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Entriamo a scuola, ci sono una marea di ragazzi, vedo quelli del primo anno terrorizzati e si stringono vicino all'armadietto, e pensare che noi siamo all'ultimo. Appena si entra nell'atrio la prima cosa che si vede è la presidenza in fondo e due rampe di scale una su ogni lato della segreteria, gli armadietti verdi e arancioni saranno tantissimi e sono tutti addossati alle pareti, una coppia si sta baciando animatamente in un angolo, dei secchioni stanno scrivendo su una lavagna in corridoio delle equazioni di matematica, i giocatori di lacrosse, con le loro uniformi bordeaux e la scritta bianca sulla schiena ritrae il loro numero e il loro cognome, invece sul petto la scritta della scuola, stanno ridendo e un gruppo di "sgualdrine", come le chiamo io, camminano in branco con le loro tette al vento nonostante i 14°.

Saliamo di sopra e ci avviamo verso la classe di filosofia ed entriamo. Il professor Nicholson: un uomo alto e magro con dei baffetti che vengono accuratamente pettinati durante ogni lezione, i pochi capelli marrone chiaro, lasciavano sulla parte alta del capo una chiazza lucida tanto da potercisi specchiare, portava come sempre una camicia a maniche corte tendente sull'arancione, che veniva infilata nei pantaloni e un paio di mocassini. Era già seduto sulla sedia della cattedra a scribacchiare qualcosa sulla sua agenda, su ogni banchetto singolo, non c'è altro che un foglio bianco per il compito. Una volta entrati tutti, il professore si alza e si appoggia sul lato davanti della cattedra con le braccia incrociate:- Spero che ognuno di voi abbia studiato per questo compito. Da questo test ne varrà il 7% del vo..- si interruppe quando entrò un altro studente: alto, magro, con delle spalle enormi da nuotatore, i capelli marroni scuro scarmigliati che gl'incorniciavano quel suo viso da angelo delle tenebre, i jeans leggermente abbassati e una felpa nera col cappuccio che faceva risaltare i suoi meravigliosi occhi verdi. :- Bene, grazie signor Bennett di averci fatto l'onore di essersi presentato alla lezione di oggi- disse infastidito e scuotendo la testa -Mi scusi signore, c'è stato un piccolo incidente- rispose con tono rispettoso, mi accorgo che butta un'occhiata veloce verso di me, ma scelgo di non farci caso. :- D'accordo- riprese Nicholson- come dicevo da questo compito ne varrà il 7% del vostro voto finale quindi concentratevi e rispondete a tutte le domande. Non voglio vedere i vostri musi assonnati e annoiati per un altro anno!- sbotta- Avete 75 minuti, potete cominciare... Ora- e avvia il timer sul suo orologio e scrive l'orario d'inizio, 8.45 a.m., e quello che segnava la fine, le 10 a.m.

Con tutta calma e sicurezza, comincio a rispondere alle domande, rispondo a tutte, scrivo il mio nome, e prima della fine del tempo e con soddisfazione, pensando di aver risposto correttamente, lo appoggio delicatamente sulla cattedra e aspetto Emily fuori dalla classe che si presenta dopo un abbondante quarto d'ora, tanto che quando esce e mi vede dice:- Oh! Aubrey! Non pensavo che mi avessi aspettato, faremo tardi a chimica. Muoviamoci!- e ci dirigiamo a passo svelto verso il laboratorio di chimica.

Dopo passiamo all'aula di scienze dove la professoressa Colson, una donna abbastanza attraente, tanto che la maggior parte dei ragazzi che frequentavano il corso avrebbero voluto farsela nella sua classe, portava sempre dei vestiti scollati e super attillati che facevano risaltare la sua quarta e il suo sedere rifatto, ci ha colto tutti alla sprovvista con un compito a sorpresa sul sistema endocrino, di cui ricordavo poco perché ancora dovevo finire di studiarlo.

Al suono della campanella, io ed Emily decidiamo di andare a mangiare al Diner invece che alla mensa della scuola, una tavola calda di proprietà degli zii di Emily, non ci andava quasi nessuno ma che era un posto davvero speciale per noi due: eravamo cresciute lì dentro ed avevamo un mucchio di bei ricordi come quello in cui alla festa del quarto compleanno di Emily avevano noleggiato un clown con un vestito colorato, una parrucca azzurra, delle scarpe di almeno cinque taglie più grandi e un naso di plastica rosso, ci aveva fatto divertire un sacco con i giochi di prestigio e gli animali con i palloncini, fino al momento della torta quando si è seduto sulle candeline accese e si è incendiata la parrucca e tutti i festoni, hanno dovuto chiamare i pompieri, mi sono terrorizzata e dopo 13 anni ancora non mi è passata questa fobia per i pagliacci. Forse questo è uno dei pochi brutti, ma giuro che tutti gli altri sono felici!

Ci dirigiamo a piedi verso il Diner, e davanti a noi la tavola calda con gli esterni rossi e un'enorme insegna luminosa che con la luce del sole offuscata dalle nuvole si vedeva meglio di come non si sarebbe vista senza nuvole. Entriamo e un odore di zucchero e fritto ci inonda le narici, inspirando forte come se potessimo assaggiare quei profumi, ci sediamo al nostro solito tavolo, ordiniamo entrambe una porzione di patatine fritte, lei con senape ed io con ketchup, Emily prende un frappé al cioccolato ed io uno alla banana e fragola. Non che sia proprio un pranzo! Mangiamo tutto, insistiamo per pagare, cosa che alla fine non facciamo e ci incamminiamo verso casa.

Arrivo a casa mia ci salutiamo, infilo la chiave nella serratura ed entro.

Poso le chiavi nella ciotola di vetro che è su di un mobiletto alla destra della porta, apro frigo e la dispensa per vedere se c'è del cibo per la cena, ma c'è solo della carne ammuffita e del gorgonzola perché c'è del gorgonzola?! A me non piace neanche il gorgonzola! Ah si, ora ricordo, l'avevo riportato dalla casa di riposo del nonno quando sono andata a trovarlo! Ma lo butto lo stesso insieme alla carne nel secchio sotto il lavandino. Così decido di andare a fare la spesa, salgo di corsa al piano di sopra e afferro la borsa di fianco al letto e prendo il portafogli nello zaino ed esco di nuovo.

Cammino per un po' fino a quando non arrivo alle scale che portano giù verso la fermata della metropolitana e scendo, l'aria calda  Londra è una città multietnica e meravigliosa, ci sono moltissime culture diverse e persone diverse tanto che ogni volta che vado a prendere la metro è sempre una nuova avventura, non sai mai chi potrebbe attirare la tua attenzione. Scorgo i fari della metro dal ciglio della banchina, e d'un tratto questa mi sfreccia davanti scapigliandomi tutta, si ferma e ci salgo al volo, a strada è lunga quindi prendo le cuffie dalla borsa e le attacco al telefono e metto 'Lego House' di Ed Sheeran e dopo 'Every Breaking Wave' degli U2, senza alcun motivo, mi ritrovo a pensare a quello che era successo quella mattina, e quegli occhi verdi, ma nel frattempo arrivo dove Tesco è proprio di fronte all'uscita della metro.

Entro e l'aria condizionata mi arriva proprio sul collo, vado diretta al reparto frigo e prendo un mix di melone giallo, bianco e mango, poi mi viene una voglia matta di sushi e spero, arrivando al pesce, che ce l'abbiamo, e infatti è così, ne prendo una confezione, del the e del caffè. Vado alla cassa e pago, esco soddisfatta dei miei acquisti e torno alla metro.

Arrivo a casa che ormai sono le 6.15 p.m., metto il cibo in frigo e salgo portando lo zaino e la borsa su in camera con me, svuoto lo zaino sul letto, apro il diario e rimango esterrefatta: studiare algebra per il compito, letteratura inglese per interrogazione e fisica per compito! Mi assale il panico, sono consapevole del fatto che tutti questi voti influiranno sul voto con cui andrò all'università, quindi mi calmo e mi decido, prendo i libri e scendo.

Apro la confezione di sushi e la divoro leggendo Lady Diana, sorseggio l'acqua e mangio con calma la frutta mentre sono immersa nel mistero che è l'algebra di cui non ci ho mai capito meno di niente. Una volta finito tutto sono le 10 p.m. e salgo andando direttamente in bagno a struccarmi e a lavarmi i denti, vado in camera e metto il mio pigiama felpato con gli unicorni, mi metto sotto le coperte e mi addormento, ripensando a quegli misteriosi e fantastici occhi.

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