capitolo 2

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Era passata già una settimana da quando quei due si erano ufficialmente messi insieme, da quel giorno non riuscivo più a stare molto con lei, eccetto che, in classe e la sera, quando veniva da me per dormire insieme, per il resto niente, stava tutto il tempo con lui. Mi diceva che, Ben voleva uscire con lei. Ben voleva stare con lei. Ben le voleva comprare tutto quello che desiderava. Ben la portava in pasticceria. Sempre e solamente Ben gli usciva dalla bocca. Era insopportabile! Lo odiavo!
Durante il pranzo insisteva che dovessi stare al tavolo con loro, ma ogni volta era come se non esistessi, stavano sempre a sbaciucchiarsi. Infondo non potevo farci nulla.
Quella situazione non mi piaceva, così iniziai ad allontanarmi da lei trovando sempre delle scusa, ogni volta il suo sguardo si rattristava, ma era giusto che andasse così. Io non volevo essere il terzo incomodo. Mai.
Mentre ero al mio armadietto per riporre le mie cose, casualmente, senza volerlo ascoltai una conversazione che mi fece ribollire il sangue nelle vene.
Ben e i suoi amici si fermarono a parlare senza accorgersi della mia presenza. <<Hey Ben, quando te la scoperai?>>, gli chiese un suo amico con tono da strafottente.
Una risata: <<Devo dire che quella ragazza è tenace e non me la vuole dare tanto facilmente, ma ci sono quasi, dopo di che, la scaricherò>>. Quelle sue parole mi fecero infuriare più che mai. Come poteva fare una cosa del genere alla mia Marta!?
Sbattei violentemente lo sportello. Tutti si voltarono, compreso il mio obbiettivo. Non ci vedevo più dalla rabbia, le mani mi prudevano come non mai.
<<Sei morto!>>, gli dissi a denti stretti per poi gettarmi a capofitto su di lui.
Lo scaraventai sul pavimento, predendolo per il coletto e con l'altra mano lo presi a pugni. Volevo cambiargli i connotati. I suoi amici cercarono di dargli una mano ma io ero irremovibile e troppo forte per loro.
<<Fermati Alex!>>. Quella voce così familiare mi fece tornare alla realtà.
Alzai lo sguardo e la vidi che piangeva, ed era tutta colpa mia.
<<Ma sei impazzita, perché lo stai picchiando?!>>. Non sapevo cosa dirle, ero pietrificata.
<<Allora Alex!>>, m'incitò a parlare.
<<Io... io... l'ho fatto perché ha detto qualcosa che mi ha dato fastidio>>, le dissi con tono sprezzante.
<<E per questo lo hai picchiato?>>, il suo sguardo era gelido, <<Alex, ti odio, non voglio più vederti!>>. Mi sentii morire, mi mancava l'aria. Che cosa avevo fatto? Non sapendo che fare. Mi alzai e me ne andai il più lontano possibile da lì. Da lei.
L'avevo fatta arrabbiare e adesso mi odiava. Adesso che sarebbe successo? Era tutta colpa mia, non avrei dovuto gettarla tra le sue braccia. Avrei dovuto oppormi. Che stupida che sono!
Raggiunta l'auto ci salii e sfrecciai a tutta velocità, volevo dimenticare, c'era solo un modo per farlo.
Raggiunsi il peggior quartiere malfamato della città e mi recai in una taverna.
<<Mi porti la cosa più forte che ha e lasci la bottiglia>>, dissi al barista che mi guardò strano.
<<Dimmi, hai l'età per bere?>>, mi chiese.
Estrassi dalla tasca una banconota da cento e la porsi al barista che prese ben volentieri portandomi una bottiglia con un liquido ambrato e porgendomi un bicchiere, <<Ecco qua, divertiti>>.
<<Lo farò>>, gli dissi con amarezza.
Aprii la bottiglia e riempii il bicchiere fino all'orlo, presi un gran respiro e buttai tutto giù d'un fiato. La mia gola prese fuoco, il dolore mi aiutava ad alleviare la mia sofferenza, ma per quanto?
Dopo un po' svuotai la bottiglia e ne ordinai un'altra, mi sentivo frastornata e la testa mi girava.
<<Non credi di aver bevuto abbastanza?>>, mi chiese il barista.
<<Non sciono affari tuogli>>, fargliai additandolo.
<<Va bene, ma dopo non contare sul mio aiuto>>, mi disse acido.
<<Me la scio cavagle beniscimo dasciola, non ho bisciogno del tuo agliuto>>.
Il tempo passava e finii anche la seconda bottiglia, ne avevo abbastanza di quel posto puzzolente, così pagai il conto e un po' traballante me ne andai da quel postaccio.
Ero totalmente confusa e disorientata, non ricordavo dove fosse la mia auto. In lontananza scorsi un gruppo di ragazzi, così decisi di chiedergli se avevano visto la mia auto.
<<Scusciate ragasci, avete visto la mia auto sportiglia?>>.
Uno di loro si rivolse all'amico: <<Hey, hai per caso visto la sua auto sportiva?>>, rise.
<<No, ma se l'amico ci da le sue chiavi la trovo di sicuro>>, mi guardò da capo a piedi.
Cercai le chiavi, ma avevo qualche difficoltà di coordinazione.
Uno di loro si avvicinò a me: <<Lascia che ti aiuti>>.
Non mi piacque il suo modo di fare, così lo spinsi via.
<<Hey, non fare così>>. C'era qualcosa che non andava.
<<Vattegne o ti prendo a pugli>>, lo minacciai.
Egli e i suoi amici si guardarono per poi rivolgere lo sguardo su di me e sogghignare.

L'amore Di Un AmicaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora