Eccitazione.
Paura.
Un misto di entrambi mi scoppiò contemporaneamente nello stomaco. Immaginai due versioni di me: una che faceva il suo ingresso nella grande villa, vedeva Slow e in qualche modo gli faceva confessare tutto riguardo mio fratello e quella cavolo di storia delle armi nucleari, per poi sgozzarlo senza il benché minimo rimorso. Ma poi m'immaginai di entrare in una sala, di vedere Slow e di non trattenermi. Vidi me stessa corrergli incontro e chiudergli le dita intorno al collo, vidi il panico diffondersi tra le persone presenti e vidi le guardie di Slow afferrare me, Ryan, Moira e Toby. E ci vidi morire uno dopo l'altro.
Rabbrividii.
Non ero preoccupata per me stessa - non avevo paura di morire - e nemmeno per Moira o per Toby. Ero preoccupata solo per Ryan. Mi sentivo così protettiva nei suoi confronti.
«Siamo arrivati», mi sussurrò Ryan.
Eravamo in auto, seduti sui sedili posteriori l'uno accanto all'altro.
Annuii e ripresi a giocare con l'anello di mio padre. Lui dovette accorgersi del mio nervosismo perché, lentamente, fece scivolare la sua mano nella mia.
Ero lì per sbraitargli contro quando un senso di tranquillità mi invase e mi resi conto che mi ero rilassata; ero più sicura, più tranquilla. Sarei riuscita a controllarmi.
Così feci qualcosa che mi parve estraneo, come se a farlo fosse stato qualcun altro: strinsi le dita intorno alle sue.
Avevamo già avuto un momento come questo, nella casa dei miei genitori, ed ero stata io a mettere fine a quel contatto. Ma ora no. Ne avevo bisogno. E il rendermene conto era peggio che farlo. Poteva significare solo una cosa. «Sto diventando debole», sospirai con l'amaro in bocca.
«Stai diventando umana», mi guardò e mi venne voglia di scappare. Come se mi potesse leggere dentro, facendomi sentire nuda, vulnerabile. Magari c'era del vero in quella frase, ed era forse per questo che mi faceva così paura. Era una cosa nuova per me provare ad essere normale.
Poi mi ricordai di quello che dovevo fare, e fu come ritornare me. «Non stasera.»
Proprio in quel momento Toby aprì la portiera e Ryan fece per scendere. «Non entriamo insieme», gli dissi prendendogli il braccio.
Lui annuì e, sistemandosi la cravatta, mi lasciò da sola in macchina. Restai a guardarlo mentre mostrava il suo invito a uno dei due buttafuori, e quando quest'ultimo lo lasciò passare, feci segno a Toby di aspettare e alzai lo sguardo. La residenza di Slow era una grande villa; l'entrata mi ricordava molto la casa bianca. Guardai suoi tetti, avvistando sei guardie armate. Altre quattro erano sparpagliate tra i lati e l'entrata. Sicuramente un'altra decina l'avrei trovata all'interno, escludendo quelli travestiti da ospiti.
«Toby», chiamai abbassando il finestrino. Lui si sporse per guardarmi. «Moira è dentro?»
Annuì. Toby non era un tipo molto loquace.
«Bene», mi sistemai la scollatura del vestito. «Tieniti pronto a partire.»
Toby annuì ancora e mi aprì la portiera. Mi avviai lentamente verso l'entrata, mettendoci quanta più classe avevo. Sperai vivamente di non cadere.
Superati i buttafuori, entrai e la stanza mi ricordò la hall di un albergo. Mi guardai intorno, alla mia destra e alla mia sinistra c'erano due corridoi che portavano chissà dove, mentre dalla stanza a porte chiuse proprio davanti a me proveniva una musica lenta e un vociferare di persone.
Avanzai e un ragazzo mi sorrise, aprendomi la porta in vetro.
La prima cosa che mi colpì fu il grosso lampadario di cristallo. Una cascata di pioggia luminosa proprio al centro della sala. Poi l'odore dei diversi profumi degli invitati - tutti tirati a lucido - uniti all'odore del cibo.
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Revenge [ COMPLETA - DA REVISIONARE ]
Action" «Non me ne importa un cazzo. Per me, possono parlare fino a quando non scoppiano loro le corde vocali. Non sanno quanto io mi rompa il culo. Non lo faccio per me, ma per lui. Magari non è il modo migliore per aiutarlo, ma so fare questo. Rubo, se...