Capitolo uno

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Dean's pov:

"Figlio di puttana..."
Il mio linguaggio colorito fece voltare verso di noi diversi passeggeri scandalizzati e infastiditi, che mio fratello, imbarazzato, liquidò con un gesto di scuse.
Era sempre stato così.
Lui era quello gentile e rassicurante, io quello stronzo sempre pronto ad attaccar briga.
Ma non era colpa mia se quel dannato aereo continuava a ballare, come una ballerina ubriaca di tip tap.
E io avevo avuto una brutta esperienza sia con la ballerina sia con gli aerei.
Odiavo la sensazione di vuoto tutt'attorno e la mancanza di terra sotto ai piedi; se l'uomo avesse potuto volare avrebbe avuto delle fottutissime ali, non un paio di gambe.
Certo che certe esemplari di donne avevano proprio delle belle gambe, come l'hostess che era appena passata.
Un'altra turbolenza mi distrasse dai miei pensieri, mi sfuggì un'altra imprecazioni, mentre Sammy mi dava una gomitata.
Gli lanciai un'occhiataccia stringendo le labbra e lui alzò le sopracciglia sibillino "controllati"; lui non poteva capire lo sforzo che stavo facendo nello stare fermo su quel stramaledetto sedile, scomodo e stretto.
Tutto per colpa di una sua fissazione, da quando aveva letto un paio di articoli su delle morti agghiaccianti, avvenute nella stessa zona in cui alloggiava McNoire, un demone superiore a cui stavamo dando la caccia. Ovviamente mio fratello aveva prenotato il primo volo per quell'isola mediterranea sempre baciata dal sole, che improvvisamente era calata nelle tenebre della violenza; trascinandomi con lui su questo dannato aereo.
"Vuole qualcosa dal carrello?" la voce della giovane biondina comparsa all'improvviso al mio fianco, mi fece alzare lo sguardo.
"Fate hamburger su questa macchina infernale?"

Rachel's pov:

Dopo un viaggio fatto di curve e salite, il mio stomaco supplicava pietà; finalmente dopo mesi passati al freddo potevamo goderci il sole caldo della Sicilia.
La piccola piazzetta che si affacciava su quella bellissima distesa blu del Mar Ionio, era gremita di persone, ma questo non impedì a Jess di correre verso la ringhiera e di guardare giù.
"Il mare non era così blu dall'aereo. Vieni a vedere Rachel!"
Nel raggiungerla inciampai nelle sue valige, che aveva abbandonato in mezzo alla piazza e che i passanti guardavano con perplessità.
"Jess, sei la solita casinista! Guarda dove hai lasciato tutte le tue cose!" la raggiunsi, affiancandomi a lei a vedere quello stupendo panorama.
"Tranquilla non c'è niente d'importante!" rispose legandosi i suoi lunghissimi capelli castani in una coda alta.
"Davvero? Quindi la tua inseparabile chitarra non è importante per te?"
I suoi occhi si fecero grandi dalla paura...
Uno, due, t...
"Merda! Corri Rachel prima che me la rubino!" non eravamo mai state delle schegge nello sport, ma in questa circostanza sembravamo delle velociste, in particolare lei, da quanto correvamo veloce.
Tutta la gente con aria stranita e ciò non passò inosservato alla mia amica, che senza troppi problemi
"Ma cosa avremmo mai da guardare; cos'è non hanno mai visto due fighe come noi!"
"No, il fatto è che questo è un paesino tranquillo e non abituato alla confusione." a quelle parole mi girai vedendo dietro di me l'ultima persona che immaginavo d'incontrare.
"Zia" mormorai andandola ad abbracciare, mi era mancata tantissimo.
Con gli anni non era cambiata per niente, con la sua lunga chioma riccia nera e i suoi profondi occhi verdi, che faceva tutt'ora impazzire il suo compagno.
"Tesoro, quanto mi sei mancata. E tu devi essere la famosa Jess!" tutti nella mia famiglia la conoscevano, per me lei era la sorella che non avevo mai avuto.
"Si, piacere..." non potevo credere ai miei occhi, stava arrossendo per la prima volta...evento epico!
"Credevo di trovarti a casa stasera?"
"Lo so ma devo correre al lavoro e sono passata a salutarvi, adesso vado che sono già in ritardo." e corse sparendo dietro l'angolo.
"Forza andiamo a posare le valigie; sto morendo di caldo" disse Jess mentre si posizionava la chitarra sulla spalla, come una vera musicista.
Il tragitto fu breve e tutto in salita; dopo dieci minuti davanti a noi si stagliò un piccolo edificio dall'aspetto antico, quasi fiabesco e la vernice rosata, sbiadita dal tempo, non faceva che aumentarme il fascino.
All'ingresso sulla piccola colonna era appoggiato un piccolo vaso...
Il nascondiglio della zia...infatti al suo interno vi erano le chiavi di casa.
"Mamma mia che vaso orrendo!" esclamò Jess mentre entrava in salotto con tutte le sue cose.
"Sono le teste di moro, sono vasi tipici di qui...esiste pure una leggenda" subito i suoi occhi si illuminarono.
"Oh, che leggenda...raccontala"
"Mi spiace ma non me la ricordo...so solo che faceva così paura che ogni volta che l'ascoltavo, scappavo via prima del finale" mi sentivo le guance in fiamme, io ero sempre stata quella più fifona fra le due.
Detto questo ognuno si diresse nella sua camera; sistemarmi non fu difficile, mia zia aveva già arredato la mia stanza nei particolari: dalle foto ai miei libri preferiti.
Era perfetta per me: accogliente e allo stesso tempo semplice.
La stanza si trovava nella parte finale della casa, di fronte a quella di Jess; ed era quella con la vista sul mare.
"Forza Rachel prendi borsa e documenti, andiamo a Catania per le ultime questioni universitarie" gettandosi a peso morto sul mio letto.
Sempre la solita
"Ok, andiamo prima che tu cada in un sonno profondo" risposi mentre ci dirigevamo alla porta.
Una volta uscite riposi le chiavi nel vaso...
"Ciao Aldo, mi raccomando sorveglia la casa" Jess accarezzo il volto del vaso e scoppiò a ridere.
"Sei proprio incorreggibile!" dissi ridendo pure io.

Una Vacanza... SoprannaturaleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora