Capitolo Sei

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Jess' pov

Mi mancava la mia moto.
Non ero mai stata una di quelle ragazze che strepitavano per avere la macchina, le quattro ruote non mi davano la stessa sensazione di libertà di una moto potente, pronta a ruggire e a seguirmi ovunque. Altro che code! A Milano mi era tornata molto utile durante i miei "puntuali" ritardi a lezione e alle mie ore da "fuggiasca" strategica. E poi a me bastava uno zaino in spalla per viaggiare, quale valigia ingombrante mi sarei dovuta mai portare dietro?
Esisteva l'arte dell'arrangiarsi apposta!
Eppure l'unico vantaggio di un auto era proprio ciò che poteva offrirci e di cui necessitavano in quel esatto istante. Quel piccolo oggetto incastonato nel cruscotto che si collegava alle due casse vicino alle porterie: la radio. La musica ormai aveva invaso l'abitacolo in poco tempo e non mi ero potuta trattenere dal cantare, cercando di distrarmi da ciò che sia io sia la mia amica avevamo dovuto vivere in prima persona diverse ore prima. Ormai la sera stava scendendo rapida, oscurando il cielo e mutando l'azzurro limpido in un blu notte affascinante e misterioso.
Le notti siciliane erano un continuo incanto, sebbene quella fosse solo la seconda che trascorrevo lí da quando ero arrivata, sentivo già nascermi dentro un amore per quella terra storica che aveva accolto sulle sue spiagge grandi culture classiche e leggende omeriche e virgiliane.
E ora anche omicidi inquietanti.
La musica e la voce di Jim mi tenevano abbastanza impegnata, ma l'inquietudine mi si era attaccata alla pelle costituendone un nuovo strato, alimentata da un'altra sensazione, che fino a quel momento mi era stata sconosciuta.
Non sapevo ancora identificarla.
La prima stella della sera apparve all'orizzonte, mentre svoltavo per l'ennesima curva a destra. La salita ripida per arrivare al piazzale fuori da Taormina era appena iniziata, ma la strada scivolava velocemente, divorata mano a mano dalle gomme di quella vecchia Fiat verde acido, ultimo acquisto della zia di Rachel per la sua nipotina preferita ( per nostra fortuna) e nostra salvezza per ogni spostamento in quella terra sconosciuta e bellissima.
Certo, era un regalo di benvenuto un po' costoso, ma sua zia era una donna benestante e quella macchina non era esattamente nuova. Prova di ciò che stavo pensando fu il momentaneo spegnimento della radio, gli diedi un colpo secco, trattenendo una parolaccia tra le labbra.
Eravamo quasi arrivate, ma interrompere così una delle mie canzoni preferite non se ne parlava proprio!
Rachel alzò un sopracciglio, per poi accennare a un sorriso appena la canzone riprese a vibrare nell'aria. Vedevo ancora la paura nei suoi occhi e mi sbrigai a distogliere lo sguardo, mentre la mia mente tornava a quella mattina di nuovo. Avevo ancora incastrata nella mente l'immagine di quel corpo e più che il sangue, l'odore forte che riempiva tutta quella zona.
Possibile che lo avessi avvertiti solo io?
Avevo cercato di fermare Rachel prima che svoltasse l'angolo perchè sentivo quella puzza e temevo di scoprire di cosa si trattasse... Ma lei mi aveva superato senza ascoltarmi, troppo concentrata a trascrivere degli appunti sul suo block notes.
Io mi ero fermata poco prima di lei e avevo fatto appena in tempo a prenderla al volo, era stato un mancamento degno di Dante, ma per un motivo ben peggiore.
Le ore successive chiuse in biblioteca erano state sfruttate da me di nascosto alla ricerca di informazioni a tale proposito, con la scelta obbligata di tenere all'oscuro la mia amica, evitandole altre preoccupazioni. Ma avevo trovato poco o nulla, e la paura che quello stesso pazzoide potesse fare del male a lei o a me mi stava torturando.
"Jess... La nostra uscita era quella precedente, se non te ne fossi accorta..." mi riportò al presente la voce accigliata di Rachel, mentre costava la testa indietro.
"Ops..." mi lasciai sfuggire frenando improvvisamente e causando un urlo da parte di Rachel.
"Per fortuna che siamo le uniche in strada! Tu mi ammazzerai prima o poi!" mi accusò, stringendosi alla portiera.
Non potrò evitare di scoppiare a ridere facendo un'inversione a U e imboccando la strada giusta.
Per tutto il resto del viaggio decidemmo di rileggere e sistemare gli appunti per la relazione del giorno dopo.
Le mani di Rachel si sporcarono di nero e l'odore della china invase l'abitacolo. Era uno dei nostri profumi preferiti, mi faceva pensare alle ore passate a disegnare senza pensieri e preoccupazioni.
E in men che non si dica ci ritrovammo di fronte alla ripida salita, una delle tante a Taormina, che ci avrebbe condotto alla piazza centrale con vista e alla casa profumata di zia Giusi con i nostri fantastici letti. Al solo pensiero mi sentii sollevata, non vedevo l'ora di infilarmi sotto l'acqua calda e rilassare i muscoli contratti della schiena, in prospettiva del letto.
Era già buio e a un minimo rumore mi ritrovai Rachel quasi addosso come un gatto spaventato, le dite strette intorno al mio braccio e gli occhi spalancati per il terrore. Mi trattenni dal tirare giù tutti i Santi del paradiso per il dolore e il colpo che mi aveva fatto prendere.
"Rachel..."
"Ehm... Sì?" mormorò con voce angelica e un sorriso innocente, i capelli rossi che le ricadevano disordinati intorno al viso.
"Se lo fai un'altra volta domani mattina ti ritroverai pelata..." la minacciai con voce cavernosa, riprendendo a camminare spedita. Capivo la sua paura dopo gli avvenimenti di quella mattina, eppure non potevo impedirmi di agire così sapendo che l'unico modo per sconfiggere le paure era affrontarle. Avevo un forte istinto protettivo nei suoi confronti, fatto provato quella stessa mattina con quel coglione americano, ma quando si comportava così era addirittura esagerata. La luna alta in cielo ci permetteva di vedere perfettamente la strada di fronte a noi e l'unico rumore udibile erano i nostri passi sui ciottoli scuri del lastricato.
Rachel mi raggiunse rapidamente, affiancandomi e osservandosi intorno come se non l'avesse mai visto, preoccupata e agitata. Lo si capiva dal modo in cui si grattava nervosamente il braccio. Le strinsi una mano nella mia e la lasciai andare solo quando arrivammo davanti alle scale di casa nostra, mentre lei liberava finalmente un sospiro di sollievo.
Ma i nostri respiri si bloccarono all'improvviso sentendo un rumore, davanti a noi si parò un'ombra scura sconosciuta. Afferrai Rachel, intimandole di stare zitta, visto che era già pronta a urlare. Era evidente dallo sguardo sgomento e le labbra mezze aperte.

Una Vacanza... SoprannaturaleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora