Capitolo Cinque

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Dean's pov

"Che giornata di merda!" sospirai, passandomi la mano sulla faccia.

Avevamo visitato tutti i luoghi in cui erano stati rinvenuti i corpi delle vittime, dissanguate e decapitate, senza giungere a una connessione apparente.
La maggior parte delle morti erano avvenute nei pressi di Taormina, ma ve n'erano state anche giù a Catania e in alcuni paesini vicini, solitamente su o in vista mare. Ma in realtà i luoghi erano i più disparati e nessuna vittima aveva una sorta di filo che la legasse alla precedente o alla successiva, come se fossero state scelte a caso, sebbene il modus operandi fosse sempre lo stesso.
Vi erano quattro ragazzi intorno ai vent'anni, due uomini e tre donne di mezza età, ufficialmente riconosciuti e collegati al "Killer delle Teste".
Tuttavia di McNoire ancora nessuna traccia e c'era qualcosa che non quadrava in tutta quella faccenda.
McNoire aveva gusto per il macabro, ma uccidere così era strano persino per uno come lui, oltre al fatto che non era suo costume dissanguare completamente le sue vittime.
Rivolsi un'occhiata a Sam, mentre studiava meditabondo il mazzo di chiavi che teneva in mano, come se fossero stati degli scarafaggi fastidiosi e orribili.
"Ehm... Sammy, tutto a posto?"
Sussultò, alzando i suoi occhi per incrociare i miei, due specchi venati di pensieri, mentre la fronte gli si corrucciava. La luce non si era ancora attenuata sebbene fossero le sei, e io riuscivo a leggere tutto ciò che il suo viso esprimeva. Neppure lui era più così convinto delle sue idee, chiunque avesse ammazzato quelle persone non poteva essere un demone.
"Mi preoccupa il fatto che sia una cosa imprevedibile, Dean. E, soprattutto, mi preoccupa la giornata di domani..."
"Domani faremo i nostri soliti interrogatori, no? Dobbiamo finire di raccogliere informazioni e per ora abbiamo visitato solo due famiglie..."

Mio fratello era agitato, lo vedevo dal modo in cui aprì bruscamente il cancelletto di quella sottospecie di casetta di villeggiatura per le bambole, e dal fatto che si limitò ad annuire.
"Hey!" lo fermai facendolo voltare per guardarlo dritto in faccia "Hai fatto uno dei tuoi incubi?"
Scosse la testa, ma sapevo che se ne avesse fatto uno per davvero non me l'avrebbe detto comunque così facilmente. Non era da lui, non dopo tutto quello che era successo.
"In realtà stavo pensando a..."
"Alla Rossa di stamattina? Com'è che si chiamava? Rannie? Rosanne? Robin?"
"Rachele." mi lanciò un'occhiataccia, chiudendo la porta dietro di sé e andando verso la cucina immacolata e fin troppo perfetta.
"No, stavo pensando a Jess... a dirla tutta..."
"Oh-oh! Ti piacciono gli artigli, eh fratellino?" lo stuzzicai, aprendo il sacchetto di cibo cinese d'asporto, che avevamo preso giù in città, e riversai il suo contenuto nel microonde "O è una fissa per le ragazze con quel nome?"
Questa volta mi presi uno scappellotto da parte sua non indifferente, ma non dissi nulla.
Me lo meritavo.
Avevo toccato un argomento delicato che non avrei dovuto accennare, e ora potevo vedere del dolore riaffiorare lentamente negli occhi di Sam.

Bravo Dean!!

"Non... non c'entra lei, ok? Jessica era completamente diversa da lei." strinse i pugni un istante, prima di rilassare i muscoli e prendere un respiro profondo.
"Lo so, lo so..." sospirai, imbarazzato, dandogli una pacca sulla schiena.
Era difficile esprimere le proprie emozioni, o sapere come consolare qualcuno, quando crescevi senza una madre, con un padre cacciatore che viaggiava continuamente portandoti dietro ovunque e avevi mille cose di cui preoccuparti ben più concrete dei tuoi sentimenti.
Il nostro principio era sempre stata la famiglia, eppure di fronte al nostro dolore non sapevamo ancora come comportarci.
Sam sbuffò, guardandomi e accennando a un sorriso: "Presumo tu abbia in testa Rachele, giusto?"
"Ti assicuro che vorrei averla da qualche altra parte..." e scoppiai a ridere insieme al mio fratellino, che scuoteva la testa divertito.
Bene, almeno era tornato a sorridere.
"Basta con queste stronzate, ora si mangia!" presi gli spaghetti dal microonde e a momenti mi ustionai le mani.
"Io non ho più parole..."
"Ho preso della pasta cinese, no? Sto variando!"
"Hai preso la pasta cinese, otto involtini primavera, quattro ravioli al vapore di carne, un pacchetto di nuvole di gambero, del pollo in salsa di limone e..."
"Un biscotto della fortuna in omaggio! Per te Sammy!"
"Sei una fogna..." borbottò, scuotendo la testa, prima di accendere la televisione posta su un ripiano in legno risalente a trent'anni prima, più o meno.
Era strano trovarsi in un luogo così simile a un'abitazione civile dove vivere e crescere, soprattutto per uno come me. Sam aveva avuto il suo periodo di stabilità, quando aveva iniziato il College, con un bel appartamento e una gran figa di ragazza... ma tutto era andato letteralmente in fumo in una sola notte, a causa di un demone.
Lo stesso che aveva ucciso nostra madre quando eravamo piccoli.
Strinsi i pugni, ma mi obbligai a continuare a mangiare, fingendomi tranquillo.
Avevo vissuto sereno fino ai miei cinque anni, poi era nato Sam, e... beh, dopo sei mesi eravamo rimasti senza casa, senza mamma e senza bugie.
Solo la cruda verità.
La verità in cui tuo padre, sentendoti dire che pensi ci sia un mostro sotto al tuo letto, ti dà in mano una Pistoia.
Perchè i mostri improvvisamente erano qualcosa di reale e non potevi più fingere come prima.
Una volta Sam me l'aveva rinfacciato, della sua infanzia bruciata tra motel squallidi, pistole e demoni, dimenticandosi che quella era stata anche la mia infanzia.
La mia infanzia che consisteva nell'unica frase che mio padre andandosene la mattina, senza sapere se sarebbe tornato o meno, mi diceva: "Dean, proteggere tuo fratello è una tua responsabilità. Devi metterlo al primo posto."

Una Vacanza... SoprannaturaleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora