Epilogo

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5 mesi dopo...

Restare chiusa in quelle quattro mura non mi faceva bene, per niente. Sentivo che prima o poi l'aria sarebbe venuta a mancare e pensarci non faceva che rendere peggiore la situazione. Era snervante dover aspettare, odiavo farlo. Già cinque mesi passati costantemente nello stesso posto, grigio e monotono, mi metteva di cattivo umore, e stavo facendo un grande sforzo per controllare le mie smanie da eterna incazzata.
Certo, avevo compagnia, ma non era lo stesso. Avrei voluto uscire, fare quello che mi pareva. Vedere chi volevo. Ma niente. Ero costretta a fare quello che mi veniva detto e se quello implicava restare altri cinque mesi lì dentro, non avrei potuto farci niente.
Se guardavo indietro, mi pentivo di così tante cose che la lista sarebbe stata infinita, ma c'erano - ancora oggi - due cose di cui non mi sarei mai pentita: essere stata sul punto di sacrificarmi pur di mettere in salvo quella peste di Sean, e di aver incontrato la persona che era stata capace di cambiarmi. Sì, ci era voluta tanta buona volontà, e pazienza, e aveva dovuto sorbirsi i miei continui scazzi, le mie sfuriate e le mie parolacce. Ma non aveva mollato.
E io che avevo sempre pensato che un pezzo di roccia non potesse essere modellata. E invece no, Ryan si era rimboccato le maniche, e i suoi giochi, le sue assurde richieste, il suo essere.. Ryan, mi avevano conquistata alla grande.
Mi fissai la mano destra e osservai la cicatrice del foro che mi avevano procurato più di cinque mesi fa. Mi ricordava lui, e il legame che avevamo costruito e che cercavamo di mantenere in piedi. Ne avevamo passate così tante che se le avessi raccontate a qualcun'altro - oltre a coloro che già sapevano - non mi avrebbero mai creduto.
Infatti, avevamo dovuto lottare per convincere Babi, il capo Amnell e signora che non avevamo fumato erba. I segni sui nostri corpi ne erano la prova lampante.
Dapprima, quando eravamo entrati in casa e io avevo iniziato a raccontare tutto, ogni cosa, per filo e per segno, gli adulti mi avevano guardato come si guarda un malvivente. Probabilmente lo ero stata a modo mio, ma ora era tutto diverso. Ero pulita, e loro lo sapevano.
Anche la madre di Ryan, col tempo, aveva smesso di guardami con sdegno e disprezzo. Alla fine, ero stata una criminale, ma l'avevo fatto solo per una valida ragione. Questo non giustificava le mie azioni, né quelle di Ryan, e non ripuliva le nostre mani macchiate del sangue di tante persone, ma almeno alleggeriva la mia coscienza giorno per giorno, poco a poco.
«Signorina», chiamò la voce femminile oltre la porta. «Hai visite!»
Alzai gli occhi al cielo. Odiavo quando utilizzava quel tono.
Uscii dalla stanza e una volta aver sceso le scale, sorrisi.
Ryan era lì che mi aspettava immobile, e quando gli fui davanti, sghignazzò. «L'arancione non ti dona», disse e alzò il palmo della mano.
«Lo so! Questa camicetta è orribile», sbuffai, e poggiai la mia mano destra sulla sinistra di lui. In quel modo, sembrava davvero che fossimo ormai una cosa sola. «Ma non dirlo a Babi.»
Lui ridacchiò e io lo seguii, dopodiché ci fiondammo l'uno sulla bocca dell'altro. Era sempre una sensazione nuova baciare Ryan. E quando le nostre lingue si sfioravano.. Oh, sapevo benissimo che lavoretti potesse fare quella lingua.
Babi sbucò dalla cucina con dei vassoi tra le mani e quando ci vide avvinghiati, si schiarì la gola.
«Se fate questa cosa anche davanti ai miei amici, giuro che mi trasferisco in Polinesia», ci informò Sean, di un anno più grande in quel giorno.
«Ma se non sai nemmeno dov'è la Polinesia», lo prese in giro Ryan, e come facevano di continuo, iniziarono a correre per tutta la casa. A volte mi chiedevo chi fosse il bambino tra i due. Anche tutto tirato a lucido per il compleanno di mio fratello, rimaneva sempre un cretino.
Babi aveva fatto un lavoro eccezionale: per gli undici anni di Sean, aveva abbellito la casa in modo impeccabile. Ovviamente, avevo dovuto aiutarla ma a grandi linee era merito suo. Potevo rifiutarmi, lo sapevo, ma da quando avevo confessato tutti i miei peccati, lei non faceva che restringere il mio raggio d'azione.
Grazie a Ryan, a lei e alla signora Amnell (più per suo figlio che per me), il capo Amnell aveva letteralmente insabbiato tutto, rinominando la faccenda con il suo nome: una breve fuga d'amore. Certo, in quel periodo c'era stato un grande spargimento di amore. Indubbiamente.
Incontrare Jake era stato super imbarazzante. Nessuno aveva saputo del nostro incontro e né di come era stato messo ko in cinque secondi. Ancora oggi non mi perdonava del tutto, ma sapevo che in fondo, molto in fondo, gli andavo anche a genio.
Mi avviai in cucina e afferrai un'altra teglia di pizzette che Babi aveva sfornato e le portai nel salone, dove si sarebbe svolta la festa. Dato il clima leggero, speravo che a fine serata Babi mi avrebbe lasciata libera. Io e Ryan avevamo pur bisogno dei nostri momenti lontani da occhi indiscreti.
Quando quasi mezz'ora dopo arrivarono tutti gli amici di Sean, la casa si riempì di urla, di risate, di scherzi.
E a me piaceva. Piaceva vedere mio fratello stare bene, mi piaceva vedere Babi felice di avere i suoi due figli con lei, mi piaceva il modo in cui Ryan faceva ridere i piccoli e mi piaceva il modo in cui mi divertivo io. Se qualcuno mi avesse detto che alla fine, dopo tutta quella storia, sarei diventata una persona normale, una come tante altre, probabilmente gli avrei riso in faccia.
Ora mi ci sentivo davvero normale, ed era un'emozione inspiegabile. Ovviamente, una persona normale non si sognerebbe di avere il corpo pieno di segni, marchi indelebili che resteranno per sempre. Ma mi faceva piacere, mi ricordavano ogni giorno chi ero stata e chi ero diventata. Chi avrei potuto essere e chi avrei voluto essere.
Mi sarei ricordata sempre di Billy. Anche se lei si faceva governare da sentimenti oscuri che portavano solo guai, mi aveva insegnato cosa volesse dire proteggere la propria famiglia. Dare la vita per essa. Mi aveva aiutato a sopravvivere, a togliermi dalle situazioni più sgradevoli, cavandomela alla grande. Ma adesso non c'era più bisogno di lei, il tempo della sofferenza e della guerra era finito.
«Paige, vieni a farti una foto con noi!» disse Sean, mentre abbracciava Ryan.
Di norma - chi ha imparato a conoscermi, può confermare - non mi sarei nemmeno immaginata di fare una cosa del genere. E invece, camminai verso quei due uomini con un sorrisone sul viso. Sì, nessun commento, per favore.
Sean si posizionò tra me e Ryan, e insieme ci mettemmo in posa per la foto. Babi ne scattò diverse, ma non ne era del tutto convinta. Sia Sean che Ryan le andarono accanto per spiegarle come funzionava una semplice macchina fotografica, e Sean non perse tempo per dirle quanto stesse diventando vecchia.
«Ma guarda tu!» rise lei, seguita da Ryan.
In quel momento, mi vennero in mente i miei genitori. Sarebbero stati felici di vederci così, di vedere che scelte avevo preso. Scegliendo Paige al posto di Billy, non significava certo che avrei dimenticato chi ero o le mie origini. No, i miei genitori sarebbero stati per sempre il mio punto fermo. Ma non volevo vivere quella vita, non era mia. Non mi stava bene addosso.
Non sarebbe mai stato un addio, anche perché non avrei avuto il coraggio di allontanare per sempre una piccola parte di me. E poi, chi avrebbe potuto dirlo con certezza, Billy sarebbe potuta tornare utile in futuro.
Ma questa sono io, sono Paige Carter, e questa è la storia di come lo sono diventata.

Revenge [ COMPLETA - DA REVISIONARE ]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora