Capitolo 9

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 Una fitta mi attraversa la testa, fa male. Apro gli occhi a fatica. Sento lo stomaco sotto sopra. Sbatto le palpebre più volte senza alzare la testa dal cuscino e continuo a fissare il soffitto. C'è qualcosa di strano, non mi è familiare questo posto.

Faccio forza sulle braccia e mi metto a sedere sul letto. Ma questa non è la mia camera da letto. Decisamente no. Mi guardo intorno cercando di capire dove mi trovo. Accanto a me il letto è perfettamente intatto. Un gigantesco letto con la testiera in pelle bianca, di fronte c'è una lunga vetrata con una vista mozzafiato da cui si vede il grigio della giornata. Intorno non c'è nessun mobile ma solo tanti quadri di quella che credo sia arte contemporanea, molti specchi di diverse dimensioni. Continuo a guardarmi intorno, quando il mio sguardo si posa su una poltrona posizionata all'angolo della stanza. Continuo a guardarmi intorno. Oddio. Sulla poltrona con le braccia conserte e uno sguardo stanco e tutt'altro che amorevole c'è lui.

Sussulto per lo spavento, ero convinta di essere sola.

«Buongiorno» dice mettendosi in piedi.

«Buongiorno» rispondo tirandomi istintivamente la coperta. Mi guardo e indosso solo la sottoveste nera di raso.

«Sai la clinica dove sono stato ricoverato è tra le migliori al mondo per dipendenti da alcol. Potrei darti l'indirizzo». Dice con un ghigno e incrociando di nuovo le braccia. Non ricordo molto di ieri sera, però ricordo perfettamente di lui sotto casa mia e di me ubriaca. Che vergogna. «Mi...mi dispiace, non so cosa mi abbia preso ieri. Devo aver bevuto un po' e non avendo mangiato nulla mi ha preso male» dico abbassando di nuovo lo sguardo ma dalla profonda vergogna che provo.

Viene verso di me con passo deciso e si siede al bordo del letto. Ha ancora indosso il vestito di ieri sera, sgualcito e con la cravatta allargata.

Si avvicina «Hei stavo scherzando, capita a tutti di prendersi una sbronza».

«A me no!»rispondo.

«Mi hai fatto davvero preoccupare, non ti riprendevi, stavo per portarti al pronto soccorso» dice inclinando la testa di lato a mo' di rimprovero.

«Te l'ho detto mi dispiace, e mi dispiace che tu ti sia dovuto prendere cura di me».

Tengo lo sguardo basso perché non riuscirei a reggere i suoi occhi. Passa qualche secondo e lui non dice niente. Alzo la testa e lo vedo che mi fissa. Accenno un mezzo sorriso per evitare quell'imbarazzo che si sta creando «Grazie davvero».

Si avvicina pericolosamente e sento il cuore che inizia a battere forte.

Ho quasi paura che riesca a sentirlo talmente che batte forte. Mi guarda dritto negli occhi «È stato un vero piacere dottoressa» e poi mi da un casto bacio sulla fronte e si alza. Resto quasi delusa. «Bene io vado a fare una doccia e poi ti aspetto in cucina per fare colazione» e si slaccia la cravatta dirigendosi verso la porta.

«Sei stato tutta la notte sulla poltrona a vegliarmi?» gli chiedo intuendo che non abbia chiuso occhio per tutta la notte.

«Una delle migliori notti della mia vita» sorride ed esce dalla camera chiudendo la porta. È così terribilmente bello anche dopo una notte passata sveglio su una poltrona. Non me ne accorgo neanche ma rimango immersa nei miei pensieri, sognante mentre immagino lui sotto la doccia.

Oddio la devo smettere. Scendo dal letto ancora barcollante e noto che alla mia destra c'è una porta. La apro e mi rendo conto che è un bagno. Mi infilo dentro.

Non riesco a credere che abbia una sauna nel bagno. C'è anche una doccia grande quanto la mia camera da letto. Mi guardo nell'immenso specchio sopra il lavandino e quello che vedo è davvero brutto. Un viso pallido e occhi lucidissimi. Per non parlare dei miei capelli. Sembro una selvaggia. Non ci credo che lui mi abbia visto così e non sia fuggito. Decido di fare una doccia. Lavo anche i capelli perché sono tutti appiccicati, non voglio neanche immaginare perché. Quando torno in camera da letto trovo sul letto dei vestiti. Una tuta grigia per la precisione, una t shirt bianca e una felpa con cappuccio blu di abercrombie. Sono le sue si vede, cerco i miei vestiti e non li trovo e poi capisco che li ha lasciati per me. Mi vesto velocemente e cerco la borsa perché ho bisogno del cellulare. Mando un messaggio a Emilia la nostra segretaria, per dirle che prendo la giornata libera perché sto male. Oggi non mi sembra proprio il caso di andare a lavoro. Apro la porta della camera e mi dirigo verso la cucina o almeno spero. Questo appartamento è davvero grande. Mentre vado verso la cucina mi accorgo che è deve essere un apassionato di arte e foto artistiche, ce ne sono ovunque.

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