Capitolo Quattro

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Jess's pov

"See me ride out of the sunset
On your colour TV screen
Out for all that I fan get
If you known what I mean..."

La voce possente di Bon Scott mi rimbalzava nella testa come echi della mia, se fossi stata in macchina o da qualsiasi altra parte mi sarei già messa a cantarla a squarcia gola, ma mi trattenevo
Cosa mi tratteneva?
La rossa che mi era seduta proprio di fronte, con una faccia corrucciata mentre osservava il cameriere tornare al bancone. Sarebbe diventata paonazza e sarebbe sprofondata per l'imbarazzo, mentre io sarei stata fiera di diffondere la mia dottrina di vita...la musica. Dannazione al mio migliore amico che me l'aveva fatta conoscere, ora non ne sapevo stare senza.
Era come respirare.
Ok, potrei sembrare una stupida adolescente di quindici anni, quando in realtà ne ho ventidue...ma anche le stupide adolescenti di quindici anni hanno ragione da vendere (se ascoltano buona musica, ovviamente) quando dicono che una canzone può scaldarti il cuore, riempirti di adrenalina o farti piangere.
Io ci credovo.
E gli AC/DC, ragazzi, vi danno un'energia che nessuna barretta supercalorica vi potrà mai dare! Lo sento nelle vene, nel pulsare del sangue e del cuore, che improvvisamente seguono il ritmo.
O è la canzone ad avere il ritmo del mio corpo? Ormai non lo so più, non so distinguerli.
Alzo lo sguardo, divertita dalla frase che ha appena detto la mia amica, si vede che non è abituata a queste cose. Io quando ero a Milano lavoravo come barista in un locale e di offerte di qualche cosa da bere ne avevo ricevute molte, tutte accettate ma mai ricambiate ovviamente.
Ma poi leggo quello che quel...quel decerebrato ha scritto alla mia amica.
E non posso fare a meno di vedere rosso, con l'adrenalina che sale e mi incita a una delle mie solite reazioni.
O, per meglio dire, esplosioni.
Faccio tacere la vocina interiore che continua a ripetermi come se fosse un mantra di mantenere la calma e di contare fino a dieci prima di fare qualsiasi cosa. Ma è soffocata dalla voce di Bon Scott e non la voglio ascoltare.
È più forte di me.
Sono sempre stata una tipa all'insegna del reagire e non del meditare, più per la battaglia che per sopportare in silenzio.
Più per il ferro e il fuoco, insomma.
E le mie gambe sono già scattate da sole in direzione del tipo che sta affondando i denti in una ammasso enorme di hamburger con salse varie. Mi fa venire il volta stomaco, davvero. È mattina presto, e con quella roba si sta già avvelenando da solo...quasi mi fa pena.
Ma poi ricordo la scritta, quella insinuazione velata e da persona superba che mi ricorda fin troppo bene una persona che avrei voluto dimenticare sedutastante.
Così apro la confezione di caffè bollente e la rovescio sulla sua testa, facendolo scattare in piedi tra le imprecazioni, mentre il liquido scuro gli gocciola lungo la faccia. È più alto di me, ma non ci vuole niente per esserlo, i lineamenti sono contratti in un espressione indignata e i suoi occhi mi fissano scioccati.
-Che cazzo fai?
L'accento americano risalta subito alle mie orecchie, mentre incrocio le braccia al petto:-Faccio quello che avrebbero dovuto insegnarti da piccolo: ti educo. Non so come funzioni in America, ma qui in Italia le ragazze esigono prima di tutto il rispetto e le frasi da spaccone tienitele per te!
Una Rachel rossa sia per il viso sia per i capelli, con le mani piene di fazzoletti si precipita sulla "scena del crimine" scusandosi e aiutandolo a ripulielrsi, mentre io mi appoggio su un fianco dando un occhiata al compare che ride.
-Dean, te lo dicevo che saresti finito nei casini...-
Dire che è alto è un eufemismo, è una stanga con un petto largo e muscolo fasciato da una maglietta scura sotto una camicia leggera a quadri azzurra. Il viso squadrato è solcato da una risata sincera e fragorosa che mi fa spuntare un sorriso. I suoi occhi verdi mi guardano, facendomi un sorriso imbarazzato:-Scusatelo, è fatto così, ma non è totalmente da buttare via...
-Traditore di un fratello...- ringhia l'altro, passandosi una mano tra i capelli prima acconciati in una corta crestina, ora in una roba schiacciata e disordinata.
-Te lo sei meritato! Almeno un po'! Comunque io sono Sam- mi porge una mano grande e calda.
Oh, tesoro, io posso essere tutto quello che vuoi se mi guardi con quegli occhi dolci...
OK, calma gli ormoni ragazza.
-Jessica, ma per gli amici Jess...-
-Jess, tu mi devi un caffè per scusarti...- mi punta un dito quello del caffè.
-Tu non sei mio amico, per te sono Jessica.-
-Qualcuno è mestruata da queste parti...-
Sam gli fa cenno di tacere, imbarazzato, mentre io lo guardo in cagnesco. Rachel sorride appena, solo per il fatto che sono stata zitta, e io non sto mai zitta davanti a una provocazione. Ma tacio per non esplodere.
-Lei è Rachel, ed è offlimits per te.- taglio corto.
Cerca di controbattere ma decide di tacere. Scelta intelligente, tesoro.
-Dovete scusarla, davvero...Jess non riesce mai a trattenersi quando qualcosa...non le piace o le arreca disturbo...- Rachel prende la parola, ancora visibilmente arrossata. Forse anche per lo sguardo intenso con cui il soggetto non-pensante, che corrisponde al nome di Dean le continua a rivolgere, senza un momento di pausa. E mi predoni già le mani.
Conosco perfettamente il tipo.
Spaccone. Rozzo. Senza cervello.
Vorrei interrompere Rachel e dirgliene quattro, ma il mio sguardo viene intercettato dal ragazzo alto, tanto gentile quanto inverosimilmente imparentato con la testa di latta, e noto che mi sta sorridendo.
Ha le fossette, esattamente come me.
Non mi sono mai piaciute, ma su di lui sono così tenere... Anche se immagino compaiano anche mentre fa altro...
Scrolla le spalle, trattenendo una risata alla mia faccia infastidita, e io gli concedo uno dei miei sorrisi a metà.
Un po' enigmatici, un po' sornioni.
E

Una Vacanza... SoprannaturaleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora