelosivi>>. Allora era questa la verità, che stupida che ero stata a non accorgermene.
Come al suo solito quando era nervosa si tormentava quelle sue belle dita.
Mi avvicinai a lei, quasi a baciarla, eravamo a un respiro di distanza. <<Marta, devo sapere... cosa provi per me?>>. Il mio cuore andava a mille.
<<Io… ti amo dal primo giorno che i miei occhi hanno posato lo sguardo su di te>>. Il mio cuore perse un colpo.
<<Perché non me lo hai mai detto?>>, le chiesi con la voce tremante.
<<Perché? Avevo paura e poi, tu puoi avere di meglio>>. Quando diceva queste sciocchezze mi faceva ribollire il sangue dalla rabbia.
<<Quando spari queste cavolate mi fai salire una rabbi incredibile. Marta, tu sei fin troppo per me, e poi, in ricchezza o in povertà io ti amerei sempre, incondizionatamente, a me importa solo di te>>.
<<Non voglio che per colpa mia rovini la reputazione dei tuoi genitori>>, mi disse in fine.
<<Be’, se è per questo, ci ho già pensato io, e poi, per quanto ne so sarebbero felici… ecco, se noi due ci mettessimo insieme>>. Che imbarazzo. Dalla sua espressione capivo che non era tanto convinta, quindi cercai una soluzione, <<Comunque, se vuoi potremmo fare tutto in segreto, ma non ti ci abituare>>.
Un mezzo sorriso compiaciuto le apparve sul viso: <<Ok, va bene>>.
<<Bene, allora, posso avere un bacio?>>, le chiesi timidamente.
<<Non c’è bisogno che me lo chiedi, basta solo che ti avvicini alle mie labbra>>, mi sussurrò per poi darmi un tenero bacio sulle labbra.
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L'amore Di Un Amica
RomanceQuesta storia parla di due ragazze che sono amiche sin dall'infanzia e sono inseparabili. La prima si chiama Marta ed è una ragazza bellissima e raffinata, anche se non è né ricca e né aristocratica ed è corteggiata dai ragazzi. La seconda si chiama...