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Dei fastidiosissimi raggi di sole entrano dalle tapparelle della finestra, mi finiscono proprio sugli occhi, e quindi mi sveglio. Cerco di poggiarmi sui gomiti, ma mi accorgo che il braccio muscoloso di Jackson mi stringe ancora forte a sé. Abbiamo addosso una coperta, che sospetto abbia messo lui. Jackson dorme ancora, le sue gambe sono ancora aggrovigliate alle mie, e vorrei che questo momento durasse per sempre: lo osservo mentre dorme, la bocca leggermente aperta, i capelli tutti arruffati ed il suo braccio che mi circonda come se volesse tenermi ancorata a lui per sempre.
Mi giro verso di lui, senza liberarmi della sua stretta. Mi avvicino al suo viso, e gli deposito tanti piccoli baci sul naso e poi scendo verso la bocca. Sento che reagisce, perché muove a stento le labbra.
-Che bel risveglio- farfuglia con voce roca.
-Buongiorno- gli rispondo io. Di solito non lo dico, abbrevio con un 'giorno', ma questo sì che è davvero un buon giorno.
Mi stendo di nuovo, e Jackson si tira su un fianco e appoggia la testa sulla mano. Mi guarda e intanto mi accarezza un fianco scoperto dalla camicia nera di ieri sera.
-Volevo chiederti una cosa- dice lui spostando la mano sui miei capelli, e portanti una ciocca dietro l'orecchio.
-Cosa?- gli domando sorridendo.
-Vorresti venire al ballo della scuola con me?- mi propone lui sorridendo. Faccio una strana smorfia di disapprovazione.
-Non vuoi?- insiste lui.
-Non è che non voglio, è che non è nel mio stile. Fare quello che fanno tutti ci rende omologati- gli spiego- e poi si vestiranno tutti di azzurro- continuo.
-Potremmo vestirci di un altro colore, così non saremo tutti uguali. E poi è l'ultimo anno- mi prega un po', ma allo stesso tempo stuzzica la mia curiosità, e una piccola parte del mio essere è sempre voluta andare al ballo con il suo principe azzurro.
-Va bene- il suo viso si illumina e sorride con un bambino la mattina di Natale.
Però all'improvviso mi assale il panico: guardo la sveglia sul comodino e vedo che sono le 11a.m., il lavoro! penso.
Jackson deve aver notato la mia faccia, infatti domanda- Che succede?-
-Il lavoro, Dio, sono in ritardo- rispondo io, mentre mi alzo dal letto e mi dirigo verso il bagno.
-Non preoccuparti, ha chiamato Thomas, è ha detto che per questa mattina non apriranno- lo guardo con aria interrogativa- ha la varicella, e anche Kendall- spiega lui- ma si organizzeranno meglio e ti faranno sapere- il panico sparisce e lascia il posto al sollievo.
-Menomale, mi stavo seriamente agitando- lui mi guarda scrutandomi e sorridendo.
-Vieni qui- mi dice, battendo una mano sul materasso. Seguo le sue indicazioni e torno a sdraiarmi accanto a lui, mi mette un braccio intorno al collo e mi ci accoccolo.
-Hai fame?- domando.
-Un po'- risponde sorridendo.
-Allora questo è il momento di farti assaggiare i miei famosi pancake- mi alzo di scatto, lo prendo per mano e cerco di farlo alzare dal letto. Scendiamo le scale e Jackson si siede su uno degli sgabelli della penisola in marmo bianco.
Io mi metto ai fornelli: apro il frigo e tiro fuori burro, uova. Dalla dispensa la farina, il lievito, e tutti gli ingredienti. Mischio tutto in una ciotola, cerco di far assumere all'impasto una forma rotonda quando lo verso nella padella, e nel mentre mi sento osservata. Senza neanche girarmi so che Jackson mi sta fissando sorridendo, in effetti non ha fatto altro da quando ho aperto gli occhi.
Mentre servo la colazione preparo il caffè, lo sorseggio dalla tazza e seduta sul bancone. Guardo Jackson gustare i pancake, i quali sono stati affogati dallo sciroppo d'acero.
-Sei davvero brava- mi dice mettendo in bocca un altro boccone.
-Te l'avevo detto- e alzo la tazza a mo' di brindisi.
Qualche minuto dopo si alza e viene da me, posizionandosi tra le mie gambe. Dolcemente mi toglie la tazza dalle mani e beve un sorso di caffè. Io sono rimasta con la mano come se la reggessi ancora, e Jackson la rimette dov'era.
-Sai, fai una faccia buffa mentre cucini- mi dice lui ridendo.
-Ah sì? E quale?- gli domandò ridendo a mia volta.
-Questa- una smorfia di concentrazione gli si disegna in viso, e non posso credere che involontariamente la stessi facendo anch'io. Un pezzetto di lingua esce fuori dalla bocca e gli occhi sono concentrati su un punto fisso, mentre le mani imitano i miei movimenti come se stesse prendendo l'impasto dalla scodella.
Scoppiamo a ridere- Non posso crederci, è terribile!- dico io nascondendomi il viso tra le mani.
-Invece è adorabile- risponde lui scansando le mani e posandomi un bacio dolce sulle labbra.
-Sai di sciroppo- gli faccio notare ridendo, e lui ride con me, ma continua a baciarmi.
Mi poggia una mano su un fianco per attirarmi a sé, e solo quel gesto basta a farmi venire i brividi. Nessuno mi aveva mai toccata lì prima, per me è un bel punto, e devo ancora abituarmi, anche se adesso lo fa di continuo.
-Adesso dovrei andare- dice allontanando il suo viso dal mio, ma non troppo lontano.
-Dove devi andare?- domando- se posso sapere-
-Certamente. Dovrei andare ad allenarmi- risponde.
-Non sapevo praticassi qualche sport, quale?- non me l'aveva mai detto prima, ma non è così fondamentale.
-Pugilato- sorride lui, invece io mi spengo subito, e lui sembra accorgersene.
-Che succede?- domanda.
-Niente, è solo che..- mi interrompo. Jackson cerca i miei occhi, che tengo bassi-.. è che secondo me il pugilato è uno sport inutile, inoltre che pericoloso- gli spiego.
-Perché dici così?- domanda.
-Prima di tutto, picchiarsi non mi sembra uno sport. Poi l'idea che tu possa prenderle di brutto mi spaventa- mi preoccupa davvero che Jackson possa essere preso a pugni, lo ha già fatto prima, lo fa da un po', penso, ed è per questo che è così allenato e muscoloso.
-Oh, tranquilla splendore- dice lui riportandomi alla realtà- mi alleno da anni, tutti i pugili della palestra neanche mi graffiano- le sue parole mi tranquillizzano un po'- però se vuoi smetto-
-No, ma sei matto! Se ti piace perché dovresti smettere? Perché abbiamo opinioni diverse su un argomento? Hahah- la prendo a ridere: da una parte vorrei che smettesse, ma è davvero molto piccola, perché l'altra parte, quella più grande, vuole che lui insegua il suo sogno. D'altronde io non sono nessuno per potergli dire di smettere di fare ciò che gli piace.
-D'accordo allora- sorride e mi ribacia- adesso vado però- conclude infine- ti chiamo quando ho finito- mi bacia per l'ultima volta e poi esce di casa, e io rimango lì a mangiare i pancake.

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