Capitolo Tre

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Dean's pov

-É possibile che tu sia sempre dietro a mangiare?!-
Alzai un sopracciglio fissando in modo perentorio il ragazzo dai capelli scuri seduto di fronte a me, che mi guardava con il suo solito sguardo allibito.
-Ok, ok...ma ti sembra che in un locale del genere, alle sette e mezza del mattino, ti possano servire un hamburger?- la sua voce esprimeva tutta l'ovvietà del suo discorso, enfatizzandolo con un'alzata di sopracciglio.
Se non fosse stato il mio fratellino preferito, oltre che l'unico di cui mi importasse veramente, lo avrei ignorato o mandato a fanculo, ma mi trattenni, lanciando una nuova occhiata verso il bancone. Dovevo avvicinarmi per far capire che il detto "il cliente ha sempre ragione" doveva essere messo in opera, immediatamente.
Almeno con me.
E poi non mi andava di perdere ulteriore tempo, ero un uomo d'azione e non avevamo ancora una vera e propria pista da seguire. E questo mi faceva brotolare ancora di più lo stomaco, come se avessi un leone intrappolato dentro la mia pancia che volesse saltare fuori da un momento all'altro per divorare qualsiasi cosa commestibile alla sua portata.
Sam dovette capirlo, perché sprofondò la testa fra le mani, esasperato, prima di iniziare a sfogliare il giornale per raccogliere nuove informazioni.
O scoprire nuovi "misteriosi e inquietanti" omicidi su colui che oramai era noto all'intera Sicilia come il "Killer delle teste". Soprannome bizzarro per un demone figlio di puttana scappato dall'America come un codardo, che avremmo rispedito a casa alias inferno a calci in culo. A quel pensiero non potei evitare di sorridere.
Solo l'idea di liberare il mondo da cose del genere mi faceva sentire meglio, sebbene sapessi già dove sarei finito dopo la morte. Un ruggito proveniente dal mio stomaco mi ricordò che dovevo alzare le mie soavi chiappe da quella sedia e ordinare l'hamburger che la "fogna" (come diceva il mio Sammy) che avevo al posto dello stomaco richiedeva.

Poi notai due ragazze ferme al bancone, che parevano parecchio interessanti.

Cosa c'era di meglio di una bella ragazza di prima mattina? E a sentire la mora, la rossa faceva proprio a caso mio. Mi alzai dando due colpetti alla spalla di mio fratello, per poi infilare una mano in tasca e dirigermi verso il bancone.

La rossa aveva il viso paonazzo,e osservava allibita la sua amica che rideva: -Mi dispiace Rachel, ma sei tu che mi servi le battute su un piatto d'argento! E poi lo sai che alla mattina non mi devi disturbare mentre ascolto gli AC/DC...

Oh, sono colpito.

Una ragazza che alscolta buona musica, in un posto oltre oceano, che culo. Ma la Rossa (nuovo soprannome che le ho affibbiato) scuote la testa. Ha un bel fisico, gambe lunghe rivestite da dei jeans chiari, un culo niente male...ha proprio una bella forma. Sembra morbido, ma per esserne certo dovrei fare una prova pratica... I suoi occhi sono scuri e intensi, e guardano l'amica consapevole di non poter fare altro che cercare di rendersi invisibile. Labbra carnose risaltano appena più accese su quel viso rosato, dolce, e per niente pallido a differenza della sua amica. La tipa-che-ascolta-buona-musica le da una pacca sulla spalla superandola e dicendole che l'aspetta al tavolo, stringendo con l'altra mano un cartone con dentro la sua ordinazione. La Rossa si avvicina ancora imporporita sulle gote e ordina un caffè da portare via, il barista le dice di sedersi pure che gliela porterà al tavolo.

E questo mi fa venire un'idea molto interessante.

Rachel's pov

"Chi non ha mai avuto una ferita, ride di chi ne porta i segni."

Quella frase scritta secoli fa da quel misterioso poeta quale era William Shakespeare, mi riportò alla mente molti ricordi dolorosi legati al mio passato.
Ormai ferma su quella pagina rovinata dal tempo, della copia di Romeo e Giulietta regalatami da mia zia quando ero solo in prima media, in particolare su quella frase detta da Romeo, mi fece capire solo in quel momento quanti anni della mia vita avevo buttato via, vivendo all'ombra della mia famiglia, sempre pronta ad accontentarli in ogni minima azione, senza mai lottare per quello che veramente desideravo.
Ero sempre stata reputata da tutta la mia famiglia, fin da piccola, quella che non aveva coraggio di dimostrare chi era davvero e sempre pronta ad adattarsi agli altri.
Si quella ero io...ma fino a qualche mese fa, quando con il sostegno della mia sorella per scelta e non per sangue, ero riuscita ad affrontare i miei genitori mettendoli di fronte a fatto compiuto.
Lo ricordo come se fosse ieri, ricordo nitidamente le loro facce sorprese ma al contempo illuminate da una luce negli occhi a me sconosciuta, quando avevo messo davanti a loro il foglio con la mia partecipazione allo stage di archeologia e gli avevo messi al corrente del mio trasferimento con Jess dalla zia, sorella di mia madre.
Mi ero preparata ad una loro sfuriata, ma con mio grande stupore fui stretta in un abbraccio compresa Jess, ormai era della famiglia, mentre sia mia madre sia mio padre con le lacrime agli occhi mi dissero quanto erano orgogliosi di me e quanto questa mia scelta li aveva resi felici.
La musica spacca timpani degli AC/DC di Jess mi riportò alla realtà, ma quello che speravo non si avverò...si era accorta della mia aria assente e mi guardava pensierosa, aveva capito.
Lei era l'unica che mi conosceva realmente, come io lei...eravamo due facce della stessa medaglia.
Continuava a fissarmi aspettando che parlassi, ma non avevo proprio voglia di rovinarle la giornata con i miei problemi,
-Ho bisogno di caffeina, vuoi qualcosa?- dissi alzandomi e dirigendomi verso il bancone, molto affollato.
-Vengo con te, non si sa mai tu ti perda nei tuoi pensieri e così i nostri caffè ci vengano soffiati sotto il naso!!- disse con aria divertita mentre con una cuffia nell'orecchio continua ad ascoltare la sua musica...era proprio una forza della natura, e io l'adoravo con tutto il cuore.
Una volta al bancone la mia attenzione fu catturata dal barista, doveva avere più o meno la nostra età ed era davvero carino...mamma se lo era; aveva grandi occhi scuri tendenti al nero, capelli corti di un castano chiaro e la pelle abbronzata...
-Guarda che anche se continui a fissarlo con quell'aria sognate non ti darà mai il caffè gratis!!- esclamò Jess dandomi una piccola spallata e facendomi perdere l'equilibrio.
Che imbarazzo...mi andarono subito a fuoco le guance, in certi momenti avevo proprio voglia di strozzarla e adesso era uno di quelli!!
-Ma...- non finii neanche la frase,
-Mi dispiace Rachel, ma sei tu che mi servi le battute su un piatto d'argento! E poi lo sai che alla mattina non mi devi disturbare mentre ascolto gli AC/DC...- rispose lei dandomi una pacca sulla spalla e tornando al tavolo con il suo caffè bollente.
-Scusa potrei avere un caffé macchiato senza zucchero da portare via, per cortesia??- chiesi ancora paonazza al barista che mi guardava con un sorriso dolce.
-Certo accomodati al tavolo te lo porto subito- rispose facendomi l'occhiolino e prendendo le altre ordinazioni.
Tornato al tavolo ripresi la mia amata lettura, non potevo farne a meno, come Jess con la sua musica...era il nostro risveglio mattutino.
-Ecco a te, macchiato e senza zucchero- il barista era davanti a me con in mano il mio caffè,
-Grazie, quanto ti devo??- dissi tirando fuori il portafoglio...
-Niente, te lo offre quel ragazzo laggiù- disse mettendomi una mano sopra il portafoglio.
Una volta andatosene, alzai lo sguardo ed incontrai due occhi verdi profondi, mentre il loro proprietario faceva il saluto militare...con timidezza lo ringrazia.
Mentre stavo per assaporare quell'elisir, i miei occhi furono catturati da una scritta nera sul bicchiere,

Se mi dai il tuo numero, ti farò passare la notte più bella della tua vita...

Rilessi più volte quella frase, scioccata, ma per chi mi aveva preso!!!

-Jess, quello che sta succedendo qui non è normale!- dissi portando la sua attenzione su di me.
-Tesoro, stai andando in paranoia solo perché quel ragazzo ti ha offerto un caffè?-
-No, assolutamente no.- dissi passandomi una mano tra i capelli,
-È per quello che c'è scritto qui.-
Jess afferrò il bicchiere di cartone e corrugò la fronte. Poi levò lo sguardo verso il tavolo dove se ne stavano i due. Uno stava divorando un hamburger, l'altro parlava a bassa voce.
-No. Oh no. Jess, non...-
Ma la mia cara amica si era già alzata e si dirigeva con passo deciso verso i due.
Chiusi gli occhi, ma potei udire distintamente il rumore del caffè bollente che si rovesciava e l'imprecazione del povero malcapitato.
-Figlio di puttana...-

Una Vacanza... SoprannaturaleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora